Ucraina: i viaggi del dolore e della speranza

Vatican News

Devin Watkins e Alessandro Guarasci – Città del Vaticano

Ci sono tanti modi di stare vicino a chi soffre, con l’aiuto materiale, spirituale, con una semplice chiamata o portando un pensiero. In questo mosaico di voci c’è chi si apre all’ascolto anche dei lontani e chi accoglie il dolore delle donne. 

Padre Pavlo Vyshkovkyi è un oblato di Maria Immacolata e parroco della Chiesa di San Nicola a Kiev. Racconta dell’impegno che tanti fedeli e volontari stanno mettendo per aiutare la popolazione in difficoltà, costretta anche a due ore di fila per prendere il pane. Il sacerdote spiega che in questi momenti di difficoltà tanti si sono avvicinati ai sacramenti, si sono aperti alla fede. “Il Signore – racconta padre Pavlo – lavora anche nei momenti difficili”. E di questi momenti ce ne sono molti, si vive la paura della guerra, si vivono le drammatiche conseguenze. “Ci sono 900 bambini – spiega – che sono invalidi per colpa del conflitto”. La speranza è nella preghiera perché, conclude il sacerdote, “questo incubo possa finire”.

Ascolta la testimonianza di padre Pavlo Vyshkovskyi

La forza delle donne ucraine

E in questo 8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, numerose le manifestazioni con uno sguardo particolare alle donne ucraine, cui verrà chiesto soprattutto lo stop al conflitto e che saranno dedicate alle “sorelle ucraine”, in particolare quelle che da sole o con i propri figli raggiungono i confini sfidando bombe e violenze. Molte di loro sono state accolte in Moldavia dalle Suore Missionarie della Provvidenza. Suor Rosetta Benedetti, nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News, racconta il dramma di molte di loro.

Ascolta l’intervista a Suor Rosetta Benedetti

Il dolore negli occhi

“Arrivano impaurite e stanche fisicamente e interiormente e noi cerchiamo di dare loro il meglio che abbiamo: una sistemazione, cibo, vestiti”. Poi cerchiamo di aiutarle a raggiungere la loro destinazione, lontano dall’assurdità e dal dolore di questa guerra. “Una di loro – racconta Suor Rosetta – è arrivata in lacrime, senza documenti, con l’esigenza di andare all’ambasciata ucraina in Moldavia”. Io non sapevo che cosa dire – confessa la religiosa – e l’ho semplicemente abbracciata, dicendole di non preoccuparsi. Sei con noi che ti vogliamo bene”.