Sconti di pena e programmi di recupero per i condannati in Vaticano

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Sconti di pena, possibilità di concordare un programma di lavori di pubblica utilità e attività di volontariato, sospensione del dibattimento nel caso di legittimo impedimento da parte dell’imputato: il sistema della giustizia penale dello Stato della Città del Vaticano si aggiorna e rimodula le sue norme per rispondere alle esigenze dei tempi in modo più garantista. È quanto prevede il motu proprio di Papa Francesco pubblicato oggi, “recante modifiche in materia di giustizia” nella legislazione dello Stato.

“Esigenze emerse, ancor recentemente, nel settore della giustizia penale – scrive Francesco – con le conseguenti ripercussioni sull’attività di quanti, a vario titolo, vi sono interessati, richiedono una costante attenzione a rimodulare la vigente normativa sostanziale e processuale che, per taluni aspetti, risente di criteri ispiratori e soluzioni funzionali ormai superati”.  Per queste ragioni, “proseguendo nel processo di continuo aggiornamento dettato dalle mutate sensibilità dei tempi”, il Pontefice pubblica tre nuovi articoli di legge.

Il primo articolo apporta modifiche al codice penale e stabilisce uno sconto di pena da 45 a 120 giorni per ogni anno di pena restrittiva già scontata al condannato che durante l’esecuzione della pena “abbia tenuto una condotta tale da far presumere il suo ravvedimento ed abbia proficuamente partecipato al programma di trattamento e reinserimento”. Nel momento in cui la pena diventa esecutiva, il condannato elabora d’intesa col giudice “un programma di trattamento e reinserimento contenente l’indicazione degli impegni specifici che assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni”. Il condannato può proporre “lo svolgimento di lavori di pubblica utilità, di attività di volontariato di rilievo sociale nonché condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa”. La precedente legislazione non prevedeva nulla di tutto questo.

Il secondo articolo modifica il codice di procedura penale in senso garantista e abolisce il cosiddetto “processo in contumacia” che era ancora presente nel codice vaticano: nel caso l’imputato non si fosse presentato, il giudizio avveniva sulla base della documentazione racconta senza l’ammissione dei testimoni della difesa. Ora invece se l’imputato rifiuta di assistere all’udienza senza che sia dimostrato un legittimo impedimento, si procede con il normale processo considerandolo rappresentato dal suo difensore. Se invece l’imputato non si presenta all’udienza e sia dimostrata l’impossibilità di comparire “per legittimo e grave impedimento, ovvero se per infermità di mente sia nell’impossibilità di provvedere alla propria difesa”, il tribunale o il giudice unico è tenuto a sospendere il dibattimento.

Il terzo articolo apporta modifiche e integrazioni alla legge CCCLI sull’ordinamento giudiziario dello Stato della Città del Vaticano. Stabilisce che i magistrati ordinari al momento della cessazione mantengano “ogni diritto, assistenza, previdenza e garanzia previsti” per i cittadini vaticani. Infine una modifica importante riguarda il secondo e terzo grado di giudizio. Si stabilisce infatti che “l’ufficio del promotore di giustizia esercita in autonomia e indipendenza, nei tre gradi di giudizio, le funzioni di pubblico ministero e le altre assegnategli dalla legge”. Fino ad oggi era previsto che in caso di ricorso in appello e poi in cassazione, la pubblica accusa fosse rappresentata da un magistrato diverso rispetto a quello che l’ha condotta nel primo processo, con un incarico ad hoc per i processi di secondo e terzo grado. Ora invece, con due diversi articoli, si stabilisce che anche nei giudizi di appello e di cassazione, come già avviene per il primo grado, le funzioni di pubblico ministero siano svolte da un magistrato dell’ufficio del promotore di giustizia, designato dal promotore stesso. Diverso rimarrà ovviamente il collegio chiamato a giudicare. Una normativa che tende a velocizzare i procedimenti, dato che d’ora in avanti sarà lo stesso ufficio che ha sostenuto la pubblica accusa in primo grado a sostenerla anche negli eventuali altri gradi di giudizio.