Sudafrica, Napier ricorda l’arcivescovo Tutu: “Attivista, fratello, pastore”

Vatican News

Linda Bordoni e Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Dalla mattina del 1 gennaio 2022, le ceneri dell’arcivescovo anglicano emerito di Città del Capo Desmond Tutu riposano nella “sua” amata cattedrale di Saint George, nel centro della capitale legislativa del Sudafrica. Dopo il funerale ufficiale di Stato, iniziato alle 10 ora locale (le 9 in Italia), in forma molto semplice secondo le volontà dell’arcivescovo Tutu, come la scelta di una bara in legno di pino, il corpo è stato cremato e le ceneri sono state interrate.

“Bussola morale” del Sudafrica, morto a 90 anni

Ammirato in tutto il mondo come una “bussola morale”, Tutu è scomparso a 90 anni il 26 dicembre, ma già da alcuni anni, indebolito dall’età avanzata e da un tumore alla prostata, si era ritirato dalla vita pubblica.  Lo piangono la moglie Leah e quattro figli, e diversi pronipoti e pronipoti.  Aveva lasciato la carica di arcivescovo di Città del Capo da un decennio, pur continuando a condurre un viaggio straziante nel passato oscuro del Sudafrica come presidente della Commissione per la verità e la riconciliazione, da lui ideata nel 1995, che ha esposto gli orrori dell’apartheid nei minimi dettagli.

Premio Nobel per la Pace del 1984

Dopo aver vinto nel 1984 il premio Nobel per la Pace, come simbolo della lotta non violenta contro il regime razzista, e dopo la fine dell’apartheid, quando Nelson Mandela venne eletto, nel 1994, presidente del nuovo Sudafrica, l’arcivescovo Tutu ideò e presiedette infatti la Commissione per la Verità e la Riconciliazione. Un organismo che in un doloroso e drammatico processo di pacificazione fra le due parti della società sudafricana mise in luce la verità sulle atrocità commesse durante i decenni di repressione da parte dei bianchi. Il perdono fu accordato a chi, fra i responsabili delle atrocità, avesse pienamente confessato: una forma di riparazione morale anche nei confronti dei familiari delle vittime.

Guerriero non violento anti-apartheid

Desmond Tutu ha creduto che il suo Paese potesse elevarsi per diventare la “Nazione Arcobaleno”, e come il suo “fratello spirituale” Nelson Mandela, ha instancabilmente cercato il dialogo, rifiutando sempre la violenza e la vendetta e facendo campagna per la solidarietà con i più emarginati.

Il cordoglio di Papa Francesco

Papa Francesco, addolorato per la scomparsa dell’arcivescovo Tutu, ha inviato un telegramma di cordoglio, firmato dal cardinale Pietro Parolin, al nunzio in Sudafrica, l’arcivescovo Peter Bryan Wells. “Consapevole del suo servizio al Vangelo tramite la promozione dell’uguaglianza razziale e la riconciliazione nel suo nativo Sudafrica”, il Pontefice “affida la sua anima all’amorevole misericordia di Dio Onnipotente”.

Il cardinale Napier, insieme nella lotta all’apartheid

Il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo emerito di Durban, è stato uno dei leader religiosi sudafricani che hanno lavorato con l’arcivescovo Tutu per abbattere il sistema dell’apartheid. In un’intervista alla redazione inglese di Radio Vaticana – Vatican News, parla dei molti ricordi personali che conserva, a proposito della lunga amicizia e collaborazione, a molti livelli, con Desmond Tutu.

Una persona calda, amichevole e molto accessibile 

In un’occasione come questa, spiega il cardinale Napier, “è normale voler raccontare episodi memorabili della vita di una persona che abbiamo imparato a conoscere, rispettare e apprezzare, prima di tutto a motivo della persona che era: caldo, amichevole, molto accessibile”. Ma decide di concentrarsi sui ricordi “più legati al ruolo politico che l’uomo ha svolto, in particolare in relazione al futuro sviluppo del Paese e della nazione”.

Un “attivista infuocato” che apre la strada

Uno dei primi ricordi di Desmond Tutu, dice il cardinale Napier, è quando i leader della Chiesa stavano negoziando con il governo: facevano dichiarazioni, decidevano una posizione comune, si incontravano con i rappresentanti politici ed esprimevano le loro opinioni, “e invariabilmente Desmond Tutu era un vero ‘attivista infuocato’, e guidava la carica in modo tale che non ci fossero equivoci sulla posizione delle Chiese su quelle particolari questioni”.

Il suo appello all’unità di tutti i movimenti di liberazione

A questo proposito, Napier ricorda il momento in cui Tutu chiamò a raccolta i vari gruppi del movimento di liberazione, esortandoli ad unirsi per fare davvero la differenza “per il nostro popolo riguardo ai negoziati con il governo”. In particolare, sottolinea un incontro nella residenza di Tutu, quando era ancora l’arcivescovo di Città del Capo, nel quale chiamò a raccolta tutti i leader dei movimenti di liberazione e i leader della Chiesa per una “discussione molto, molto franca” su cosa fare e come farlo. Chiese a tutti di “riconciliare le loro differenze per il maggior bene della nazione”. Tutu, ricorda il cardinale sudafricano, fu un vero giocatore di squadra che si assicurò che tutte le parti coinvolte capissero cosa c’era in gioco.

Il funerale di Chris Hani

Un altro ricordo duraturo che l’arcivescovo emerito dice di avere di Tutu è il modo in cui “ha riassunto la situazione”, invitando al dialogo pacifico e alla riflessione al funerale di Chris Hani, in una situazione “estremamente volatile, in cui il Paese era pericolosamente vicino ad accendere una scintilla che avrebbe potuto scatenare una guerra civile”. Hani, una delle figure più iconiche della lotta di liberazione del Sudafrica, era un leader dell’African National Congress e del suo braccio armato. Il suo assassinio nel 1993 da parte di un militante di estrema destra, rischiò di bloccare i negoziati per porre fine all’apartheid e installare un governo democratico.

Dal desiderio di vendetta alla preghiera

Il funerale, ricorda Napier, “fu un’occasione pericolosamente elettrizzante, con un discorso dopo l’altro” che incitavano la gente e chiedevano una punizione. Tutu, racconta, andò al microfono, “si concentrò sul lutto per una vita perduta”, e fece un appello alla calma, dicendo alla gente “di rivolgersi alla preghiera e di stare insieme e, in questo modo, avrebbero avuto un impatto maggiore sulla situazione che se avessero lasciato che le cose andassero fuori controllo”. L’atmosfera nella First National Bank Arena di Soweto, spiega, si calmò lasciando spazio alle preghiere e al canto degli inni. “Questo è il mio ricordo duraturo di Desmond Tutu, che ha avuto un impatto sulla situazione politica”.

“Era un fratello tra i fratelli”

Un altro aspetto rilevante che il cardinale Napier sottolinea, è il profondo impegno di Tutu per il movimento ecumenico. Parla del rapporto forgiato e nutrito dall’arcivescovo scomparso il 26 dicembre, con altri leader della Chiesa: “Era un fratello tra i fratelli”, dice, notando che anche se faceva dichiarazioni da solo, agiva sempre all’unisono con gli altri, ed era sempre molto consapevole di essere parte “della squadra dei leader della Chiesa”.

Il ruolo delle Chiese nella lotta per la giustizia

Il ruolo che i leader religiosi hanno giocato in Sudafrica durante i lunghi anni bui della lotta di liberazione è fondamentale, e Desmond Tutu è universalmente acclamato come una delle voci più potenti per la nonviolenza in quel processo. Il cardinale Napier ribadisce la sua capacità di trasformare una “situazione pericolosamente elettrica in un’occasione di preghiera”, spiegando che questo atteggiamento era simbolico di molte attività che i leader della Chiesa avevano in tutta la nazione, “in tutti i punti caldi, in ogni momento, dove le Chiese erano molto coinvolte con la gente”. L’effetto era, conclude, che “le persone che erano spinte dal desiderio di andare alle armi immediatamente, venivano richiamate indietro per dare un’opportunità ai negoziati”.