Roaco: siamo in prima linea per aiutare i siriani a non fuggire

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Antonella Palermo – Città del Vaticano

La R.O.A.C.O. (Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali) è il braccio operativo dell’assistenza della Santa Sede alle Chiese Orientali. Fondata nel 1968 per coordinare le opere di carità, negli ultimi anni ha studiato la diaspora in Europa delle popolazioni costrette ad abbandonare i loro Paesi in guerra, le sfide pastorali, la formazione di seminaristi e sacerdoti in loco, la condizione dei giovani. Numerosi i progetti sostenuti in Siria – dove da dieci anni perdura il conflitto – orientati a frenare l’emorragia delle energie vitali del Paese.

I progetti

La Roaco riceve dalle Chiese Orientali, e da quella latina dei territori di competenza della Congregazione, 60-70 progetti all’anno, come spiega don Kuriacose Cherupuzhathottathil, segretario dell’organismo. Si tratta di progetti a carattere pastorale, che riguardano la costruzione di edifici di culto e non, lo sviluppo sociale, la formazione, l’assistenza sanitaria, il sostentamento dei religiosi. Sono le Agenzie collegate con la Roaco – come CNEWA/PMP, Misereor, Erzbistum Koeln, Missio, Kiche in Not, Kindermissionswerk, ACS – a intervenire direttamente in quasi tutti i Paesi interessati, in particolare in Libano, Iraq e Siria, implementandoli in collaborazione con la Chiesa locale.

Ascolta l’intervista a don Kuriacose Cherupuzhathottathil

Il segretario della Roaco precisa che dalla Siria negli ultimi dieci anni sono stati sottoposti 26 progetti. Cita, ad esempio, l’opera di costruzione del Monastero delle Trappiste Fons Pacis ad Azeir-Tartous, l’aiuto umanitario e sociale nell’Eparchia di Homs, la residenza per gli anziani a Tartous, il centro di sostegno psico-sociale ed educativo per ragazzi a Safita. Ci si concentra sulla riparazione di chiese, scuole, ospedali distrutti dalla guerra.

Investire sul lavoro per far tornare i siriani

Una delle priorità della Roaco in Siria è la creazione del lavoro: “Nella prossima Plenaria, che si terrà nel mese di giugno, metteremo sul tavolo i progetti che incoraggiano il lavoro domestico e le piccole industrie”, afferma don Kuriacose, spiegando che l’intento è aiutare i giovani e le famiglie a rimanere in Siria e a tornarvi. “La Siria oggi ha un volto ferito e sanguinante – sottolinea – e noi siamo chiamati ad essere come il buon samaritano: stare vicino alla popolazione, accompagnarla, aiutarla a guarire le ferite fisiche, psicologiche e spirituali. Bisogna però anche ‘caricarsi la Siria sulle spalle’, per un impegno duraturo”.

Garantire sicurezza e beni primari per far restare i siriani

“Lavorando con tanta dedizione, bisogna far nascere una nuova Siria – sottolinea don Kuriacose – basata su principi di non violenza, dialogo, rispetto della dignità umana e delle libertà fondamentali, del pluralismo, della democrazia, della cittadinanza, della separazione tra religione e Stato. Sono questi alcuni aspetti di una società sana, quella che sogniamo per la Siria. E’ con questa prospettiva – precisa ancora – che dobbiamo lavorare perché, se non possiamo seminare questi principi nei ragazzi, il futuro della Siria non sarà come desideriamo. E’ un popolo che ha bisogno di sicurezza, di una casa, di scuole, di un lavoro, degli ospedali, di cliniche. Stiamo cercando, sia per i cristiani sia per i musulmani, di favorire condizioni in cui siano garantiti elettricità, cibo, acqua. Le cose di base per una vita dignitosa e umana”.

Preservare, nella pace, il mosaico di fedi e culture

Il segretario Roaco  ricorda anche che la Siria è un Paese dove storicamente hanno convissuto diverse religioni e culture e quindi non si può vanificare tutto questo patrimonio. “Che la convivenza ritorni a fiorire”, è la sua speranza. La presenza cristiana in Siria è antichissima e tuttora composita: Greco-Melkiti, Siri, Maroniti, Caldei, Armeni e Latini. “Sappiamo bene ciò che la Chiesa ha fatto e continua a fare, nonostante mille difficoltà, nel campo dell’assistenza ai malati e poveri, dell’educazione, a livello culturale e perfino a livello politico”, afferma il religioso, il quale spiega che le persone che appartengono ad altre religioni sono grate e riconoscenti per questo impegno a favore di tutti. “Ogni progetto mostra l’amore del Papa per questa nazione in cui speriamo possano regnare pace e prosperità”. E cita le parole di Francesco pronunciate in Iraq: “La fraternità è più forte del fratricidio, la speranza è più forte della morte, la pace è più forte della guerra”.

I profughi e il sogno di vedere fiorire le loro speranze

Don Kuriacose conclude con un uno dei ricordi a lui più vivi e cari: la visita, in occasione dei cinquant’anni di fondazione della Roaco, al centro di Bar Elias, in Libano, con rappresentanti delle Agenzie. In cointainer di legno sorgono alcune scuole gestite dal Jesuit Refugee Service dove studiano 1.600 studenti. Ci sono volontari e sacerdoti. “La luce negli occhi di questi bambini – racconta – mi fa sperare che un giorno saranno loro a costruire il futuro della Siria. Se un giorno dovessi ritornare là, spero di non trovare più l’accampamento, ma solo i segni dei piedi di questi piccoli che hanno vissuto un’esperienza dura ma che possiamo considerare come il trampolino di lancio per un futuro gioioso. Oggi vivono alle frontiere ma sono sicuro che torneranno a costruire il futuro della Siria dal di dentro”.