Rinviate le elezioni generali in Libia. Il Paese a rischio caos

Vatican News

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

Tutta la comunità internazionale guardava con fiduciosa speranza alle elezioni del 24 dicembre con le quali la Libia avrebbe dovuto voltare pagina su un lungo periodo di sanguinose contrapposizioni interne in vista di un’auspicata stabilizzazione e democratizzazione, un periodo di violenze iniziato sin dalla caduta del presidente Gheddafi nel 2011. Il parlamento libico praticamente a poche ore dal voto ha annunciato che le consultazioni saranno rinviate e che non è possibile tenerle neanche in un immediato futuro.

Il commento della comunità internazionale

Innanzitutto è l’Italia che guarda con preoccupazione alla situazione politica libica. “La Libia è particolarmente importante per noi – ha detto di recente il capo dello Stato, Sergio Mattarella, parlando in videocollegamento con il comando della Missione italiana nel Paese nordafricano – L’aspettativa di stabilizzazione con soluzioni concordate è di rilievo per noi e per l’intera area del Mediterraneo”, ha detto ancora il capo dello Stato. Gli hanno fatto eco le parole del premier Mario Draghi nella conferenza stampa di fine anno: “L’Italia e l’Europa hanno fatto di tutto e continueranno a fare di tutto per favorire il processo verso la democrazia in Libia”.   Gli Stati Uniti dalla loro ammoniscono: “Ribadiamo l’appello della missione Onu in Libia, affinché i dissensi su questioni politiche o militari emergenti vengano risolti senza ricorrere alla violenza”, ha sottolineato l’inviato speciale e ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Richard Norland.

Un rinvio prevedibile

La campagna elettorale libica si è svolta all’insegna delle violenze e degli abusi tra diverse fazioni; una situazione di tensione che praticamente è in piedi dalla fine dell’era Gheddafi. Lo afferma, nell’intervista a Radio Vaticana-Vatican News, Luciano Ardesi, esperto di Africa e direttore del blog tematico “MissioneOggiAfrica”.

Ascolta l’intervista a Luciano Ardesi

“Siamo arrivati a questa situazione – afferma Ardesi – perché sul terreno non ci sono le premesse per un dialogo. Innanzitutto la presenza di truppe straniere sicuramente è l’ostacolo più grande alla tenuta di libere elezioni. E poi il fatto che dalla caduta di Gheddafi le diverse milizie libiche si sono contrapposte, trovando di tanto in tanto degli accordi, che abbiamo visto essere piuttosto precarie, costituisce un altro grande ostacolo a creare le condizioni per un voto libero ed equilibrato”.