Terremoto in Croazia, il Nunzio nelle zone colpite: nessuno si senta abbandonato

Vatican News

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

La resilienza, il volontariato dei giovani, l’entusiasmo dei parroci, sono gli aspetti rimasti nel cuore del nunzio apostolico in Croazia, l’arcivescovo Giorgio Lingua, che il 7 gennaio ha visitato Petrinja, Sisak e le altre località devastate dal forte terremoto di magnitudo 6.4 del 29 dicembre scorso. Zone dove la terra continua a tremare, togliendo, dice il rappresentante pontificio, “serenità” alla gente. 

Il bilancio del sisma è di sette morti e una trentina di feriti ma i danni materiali sono stati enormi. La macchina della solidarietà funziona e da molti Paesi stanno arrivando tende, container, stufe, coperte, indumenti caldi, ma resta, come prima emergenza, quella abitativa. Lo ha messo in luce anche Caritas internationalis lanciando un appello per permettere a Caritas Croazia di fornire alloggi e assicurare condizioni di vita dignitose. I volontari, oltre 1000, lavorano 24 ore su 24 per distribuire gli aiuti trasportati da 100 camion. A scaricarli sono arrivati anche gruppi di ultras delle squadre di calcio della capitale Zagabria.

La “Caritas sta facendo molto”, conferma lo stesso nunzio Giorgio Lingua, che alla popolazione ha portato la vicinanza del Papa, il suo appello e la sua carezza:

Ascolta l’intervista al monsignor Giorgio Lingua

R. – Quello che più mi ha colpito è la resilienza della gente che riesce anche nei momenti più difficili, a organizzarsi, e soprattutto i giovani che si sono offerti in massa per il volontariato e questo li aiuta a stare insieme, a farsi coraggio e a sentirsi utili in questo momento di chiusure e lockdown. La Caritas dal canto suo sta lavorando tanto. Ha avuto a disposizione un grande magazzino dove sta raccogliendo materiali di tutti i generi e beni di prima necessità e sta organizzando gli aiuti. L’aspetto che invece mi è sembrato più problematico è che la terra continua a tremare e questo, psicologicamente, distrugge la gente che non si fida, ha paura, non sa quando passerà nè sa se potrà rimanere nella sua terra o dovrà andare via. Anche nel tempo che io ho trascorso tra le macerie nella mia visita, ho avvertito numerose scosse, tuto intorno macerie e tetti che continuano a cadere, e questo è pesante da sopportare. Finchè la terra non si calmerà, mi sembra difficile che si possa tornare alla pace e alla serenità. Una cosa che mi ha tanto colpito è anche la forza dei parroci: quello di Petrinja l’ho visto così attivo, sereno, entusiasta, pur vivendo in mezzo alle macerie, ai frammenti di mattoni, con una chiesa ancora pericolante e chiusa ovviamente. Vedere quel suo entusiasmo di andare avanti e di aiutare gli altri, mi ha fatto veramente molto bene.

Sappiamo della vicinanza e della preoccupazione del Papa per quanto accaduto in Croazia e sappiamo che la Santa Sede è impegnata a fornire aiuti. Anche questo ha portato alle comunità che ha visitato? La vicinanza del Papa? 

R. – Sì, io ho stampato un centinaio di copie sia delle parole del Papa all’ Angelus dopo il terremoto del 29 dicembre sia di una preghiera contro il terremoto proprio per distribuirle alle comunità che mi sembra abbiano avvertito chiaramente la vicinanza del Papa, anche grazie all’aiuto fornito dal Dicastero per lo Sviluppo Umano integrale che ha contribuito con un’offerta. Una goccia in un mare di bisogni, però è significativo che la popolazione senta la vicinanza, che non si sentano abbandonati, perché questa è già una Regione difficile in cui molti giovani vanno via per ragioni di lavoro. Ora questo colpo del terremoto rischia ancora di più di dare l’impressione di una terra abbandonata. Dunque è importante che tutti avvertano la presenza della comunità e della Chiesa in generale.

Lei ha parlato di giovani che lasciano la loro terra. Ecco, che volto ha il Paese oggi? La fuga dei giovani significa difficoltà economiche e sociali, e cosa si può fare?

R. – La realtà é quella che si conosce già: la Croazia è un Paese che sta cercando ancora di uscire dagli effeti di una guerra terribile, avvenuta solo 25 anni fa. Dunque è normale che i giovani non trovando subito la possibilità di lavorare, vadano via. Poi il Covid ha peggiorato la situazione. Per il Paese è stato un colpo pesante perché gran parte delle entrate qui sono legate al settore turistico e questa estate è stato tutto fermo. E dunque cosa fare? E’ vero che la situazione è difficile ovunque e se si lascia il Paese ci si ritrova nelle stesse condizioni nei Paesi confinanti, però è importante che ci sia una certa stabilità. Molti giovani venivano a Zagabria, ma la stessa Zagabria è stata investita in primavera da un violento terremoto e molte zone non sono più agibili, tante chiese sono chiuse. Dunque due terremoti e poi il Covid, devo dire che è stato molto un anno difficile per tutti, un colpo molto duro all’economia e alla psicologia della gente.