Smart working: luci e ombre di una rivoluzione

Vatican News

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Dopo l’invenzione della macchina a vapore nel XVIII secolo, la diffusione del sistema della fabbrica a partire dalla seconda metà del 1800 e la nascita dell’informatica nel XX secolo, si è aperta nel terzo millennio quella che viene definita “Industry 4.0”, la quarta rivoluzione industriale: comprende gli sviluppi dell’intelligenza artificiale, i molteplici ambiti del mondo digitale e, soprattutto, sostanziali trasformazioni nel mondo del lavoro. Uno dei tratti distintivi di questo contemporaneo sistema industriale è lo “smart working”, con cui si indica un nuovo modello produttivo che usa le nuove tecnologie per svolgere l’attività lavorativa in modo flessibile e ovunque, anche da casa.

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Il lavoro è sempre meno contrassegnato da un cartellino e da un luogo fisico. È la qualità della produttività il principale criterio di misurazione. In questo tempo segnato dalla pandemia, con l’adozione di misure tese anche al distanziamento e all’isolamento per far fronte all’emergenza sanitaria, lo smart working è entrato in modo sempre più strutturato nell’organizzazione di moltissime aziende e, in particolare, nella vita dei lavoratori e delle famiglie.

Smart working tra luci e ombre

Il lavoro agile e il diritto alla disconnessione

Nei primi mesi della pandemia, nel 2020, milioni di cittadini nel mondo hanno scoperto lo smart working. In Italia, in base ad una indagine dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche pubbliche (Inapp) il cosiddetto “lavoro agile” è diventato, nel corso del 2021, una realtà per più di 7 milioni di persone. L’emergenza sanitaria ha fatto crescere il lavoro da remoto e quasi la metà dei lavoratori, come si sottolinea nella scheda di Alessandro Guarasci, vuole proseguire lungo questa strada anche dopo la fine dello stato di emergenza ed anche rinunciando ad una parte del proprio stipendio.

Ascolta la scheda di Alessandro Guarasci

Il mondo dell’occupazione è sempre più condizionato dalle nuove tecnologie. Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp, sottolinea che per molte persone i vantaggi legati al lavoro da remoto, connessi in particolare a un risparmio di tempo da poter dedicare alle famiglie, “sono superiori agli svantaggi”. Non mancano comunque criticità, tra cui quelle legate alle connessioni che si protraggono a lungo al di fuori dell’orario di lavoro”. Tra i rischi si sono anche quelli relativi “all’isolamento” e ai costi “per l’energia e per le apparecchiature necessarie per connettersi”. Per quanto riguarda “il diritto alla disconnessione” ci sono problemi, spiega Sebastiano Fadda, che vanno risolti con una adeguata “contrattazione aziendale” e con “interventi di tipo normativo che stabiliscano dei limiti”. Lo smart working è stato anche un modo per rivitalizzare territori contrassegnati da fenomeni come quelli dello spopolamento e dall’emigrazione: da quando è iniziata la pandemia, grazie al lavoro da remoto, circa 45 mila persone dipendenti in grandi imprese del Centro e del Nord Italia sono tornate nelle regioni meridionali. Mauro Mirabile, vicepresidente del movimento South working, sottolinea che tra le priorità c’è quella di creare “spazi esterni rispetto alla casa” perché l’effetto di isolamento legato a misure emergenziali può avere un impatto negativo.

Luci

Una delle principali sfide è oggi legata alla relazione tra tempo e lavoro. “Il tempo – scrive Papa Francesco nella esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” – è superiore allo spazio”. “Si tratta di privilegiare le azioni – si legge nel documento – che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti”. Il tempo è anche vita, vita da condividere con la famiglia. Una domanda che Francesco pone sempre a giovani coppie e a ciascun genitore è questa: ‘Tu giochi con i tuoi figli?’. Le risposte, come ha ricordato il Pontefice in collegamento con la trasmissione “Che tempo che fa”, si scontrano a volte con una realtà sintetizzata da queste parole: “Quando esco da casa per lavorare – rispondono non raramente i genitori – loro dormono e quando torno la notte stanno dormendo un’altra volta”. “È la società crudele – ha affermato il Papa – che si stacca dai figli”. Con lo smart working questa società può essere “meno crudele”: non essendo più necessari quotidiani spostamenti per raggiungere luoghi di lavoro anche lontani dalle proprie abitazioni, diventa concreta la possibilità di poter conciliare il tempo del lavoro con quello delle relazioni e degli affetti familiari. Nel tempo della pandemia, scandito anche dall’isolamento e dallo smart working, è stato inoltre possibile riscoprire la bellezza di tanti luoghi liberi dal traffico e dai rumori. Papa Francesco lo ha ricordato all’Angelus del 21 giugno 2020 sottolineando che è necessario “favorire una cittadinanza sempre più consapevole” di una grande responsabilità: quella della cura della casa comune. In questa prospettiva lo smart working, riducendo il traffico e l’inquinamento, può rivelarsi un alleato prezioso. Con il lavoro agile è possibile aumentare la produttività, si riducono i costi affrontati dalle aziende e dai dipendenti: a bollette meno pesanti per le imprese si aggiungono infatti minori costi, connessi ai trasporti, per i lavoratori. Si tratta di dinamiche che possono favorire un nuovo modello economico, una nuova economia più sostenibile, come più volte auspicato anche da Papa Francesco. Quelle legate al lavoro agile sono anche opportunità che possono insegnarci a diventare “imprenditori del nostro tempo”, come si auspica nel Messaggio per il primo maggio 2021 della Conferenza episcopale italiana.

Ombre

Lo smart working non è sempre realizzabile e non può essere una modalità applicabile per tutta la platea dei lavoratori. Il tempo della pandemia, in particolare, ha messo a nudo criticità del sistema socio economico acuendo le disparità tra chi può continuare a svolgere il proprio lavoro da remoto e quanti invece sono entrati in crisi a causa, ad esempio, di restrizioni alla mobilità. “In questi tempi di pandemia – ha ricordato il Pontefice all’udienza generale del 12 gennaio 2022 – tante persone hanno perso il lavoro e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita”. Un altro rischio, acuito dalla pandemia e non escluso dal lavoro agile, è legato all’isolamento. Lo smart working, in particolare, può portare ad un senso di “alienazione”, ad una distanza non solo fisica dal luogo di lavoro. Il lavoro da remoto può tradursi in una progressiva preponderanza delle tecnologie sulle relazioni. “Peggio di questa crisi – ha affermato Francesco – c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”. La crisi ha avuto gravi ripercussioni per i lavoratori più fragili. “In particolare – ha ricordato Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2022 – l’impatto della crisi sull’economia informale, che spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato devastante”. “Molti di loro non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero; vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga”. “In molti Paesi – si legge ancora nel messaggio – crescono la violenza e la criminalità organizzata, soffocando la libertà e la dignità delle persone, avvelenando l’economia e impedendo che si sviluppi il bene comune. La risposta a questa situazione non può che passare attraverso un ampliamento delle opportunità di lavoro dignitoso”. Un lavoro dignitoso deve essere previsto e regolamentato anche nelle modalità connesse allo smart working.

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Non è tutto “smart”

“In Italia per parlare di lavoro da remoto si utilizza questa espressione, smart working, che non è corretta. Infatti lavorare in questo modo non è necessariamente un valore aggiunto, comunque non sempre e nei diversi aspetti”. Lo sottolinea nel corso del programma il professor Alessandro Natalini, ordinario di Scienza Politica alla Lumsa. “Anche in termini di produttività – spiega – si devono valutare bene gli interessi del datore di lavoro e quelli del lavoratore, che non deve sostenere a sue spese i possibili fattori positivi per l’azienda”. 

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Lo smart working e il mondo dell’economia

Computer, televisioni, smartphone, tablet: oggetti indispensabili per lavorare da casa. Ma come vengono prodotti questi strumenti? Alla base di tutto ciò, ci sono i semiconduttori, cioè materiali speciali usati per realizzare le componenti dei chip. Si tratta di semimetalli, spiega nella sua scheda Gugliemo Gallone, come il silicio o il germanio.

Ascolta la scheda di Guglielmo Gallone

La loro caratteristica è di avere una resistenza superiore a quella dei conduttori (come oro e rame) ma inferiore a quella degli isolanti (come il quarzo o la gomma). Progettazione, fabbricazione e assemblaggio sono le tre fasi che permettono a un semiconduttore di nascere. Durante la pandemia, la richiesta di strumenti tecnologici è cresciuta esponenzialmente. Ma i produttori di semiconduttori, anche a causa delle restrizioni anti-Covid, sono stati incapaci di rispondere al forte aumento della domanda. Dunque, questo mercato è entrato in crisi. L’effetto a catena si è riversato su settori come quello automobilistico o della telefonia. Per diminuire la dipendenza dall’estero, l’Unione Europea ha approvato pochi giorni fa lo “European chips act”. L’obiettivo di Bruxelles è di ridurre le importazioni dall’Asia e aumentare la produzione interna. Un piano necessario per l’Europa che, però, rischia di arrivare troppo tardi. La sfida è aperta.

Il mondo del cinema e il lavoro da remoto

Di necessità si fa virtù: questo modo di dire vale anche per la settima arte. Nel primo periodo della pandemia, ricorda Silvia Giovanrosa nella sua scheda, sono stati fra i primi film girati esclusivamente da remoto.

Ascolta la scheda di Silvia Giovanrosa

“Il cinema non si ferma” è un lungometraggio realizzato nel 2020 durante il lockdown. Diretto dal regista Marco Serafini ed interpretato da un ampio cast di attori tra cui Maria Grazia Cucinotta, Nicolas Vaporidis, Remo Girone e molti altri, è stato girato ed interpretato a distanza. La trama si snoda attraverso le vite dei personaggi che si ritrovano a fare i conti con gli effetti dell’improvvisa pandemia: l’isolamento, il confinamento in casa, il lavoro da remoto. Gli attori hanno lavorato dalle loro abitazioni, costantemente in videoconferenza e facendo le riprese con gli smarthphone. Nessuno di loro, compresi tecnici e regista, ha percepito un compenso. I proventi sono andati a sostegno della Protezione civile. È stato girato nel 2020 anche “Il Giorno e la Notte” di Marco Vicari. Si tratta di un’altra pellicola realizzata completamente da remoto. É la storia di diverse coppie che si trovano costrette in casa, per un giorno e per una notte, a causa di un lockdown imposto dopo un attacco chimico. Film corale ed intimista, racconta i problemi e le difficoltà che le varie coppie si trovano ad affrontare. I rumori di fondo che connotano le scene sono quelli degli elicotteri in perlustrazione, delle ambulanze e la voce dell’allora premier italiano Giuseppe Conte. Anche in questo caso attori, tecnici e regista hanno lavorato da casa. Anche per questo film le riprese sono state realizzate con l’attrezzatura personale di ciascun membro della troupe.

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La puntata numero 95 di Doppio Click è stata realizzata da Andrea De Angelis, Guglielmo Gallone, Silvia Giovanrosa, Alessandro Guarasci e Amedeo Lomonaco.