Settimana Sociale, Francesco: abbiamo bisogno di speranza e di cambi di rotta

Vatican News

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Nel messaggio indirizzato ai partecipanti della 49.ma edizione della Settimana Sociale dei cattolici italiani, in programma nella città dei due mari dal 21 al 24 ottobre 2021, Papa Francesco esorta a “camminare con audacia sulla strada della speranza”. Una via, spiega, che “possiamo immaginare contrassegnata da tre cartelli”.

Volti e storie che ci interpellano

“Il primo di questi cartelli – sottolinea il Papa – è l’attenzione agli attraversamenti”. Si tratta di essere attenti a scorgere “volti e storie che ci interpellano”. Non si può “rimanere nell’indifferenza” di fronte alle sofferenze di fratelli e sorelle che sono “crocifissi” in attesa della risurrezione. “La fantasia dello Spirito – scrive Francesco – ci aiuti a non lasciare nulla di intentato perché le loro legittime speranze si realizzino”.

Troppe persone incrociano le nostre esistenze mentre si trovano nella disperazione: giovani costretti a lasciare i loro Paesi di origine per emigrare altrove, disoccupati o sfruttati in un infinito precariato; donne che hanno perso il lavoro in periodo di pandemia o sono costrette a scegliere tra maternità e professione; lavoratori lasciati a casa senza opportunità; poveri e migranti non accolti e non integrati; anziani abbandonati alla loro solitudine; famiglie vittime dell’usura, del gioco d’azzardo e della corruzione; imprenditori in difficoltà e soggetti ai soprusi delle mafie; comunità distrutte dai roghi… Ma vi sono anche tante persone ammalate, adulti e bambini, operai costretti a lavori usuranti o immorali, spesso in condizioni di sicurezza precarie.

La speranza è sempre in cammino

Il secondo cartello che il Papa immagina “sulla strada della speranza” è “il divieto di sosta”. Francesco sottolinea che “la speranza è sempre in cammino”. Non devono prevalere la paura e il silenzio, che “finiscono per favorire l’agire dei lupi del malaffare e dell’interesse individuale”. Non si deve “avere paura di denunciare e  contrastare l’illegalità”. Non si deve aver timore “soprattutto di seminare il bene”.

Quando assistiamo a diocesi, parrocchie, comunità, associazioni, movimenti, gruppi ecclesiali stanchi e sfiduciati, talvolta rassegnati di fronte a situazioni complesse, vediamo un Vangelo che tende ad affievolirsi. Al contrario, l’amore di Dio non è mai statico e rinunciatario, «tutto crede, tutto spera» (1 Cor 13,7): ci sospinge e ci vieta di fermarci. Ci mette in moto come credenti e discepoli di Gesù in cammino per le strade del mondo, sull’esempio di Colui che è la via (cfr Gv 14,6) e ha percorso le nostre strade. Non sostiamo dunque nelle sacrestie, non formiamo gruppi elitari che si isolano e si chiudono. La speranza è sempre in cammino e passa anche attraverso comunità cristiane figlie della risurrezione che escono, annunciano, condividono, sopportano e lottano per costruire il Regno di Dio. Quanto sarebbe bello che nei territori maggiormente segnati dall’inquinamento e dal degrado i cristiani non si limitino a denunciare, ma assumano la responsabilità di creare reti di riscatto.

“Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso. (Papa Francesco, lettera enciclica Laudato si’)”

Cambiare rotta

Il terzo cartello che Francesco pone sulla strada della speranza è “l’obbligo di svolta”. Sono necessari nuovi approcci per avviare una transizione ispirata dalla prospettiva dell’ecologia integrale. “Il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando – scrive il Papa – esige un obbligo di svolta”. Il Pontefice invita a guardare, in questo senso, “a tanti segni di speranza”, a molte persone che spesso “nel nascondimento operoso, si stanno impegnando a promuovere un modello economico diverso, più equo e attento alle persone”. L’obbligo di svolta è, per il Papa, non un semplice cambio di direzione ma un cammino nuovo lungo il solco della speranza.

Lo invocano il grido dei poveri e quello della Terra. «La speranza ci invita a riconoscere che possiamo sempre cambiare rotta, che possiamo sempre fare qualcosa per risolvere i problemi» (n. 61). Il Vescovo Tonino Bello, profeta in terra di Puglia, amava ripetere: «Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza!». Ci attende una profonda conversione che tocchi, prima ancora dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore. La svolta verrà solo se sapremo formare le coscienze a non cercare soluzioni facili a tutela di chi è già garantito, ma a proporre processi di cambiamento duraturi, a beneficio delle giovani generazioni. Tale conversione, volta a un’ecologia sociale, può alimentare questo tempo che è stato definito “di transizione ecologica”, dove le scelte da compiere non possono essere solo frutto di nuove scoperte tecnologiche, ma anche di rinnovati modelli sociali.

Uscire dalla pandemia

Nel messaggio Papa Francesco indica dunque un cammino da compiere e un “carburante” per procedere. “Abbiamo bisogno di speranza”, scrive il Pontefice sottolineando come sia significativo il titolo scelto a Taranto, “città simbolo delle speranze e delle contraddizioni del nostro tempo”, per la 49.ma Settimana Sociale: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso”. “C’è un desiderio di vita, una sete di giustizia, un anelito di pienezza – scrive il Papa – che sgorga dalle comunità colpite dalla pandemia. Ascoltiamolo”. Ricordando il contesto della crisi generata dal Covid, “crisi insieme sanitaria e sociale”, Francesco indica una direttrice. “Per uscirne – sottolinea – è richiesto un di più di coraggio anche ai cattolici italiani. Non possiamo rassegnarci e stare alla finestra a guardare, non possiamo restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società. Siamo chiamati a essere lievito che fa fermentare la pasta”.

La pandemia ha scoperchiato l’illusione del nostro tempo di poterci pensare onnipotenti, calpestando i territori che abitiamo e l’ambiente in cui viviamo. Per rialzarci dobbiamo convertirci a Dio e imparare il buon uso dei suoi doni, primo fra tutti il creato. Non manchi il coraggio della conversione ecologica, ma non manchi soprattutto l’ardore della conversione comunitaria. Per questo, auspico che la Settimana Sociale rappresenti un’esperienza sinodale, una condivisione piena di vocazioni e talenti che lo Spirito ha suscitato in Italia. Perché ciò accada, occorre anche ascoltare le sofferenze dei poveri, degli ultimi, dei disperati, delle famiglie stanche di vivere in luoghi inquinati, sfruttati, bruciati, devastati dalla corruzione e dal degrado.

La strada della speranza indicata da Francesco, con i “cartelli” che la costeggiano, interseca le attese della Terra e dei poveri. “Ecco dunque – scrive infine il Papa – il pianeta che speriamo: quello dove la cultura del dialogo e della pace fecondino un giorno nuovo, dove il lavoro conferisca dignità alla persona e custodisca il creato, dove mondi culturalmente distanti convergano, animati dalla comune preoccupazione per il bene comune”.