Un mese di guerra, le Chiese in Ucraina levano la loro voce per la pace

Vatican News

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Vittime, feriti, distruzione. La guerra non fa sconti a nessuno, il dolore che provoca è netto e lancinante soprattutto se dura da un mese. L’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyic, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, lo ricorda in un videomessaggio nel quale spiega di aver fatto visita ieri ai feriti che si trovano all’ospedale di Kiev e nel quale lancia un forte appello per la città di Mariupol, dove è anche difficile trovare sepoltura. Shevchuk chiede l’intervento della comunità internazionale soprattutto per aiutare la popolazione che sta morendo di fame. “La scorsa settimana – racconta l’arcivescovo – queste persone riuscivano a sopravvivere grazie alla neve che facevano sciogliere per disporre di acqua potabile. Oggi a Mariupol la neve non c’è più. Salviamo la città di Maria! Facciamo il possibile per salvare questa città”.

Insieme ortodossi e greco-cattolici

Ieri Shevchuk ha incontrato Sua Beatitudine Epifanij, primate della Chiesa Ortodossa Ucraina. Entrambi hanno condannato l’invasione russa in Ucraina e hanno parlato della crisi umanitaria ma anche della vita delle Chiese nel Paese. Insieme hanno ribadito la necessità di operare per il bene e il futuro dell’Ucraina, aiutando la popolazione in uno spirito di collaborazione tra le diverse organizzazioni religiose.

Il patriarcato di Mosca risponde al cardinale Hollerich

Le relazioni tra Occidente e Russia sono in una situazione di stallo dovuta alla reciproca mancanza di fiducia: questa la risposta del Patriarcato di Mosca a una lettera del cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, firmata dal presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato, il metropolita di Volokolamsk Hilarion Alfeev. Il porporato, due settimane fa aveva inviato una missiva nella quale invitava il patriarca russo Kirill ad intercedere presso le autorità russe per la fine delle ostilità, invitando ad una soluzione diplomatica del conflitto e favorendo l’apertura di corridoi umanitari.