Un anno fa le prime chiusure in Italia, oggi divisa tra vaccini e nuove misure

Vatican News

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

Un anno fa l’Italia “chiudeva” per quella che poi sarebbe diventata la pandemia più grave degli ultimi cento anni. Le misure annunciate il 9 marzo 2020 dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, saranno modello per gli Stati di ogni continente: dalla chiusura delle attività commerciali al divieto degli spostamenti tra Comuni e Regioni, fino alle autocertificazioni. L’Italia, a meno di un mese dal focolaio di Codogno, decideva dunque di intervenire a livello nazionale. Una caratteristica delle misure prese nella cosiddetta “primo ondata” della pandemia, mentre nelle fasi successive si è proceduto a livello regionale, con gli ormai noti colori: dal rosso al bianco, passando per arancione e giallo.

L’annuncio di Palazzo Chigi 

“Sto per firmare un provvedimento che possiamo sintetizzare con l’espressione ‘io resto a casa’. Ci sarà l’Italia come zona protetta. Gli spostamenti in tutta Italia saranno possibili solo per motivi di lavoro, necessità o salute”. Questo un passaggio del discorso dell’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, pronunciato la sera del 9 marzo 2020. Nei giorni seguenti, gli italiani conosceranno misure divenute ormai familiari: dall’autocertificazione per gli spostamenti in caso di lavoro, salute o necessità fino alla chiusura di cinema, teatri, palestre ed impianti sportivi. A dodici mesi di distanza, l’Italia registra oltre 3milioni di casi. Sono 100mila le vittime.

La cronaca

Un anno dopo l’Italia non conosce più un’unica zona protetta, ma diverse zone ‘a colori’ che, dal rosso al bianco, corrispondono a diverse misure restrittive. In comune resta il cosiddetto coprifuoco dalle 22 alle 5, come la chiusura di diversi luoghi della cultura (si pensi a cinema e teatri) e sportivi (palestre e piscine). Vietati, ormai da diversi mesi, gli spostamenti tra regioni. Una misura questa che, in scadenza il prossimo 27 marzo, potrebbe essere prorogata. Proprio nelle ultime ore, però, si ipotizzano stando a numerose agenzie nazionali nuove misure sull’intero territorio italiano. Tra queste, un coprifuoco anticipato alle 20 ed un’Italia tutta zona rossa nei giorni festivi e prefestivi.

I vaccini

Rispetto ad un anno fa, i vaccini sono l’elemento di maggiore speranza. Nello Stivale, ad oggi, le persone ad aver ricevuto la prima dose sono oltre 3milioni e 700mila. Di queste, poco meno della metà ha ricevuto anche la seconda dose. I vaccini somministrati sono quelli Pfizer ed Astrazeneca, ma si ipotizza che da aprile possa arrivare – dopo l’approvazione dell’Ema – anche il siero di Johnson&Johnson, che a differenza degli altri due prevede la somministrazione di un’unica dose. Secondo quanto affermato ieri dal ministro della Salute, Roberto Speranza, “da aprile inizia il secondo trimestre di vaccinazioni in cui ci aspettiamo l’arrivo di oltre 50 milioni di dosi”. Il che significa, o dovrebbe significare, un italiano su due vaccinato entro la primavera. “Entro l’estate – ha annunciato Speranza – conto che tutti gli italiani che lo vorranno potranno essere vaccinati”.

Il nuovo centro a Roma Termini

Tra le Regioni ad aver somministrato più dosi c’è il Lazio. Questa fine settimana ha aperto il nuovo hub regionale di vaccinazione anti-Covid alla stazione Termini di Roma. È il primo centro vaccinale in una stazione italiana. Dotato di 17 postazioni di anamnesi e 24 dedicate alla vaccinazione, prevede due postazioni ad uso esclusivo delle persone diversamente abili. Nel nuovo centro vaccinale saranno effettuati inizialmente 600 vaccini al giorno a partire dal personale scolastico, per poi aumentare progressivamente fino a 2mila vaccinazioni ogni 24 ore.

La scuola 

Quasi sei milioni di studenti italiani da oggi non torneranno sui banchi di scuola, che sarà di nuovo in Dad, dunque a distanza. Questa la situazione per tutti i ragazzi delle zone rosse ed anche delle fasce bianche, gialle o arancioni in cui i presidenti di Regione o i sindaci hanno deciso restrizioni locali alla frequenza in aula. Con l’eccezione di circa 200 mila alunni con disabilità o particolari problemi formativi che potranno continuare a sedersi tra i banchi per non essere lasciati indietro, così come per i figli di medici, infermieri e di chi svolge altre attività essenziali come prevede il Dpcm del 2 marzo del governo Draghi. I numeri potrebbero aumentare sensibilmente già a partire dalla prossima settimana.