Paolo Ondarza – Città del Vaticano
E’ la più antica raffigurazione pittorica di san Tommaso ed è stata scoperta di recente al di sotto di uno strato di intonaco nelle pareti di Santa Maria Novella a Firenze. L’opera, un affresco del 1323, attribuito al Maestro di Santa Cecilia, è al centro delle odierne celebrazioni nella memoria liturgia del Dottore Angelico presso la Basilica.
Il Giubileo domenicano
Si tratta di festeggiamenti speciali. Quest’anno ricorre infatti il Giubileo domenicano che si aprirà ufficialmente il 25 marzo e che commemora due importanti ricorrenze: gli 800 anni dalla nascita al cielo di san Domenico di Guzman, avvenuta a Bologna il 6 agosto 1221 e gli otto secoli dall’arrivo dei primi 12 frati domenicani nella piccola chiesa fiorentina di “S. Maria ad Vineas” o “Santa Maria delle Vigne”, luogo su cui nel 1279 sorse la rinomata Basilica. “I frati vengono inviati a predicare da san Domenico a causa dell’eresia catara. Inizialmente – spiega a Vatican News padre Manuel Russo O.P, religioso della Comunità di Santa Maria Novella – vivono fuori Firenze. Concentrano la loro attività apostolica sulla duplice natura, divina ed umana, di Gesù Cristo. Sostenuta dal cardinale Ugolino di Segni che poi diverrà Gregorio IX e canonizzerà san Domenico nel 1324 , la piccola comunità ottiene l’assegnazione di una chiesa nei pressi di un terreno agricolo a Firenze”.
Il dottorato di san Tommaso
All’epoca dell’elevazione all’onore degli altari di Domenico, risale il bellissimo affresco, scoperto due anni e mezzo fa, studiato da Gaia Ravalli ed inaugurato nel 2020 con un convegno di studio. Vi è raffigurata la lezione inaugurale del dottorato di san Tommaso. “Tommaso – prosegue padre Manuel Russo – fu dichiarato ‘Magister in Sacra Pagina’, ovvero in Sacra Scrittura ed è rappresentato nel momento in cui inaugura il proprio magisterato con la celebre lezione all’Università di Parigi Rigans montes sulla sapienza divina”.
Vasari e l’affresco ricoperto di bianco
L’intervento di restauro ha restituito alla pittura, celata per circa mezzo millennio, la sua originaria brillantezza cromatica. “Nel 1565, dopo il Concilio di Trento, Cosimo I de’ Medici ordinò a Giorgio Vasari di rinnovare la Basilica di Santa Maria Novella secondo i canoni tridentini. Il pittore, autore delle celebri “Vite”, ne rivoluzionò la decorazione: gran parte delle pitture medievali e rinascimentali andarono distrutte. Tra queste c’erano anche alcuni affreschi di Beato Angelico. Solo pochi dipinti non vennero raschiati dalle pareti, ma scialbati, coperti cioè da uno strato di intonaco”. E’ il caso del San Tommaso che, sotto una coltre bianca, cadde così nell’oblio. Sul posto furono collocati un altare in pietra di epoca manierista ed una tavola dipinta dallo stesso Vasari.
Una scoperta impressionante
Circa tre anni fa nel corso di un intervento di conservazione è venuta alla luce l’impressionante scoperta. Il restauratore Simone Vettori con grande maestria è riuscito a rimuovere lo scialbo e i depositi di sporco, facendo riaffiorare una pittura che nonostante i danni subiti resta ancora leggibile nella sua impostazione generale e rivela una raffinata ricercatezza nell’uso di tecniche e materiali diversi come biacca, dorature e azzurrite. L’affresco è tra i protagonisti della giornata del 28 gennaio a Santa Maria Novella, insieme alla relazione teologica tenuta dal decano della Facoltà di filosofia della Pontificia Università di S. Tommaso d’Aquino in Roma e presidente della Pontificia Accademia di San Tommaso, fr. Serge-Thomas Bonino O.P, sul tema “Il Pane di Vita negli scritti di san Tommaso”. In programma anche la celebrazione eucaristica presieduta da fr. Gerard Timoner OP, Maestro dell’Ordine dei Frati Predicatori e 87mo successore di Domenico.
Tommaso e Santa Maria Novella
Padre Manuel Russo tiene a sottolineare il legame tra la Basilica fiorentina e san Tommaso. “L’architettura di Santa Maria Novella infatti – racconta – è evocativa della concezione estetica di Tommaso. Nella chiesa inoltre dal Trecento sorse un importante studio teologico-filosofico, erede di quello fondato da Tommaso a Napoli, a san Domenico Maggiore”. La Basilica fiorentina conserva al suo interno altre celebri raffigurazioni pittoriche dedicate al santo. “Tra queste vanno menzionate la pala di Andrea Orcagna nella Cappella Strozzi di Mantova e il Cappellone degli Spagnoli nel Chiostro Verde, antico capitolo della comunità conosciuto in tutto il mondo e, affrescato come una grande cattedrale tomista: San Tommaso è ritratto seduto, attorniato dalle scienze in un vero e proprio trionfo del domenicanesimo. ”.
Il rapimento delle reliquie
La Basilica di santa Maria Novella conserva inoltre il dito di San Tommaso, una reliquia dalla storia travagliata. “Tommaso – ricorda padre Russo – muore nell’Abbazia di Fossanova a Priverno, in provincia di Latina. Il diritto canonico dell’epoca stabiliva che al monastero, luogo del decesso, spettasse la proprietà dei resti morali. Tuttavia i frati domenicani organizzarono un rapimento e una traslazione delle reliquie a Tolosa, luogo di nascita dell’ordine domenicano.
Il dito di san Tommaso e il Corpus Domini
Nel loro viaggio verso la Francia le spoglie del santo fecero una sosta a Firenze e, per volontà del Papa Urbano V, il dito rimase a Santa Maria Novella. Memoria terrena dell’autore degli Inni Eucaristici, nei secoli scorsi era tradizionalmente portato in processione durante le celebrazioni del Corpus Domini. Attorno ad esso negli ultimi tempi si è sviluppata una rinnovata attenzione da parte dei fedeli che potranno venerarlo anche in occasione delle celebrazioni odierne.