Tagle: il sogno di un’unica famiglia umana oltre i populismi

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Fausta Speranza – Città del Vaticano

“È triste notare come i cosiddetti demagoghi populisti usano – o abusano – della religione per i loro interessi, minando gli sforzi per sviluppare relazioni e formare una famiglia umana”. Sono parole del cardinale Luis Antonio G. Tagle, intervenuto oggi alla Conferenza di Lambeth a Londra. Ieri ha preso la parola il cardinale Koch. 

La Prima Lettera di Pietro e le sfide attuali

“La Prima Lettera di Pietro e il decennio a venire” è il tema scelto quest’anno per la riunione assembleare di tutti i vescovi della Comunione anglicana. La Lambeth Conference si svolge, ogni dieci anni, a Londra nella sede dell’arcivescovo di Canterbury, dal quale viene ufficialmente convocata. Il cardinale Tagle ha spiegato di aver orientato la sua riflessione facendosi interpellare dal testo della Lettera di Pietro, immaginandola indirizzata alla Chiesa e al mondo di oggi. E dunque ha richiamato espressioni come: forestieri nella dispersione (1,1), forestieri e forestieri (2,11) un tempo non popolo ma ora popolo di Dio (2,10), stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di Dio (2:9), pietre vive costruite in una casa spirituale in Gesù la pietra viva (2:4-5).

Agire da cristiani

Il cardinale Tagle si è soffermato sull’invito ad agire da cristiani sottolineando che nella Lettera di Pietro si legge: “Non ricambieranno insulto per insulto (2,22) né male per male (3,8); saranno unanimi, comprensivi, amorevoli, compassionevoli, umili (3:8); saranno pronti a dare una spiegazione di una ragione della loro speranza in mezzo a persecuzioni e sofferenze (3,15), cioè la risurrezione di Gesù Cristo dai morti (1,3). E ancora: Osservando le loro buone opere, i loro persecutori possono sperare di glorificare Dio” (2:12).

Il sogno di una famiglia umana

“Sogno questa casa per la Chiesa, la famiglia umana e la creazione”, così il cardinale ha invitato a “lasciare che il sogno ci purifichi oggi”. In primo luogo, ha ricordato che la Lettera è indirizzata ai cristiani della diaspora dove si trovavano e sono stati fatti sentire estranei e persino esiliati, per poi affermare che “a volte diventiamo così consolidati nei nostri modi e progetti che iniziamo a pensare a noi stessi e a comportarci come proprietari di terre, popoli e idee”. Ha richiamato l’espressione di Papa Francesco che “parla sempre di una Chiesa in uscita”, spiegando di immaginare “una Chiesa che sia casa spirituale proprio nel suo continuo incontro con i popoli nelle loro diverse condizioni di vita”.

Gli sfollati di oggi

Il pensiero forte agli sfollati di oggi: Tagle ricorda i migranti forzati, i rifugiati, le vittime della tratta di esseri umani, la schiavitù, i pregiudizi, le persecuzioni sistematiche, le guerre e le catastrofi ambientali. “Persone che – ha detto – quando raggiungono un posto nuovo, non migliorano necessariamente la propria  condizione. In quanto estranei, vengono spesso evitati, emarginati e accusati dei mali della società”. Dunque la domanda che il porporato ha detto di porgere per tutti: “Come Chiesa e come umanità, in che modo stiamo affrontando milioni di ‘senzatetto’? Troveranno ospitalità e compassione?”. La domanda fondamentale – ha sottolineato – è come vediamo e ci relazioniamo con ‘l’altro’ o con chi è diverso da noi. E tutto ciò “ci porta ancora una volta alla questione della diversità nella costruzione della nostra casa comune”.

I rischi per “la casa spirituale”

Tagle ha spiegato che si deve riconoscere “con tristezza” che “anche all’interno della Chiesa le questioni etniche e culturali rovinano la casa spirituale”. E in generale ha ricordato che “sognare una famiglia umana comune sta diventando difficile anche per le generazioni future a causa di ricordi traumatici causati da anni di abbandono, violenze e guerre”.

La sfida contemporanea del populismo

Il cardinale ha messo in evidenza che “la costruzione di relazioni affronta una sfida contemporanea nel cosiddetto ‘populismo’. Ha ricordato che “Papa Francesco considera problematico l’uso del populismo come chiave di lettura della società perché disattende il significato legittimo della parola ‘popolo’ (Fratelli tutti 157)”.

Spinte alla polarizzazione in società già divise

Nel suo intervento, il porporato ha ricordato infine che i social media hanno influenzato il linguaggio quotidiano diffondendo questo uso problematico delle parole “populismo” e “populista”. Di conseguenza, ha spiegato, “hanno perso qualsiasi valore avrebbero potuto avere e sono diventati un’altra fonte di polarizzazione in una società già divisa”. Secondo Tagle, si cerca di classificare interi popoli, gruppi, società e governi come “populisti o meno”. Dunque l’invito forte alla riflessione: “È triste notare che i cosiddetti demagoghi populisti usano (o abusano) della religione per i loro interessi, minando gli sforzi per sviluppare relazioni e formare una famiglia umana”.

La tecnologia digitale e il salto generazionale

Non possiamo nemmeno ignorare l’“alterità” intergenerazionale vissuta all’interno della famiglia, ha affermato poi il cardinale, parlando della tecnologia digitale. In tempi di intelligenza artificiale, che tende a rimodellare o ridefinire l’identità umana, il lavoro umano e le relazioni umane – ha avvertito – la Lettera di Pietro ci dice “Vieni a Gesù, pietra viva” perché in Lui possiamo diventare pietre vive della casa spirituale di Dio. Dunque l’invito a imparare da Gesù quella che definisce “l’intelligenza culturale”.

La risorsa dell’umiltà

Una convinzione: “Invitare le persone a camminare e vivere insieme richiede umiltà”. Le persone – ha ricordato il cardinale Tagle –  sono diverse non solo per la libertà individuale, ma anche per la cultura, che per noi è come una seconda natura. Parliamo, ci comportiamo, ci relazioniamo, mangiamo, addoloriamo e celebriamo – ha chiarito  – secondo le nostre culture”. E dunque ha spiegato proprio cosa dovrebbe significare l “intelligenza culturale”: “Man mano che cresco nella conoscenza di come la mia cultura mi ha plasmato, cerco anche di capire come le altre persone esprimono la loro umanità nelle loro culture”. Con una raccomandazione precisa: “Nel processo devono essere ammesse e purificate tutte le tracce di superiorità e pregiudizio culturale”. “È necessaria umiltà per ammettere che, sebbene manchi di conoscenza di molte culture, potrei essere pronto a giudicare ciò che non mi è familiare”.

Il ruolo dei leader religiosi

Il cardinale ha inoltre suggerito “che i responsabili pastorali sviluppino la loro capacità di apprezzare le altre culture non solo attraverso studi sociologici ma anche attraverso la semplice osservazione”. E ha ribadito una convinzione: “Il cammino interculturale insieme riduce la paura dell’altro; permette alle culture di purificarsi e trarre il meglio l’una dall’altra”. Gesù, ha affermato, era una persona della sua cultura, ma ha anche portato la “cultura” di Dio nelle culture umane. “Fu crocifisso fuori le mura della città. Dal suo fianco ferito è nata una casa per forestieri ed esiliati. Vuole che il Suo Corpo, la Chiesa, sia quella casa. In Lui come pietra viva, i suoi discepoli trovano speranza e motivo di gioia”.