“Seme diVento”: il nuovo progetto della Cei per gli adolescenti

Vatican News

Debora Donnini – Città del Vaticano

“Un impegno condiviso per incontrare gli adolescenti con tutta la comunità cristiana, aprendo processi educativi che la possano rinnovare profondamente”. È il nuovo progetto della Cei – elaborato dal Servizio per la pastorale giovanile, insieme all’Ufficio catechistico e all’Ufficio per la pastorale della famiglia – dedicato agli adolescenti, “Seme diVento”, che è stato presentato oggi in un webinar trasmesso in streaming.

Il titolo del progetto, aveva spiegato don Michele Falabretti, responsabile del Servizio per la pastorale giovanile, fa riferimento all’adolescenza come ad “un momento di semina” e, con un gioco di parole, ricorda che “’il termine ‘divento’ non indica solo il divenire, ma anche l’idea di una formazione che tiene conto dell’aspetto umano e del vento dello Spirito che rinnova la vita”.

Ad intervenire anche il presidente di Ipsos Italia, Nando Pagnoncelli, che ha presentato i risultati di un’indagine sugli adolescenti, fra i 14 e i 18 anni, condotta nell’ambito del progetto. Sei le fasce individuate: dai giovani praticanti impegnati anche in parrocchia fino ai non credenti. Otto i temi analizzati: dall’immagine di sé stessi alle figure di riferimento fino all’impatto che ha avuto su di loro la pandemia.

La pandemia non ha minato la speranza

Tre gli aspetti emersi dalla ricerca, che lo hanno colpito particolarmente, dice a Vatican News Pagnoncelli, vi è che quasi un adolescente su due dichiara di essere non credente (il 47%), ma questo non significa, sottolinea, che vi sia un atteggiamento di ostilità rispetto alla Chiesa, ma di distanza. Il 37% degli adolescenti frequenta però l’oratorio, tra questi una parte non piccola è costituita da non credenti. Secondo Pagnoncelli ciò indica che è probabile che non vi sia una polarizzazione tra chi crede e chi non crede.  Il secondo elemento che lo ha colpito molto, relativamente alla pandemia, è che hanno saputo cogliere molti aspetti positivi pur in presenza di un impatto negativo sulle proprie relazioni, sulla frequentazione dei propri amici. Riescono ad avere uno sguardo rivolto al futuro che è prevalentemente ottimista. Si aspettano sostanzialmente una società diversa, più attenta all’ambiente, più solidale, più inclusiva. Quindi la situazione vissuta non ha minato le loro speranze.

Relazione fra fede vissuta e soddisfazione di sé

C’è poi un terzo aspetto che è sembrato molto interessante a Pagnoncelli e che viene messo in rilievo anche nella parte degli aspetti salienti della Ricerca: se si analizzano le risposte da parte degli adolescenti più vicini alla Chiesa, cioè coloro che partecipano alla Messa domenicale e hanno un’attività all’interno della parrocchia o in un’organizzazione religiosa, tra questi si registrano atteggiamenti più felici, più postivi, in termini di soddisfazione per la propria vita, di serenità, di energia, di ottimismo, di soddisfazione complessiva. “Tutto questo significa – afferma – che probabilmente sono animati da uno spirito diverso che porta, ad esempio, a avere atteggiamenti più propositivi e per certi versi anche più gratificanti”.

Inoltre, aggiunge Pagnoncelli, quando si parla di ragazzi spesso si pensa che non siano soddisfatti delle loro vite. Invece due giovani su tre sono soddisfatti della propria vita. L’altro elemento cui si pensa è che non siano contenti del loro aspetto fisico: invece solo uno su cinque non è contento del proprio aspetto fisico. Fra gli aspetti importanti della vita segnalati compare al primo posto la libertà, l’amicizia, e alla pari, poi, divertimento e famiglia. Tutti elementi di una forte attenzione a questi aspetti della vita. Non sorpreso si dice di un dato costante: la mamma rimane la figura di riferimento prevalente.

La fiducia

A prendere la parola anche Pierpaolo Triani, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, che si è soffermato su una prospettiva pedagogica ispirata cristianamente in un’ottica pastorale, mettendo in rilievo come serva una pedagogia improntata sul bene da condividere, non rigida, ma articolata, e come l’intenzione del progetto sia proprio quello di aprire processi attraverso la condivisione comunitaria tra tutte le realtà, in cui centrale è un investimento di fiducia.