Chiesa Cattolica – Italiana

Sudan: la diplomazia al lavoro per il ritorno alla democrazia

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

Evitare che il Sudan precipiti nel caos politico, sociale e istituzionale. La diplomazia internazionale si muove per esortare il governo militare a riavviare nel Paese quel processo di democratizzazione iniziato nel 2019 con la fine del potere trentennale del presidente Omar Al Bashir. Le prime esortazioni sono arrivate dal segretario di Stato americano, Antony Blinken, che ha avuto un colloquio telefonico con il leader golpista, Abdel Fattah al-Burhan. Blinken ha chiesto alla nuova guida sudanese di ristabilire un governo a guida civile diretto dal primo ministro esautorato, Abdullah Hamdok, ribadendo il desiderio di far “prevalere la democrazia” nella nazione africana.

Rilasciare i detenuti politici

Per Blinken l’avvio di un proficuo dialogo interno in Sudan deve necessariamente passare attraverso il rilascio degli esponenti politici dell’ex governo civile che sono stati arrestati il 25 ottobre, giorno del colpo di Stato. E un passo in questa direzione in effetti c’è già stato. I militari hanno infatti liberato quattro dei ministri del governo di transizione messi agli arresti. Questo potrebbe essere il primo segnale di una distensione e di un dialogo necessari a far ripartire il Sudan in chiave democratica. Blinken ha avuto un colloquio telefonico anche con Hamdok, con il quale ha affrontato gli stessi temi. Per la comunità internazionale la via verso la democrazia in Sudan è, dunque, una via dalla quale non si può tornare indietro.

Un nuovo governo

Il Sudan si appresta a vivere ulteriori novità. Taher Abouhaga, consulente per la comunicazione del generale Abdel Fattah al-Burhan, in un’intervista all’emittente televisiva del Sudan, ha dichiarato che è imminente la formazione di un nuovo governo. “Stiamo valutando tutte le iniziative interne ed esterne per fare l’interesse nazionale – ha detto il leader golpista –. La speranza è che questa ed altre iniziative possa portare alla fine dello stato d’emergenza e delle proteste di massa contro il golpe che dal 25 ottobre si susseguono pressoché giornalmente”.

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