Chiesa Cattolica – Italiana

Save the Children, 149 milioni di bambini vivono un’emergenza umanitaria

Francesca d’Amato – Città del Vaticano

Il 2022 è stato un anno complesso, ricco di conflitti umanitari e crisi climatiche che hanno accentuato ancora di più le disuguaglianze nel mondo. I retaggi della pandemia da Covid-19, la guerra russo-ucraina e le conseguenti crisi economiche dovute all’aumento dei prezzi alimentari, hanno messo in ginocchio soprattutto i Paesi in via di sviluppo. All’interno di questo quadro allarmante si include l’indagine annuale del Global Humanitarian Overview delle Nazioni Unite, che registra come nell’anno 2022, i bambini che muoiono di fame siano 149 milioni nel mondo. Save the Children sottolinea come, rispetto all’anno 2021, la percentuale dei minori che faticano a sopravvivere sia del 20 % in più, ovvero 26 milioni, rispetto all’anno precedente. A risentire maggiormente delle conseguenze di un anno particolarmente difficile, sono Paesi come l’Afghanistan, la Repubblica Democratica del Congo, seguiti da l’Etiopia, lo Yemen e il Pakistan. Secondo le analisi di Save the Children, l’Afghanistan è al primo posto nella classifica: 14 milioni di bambini hanno bisogno di aiuto, ea seguire la Repubblica Democratica del Congo, dove la stima è di 13,9 milioni. L’organizzazione chiede ai governi di agire, intensificando la diplomazia, per porre fine alla più grande crisi umanitaria mai vissuta dai minori.

Ascolta l’intervista a Daniele Timarco

Le cause

Considerando l’inverno imminente, e il fatto che milioni di bambini vivono senza un riparo adeguato, la situazione umanitaria è destinata a peggiorare. Le principali cause che non portano a una risposta umanitaria efficiente sono l’incuria politica e la mancanza di fondi. Spesso mancano i finanziamenti, e l’accesso alle aree colpite dalla malnutrizione è ostacolato da un contesto restrittivo e dalle limitazioni imposte dalle normative antiterrorismo e dalle sanzioni.  Save the Children sottolinea che le cause principali che hanno portato un significativo aumento della fama e della malnutrizione nei bambini, siano state le crisi climatiche che non hanno facilitato l’approvigionamento degli aiuti. Nel 2022 sono stati frequenti le inondazioni in Pakistan e la siccità che ha portato a una drastica carenza di cibo in Etiopia e Somalia. Le crisi climatiche accentuano la crisi alimentare, portando un impatto nelle aree del mondo dove la produzione agricola è già limitata.

“Negli ultimi anni c’è stato un aumento di conflitti – afferma ai microfoni di Radio Vaticana- Vatican News Daniele Timarco, portavoce di Save the Children -, e a questo si aggiunge il Covid, che ha accentuato la difficoltà di portare le forniture, nei Paesi che richieste dalle risorse investite dalla comunità internazionale”.

La crisi in Congo e in Afghanistan

A soffrire in particolar modo della crisi alimentare è la Repubblica Democratica del Congo, che annovera 13,9 milioni di bimbi bisognosi di assistenza umanitaria. Solo negli ultimi mesi sono state 390mila le persone a fuggire dalle loro case, aggravando la crisi alimentare. Sono 3,3 milioni i bambini sotto i 5 anni malnutriti e il 45% dei decessi nella stessa fascia di età sono legati comunque alla malnutrizione. La crisi nella Repubblica Democratica del Congo non ha ricevuto risposte assistenziali umanitarie sufficienti, anzi è stata a lungo trascurata e le missioni sono state sotto finanziate. Il paradosso è che il 2022 è stato per il Congo, l’anno con il maggior numero di persone bisognose, ma il Paese ha ricevuto comunque meno della metà dei finanziamenti stabiliti dalle Nazioni Unite. Il Congo e l’Afghanistan sono stati due Paesi attraversati da conflitti interni prolungati, e nel caso dell’Afghanistan la crisi climatica ha influito molto, apportando siccità forti e prolungate.

“A fronte di questo, la capacità della comunità internazionale nel portare finanziamenti e risorse, si sta riducendo – afferma Timarco –; i governi hanno utilizzato molte risorse per investirle sul sostentamento delle proprie economie, a seguito della crisi pandemica. Anche la guerra russo-ucraina ha portato delle conseguenze economiche per i Paesi che sono tradizionalmente finanziatori delle attività umanitarie. Quindi, non ci sono le risorse per fronteggiare questa crisi”. Inoltre “nelle aree di conflitto è sempre più difficile operare, per motivi di sicurezza e – spiega – la vita degli operatori è a rischio e quindi c’è una difficoltà ad essere presenti”. Oltre alle attività di advocacy e quindi di dialogo tra i governi, comunità internazionali e Nazioni Unite, la vera risorsa fondamentale sembrano essere le risorse delle politiche locali. “I partner locali sono fondamentali se vogliamo rafforzare la capacità di essere presenti anche nelle aree più remote – prosegue il portavoce di Save The Childre – quando una comunità è in grado di gestire da sè parte di una crisi umanitaria, l’intervento dell’organizzazione internazionale va solamente a complementare questa capacità”. 

Sostegno psicosociale per i minori

Spesso la componente di sofferenza e disagio psicologico del minore, non viene presa sufficientemente in considerazione. Mentre invece il più delle volte, “un bambino che vive una crisi, vive un’esperienza traumatica”, sottolinea.. Per questo Save the Children ha voluto investire nell’istruzione e nelle scuole in Afghanistan, creando più di tremila classi, dei veri e propri “spazi sicuri dove il bambino può superare le sue paure e trovare una dimensione di relazione e di gioco, per crescere in maniera sana dal punto di vista psicologico”. Una forte destabilizzazione psicologica affrontata in tenera età, può incidere fortemente sull’apprendimento e il futuro del bimbo e ripercuotersi sulle generazioni future. 

Purtroppo però l’equilibrio psico-sociale del bambino “è un investimento che non viene sufficientemente finanziato – conclude Timarco -, ma invece può compromettere la capacità di crescere in maniera sana, e questo vuole dire minare il futuro di quella particolare comunità o popolazione”. 

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