Quelle richieste “in nome di Dio” per un mondo più umano

Vatican News

ANDREA TORNIELLI

Nove puntualissimi “Voglio chiedere, in nome di Dio” ai quali si aggiungono altre due richieste altrettanto precise a governi e leader religiosi. Il videomessaggio che Papa Francesco ha rivolto ai Movimenti Popolari segna un’altra tappa nell’impegno della Chiesa per favorire un cambiamento del paradigma economico-finanziario dal basso attraverso la valorizzazione delle istanze popolari, dei corpi intermedi, degli “scartati” dal sistema. E questa volta l’appello è ancora più radicale, come se si trattasse di una corsa contro il tempo per evitare il baratro: nuove e ancor più tragiche crisi e una terza guerra mondiale.
 

L’incontro con quelli che definisce “poeti sociali”, che il Papa fin dall’inizio del suo pontificato ha incluso e ascoltato, è l’occasione per un forte discorso ai potenti del mondo e per una chiamata all’impegno di tutti. Fondandosi sulla Dottrina sociale della Chiesa, richiamandosi costantemente ad essa e in particolare a quel prezioso Compendio voluto da Giovanni Paolo II, Francesco fa comprendere ancora una volta e in modo inequivocabile la necessità imprescindibile di un cambiamento degli attuali modelli socio-economici.

È ben cosciente, il Papa, delle critiche presenti anche in casa cattolica di fronte a queste affermazioni. C’è chi dice che serve soltanto il cambiamento personale, c’è chi considera certi obiettivi del tutto irraggiungibili perché l’attuale sistema non può essere messo in discussione. Ma proprio a partire dalla consapevolezza dell’esistenza di quelle che Papa Wojtyla definì nell’enciclica Sollicitudo rei socialis “strutture di peccato”, Francesco torna a porre in modo pressante e puntuale il problema di rimettere al centro l’uomo e non il dio denaro, uscendo da quell’accettazione passiva che fa dire: “non c’è alternativa” e “questo è l’unico sistema possibile”. Esistono strutture di peccato dunque, come dimostrano venti milioni in più di esseri umani colpiti dalla fame e un numero di morti per fame che supererà quelli uccisi dal Covid.

Da questa consapevolezza discendono i dirompenti “Voglio chiedere, in nome di Dio”. Il Papa arriva a chiedere non soltanto ai trafficanti ma anche ai fabbricanti di armi di cessare totalmente la loro attività che fomenta violenza e guerra, con costi di milioni di vite umane. Sono dunque tutti da rileggere e meditare quei “Voglio chiedere” del Successore di Pietro: dalla liberalizzazione dei brevetti dei vaccini al cessare di depredare foreste e popoli, dalla fine dell’imposizione dei monopoli sul cibo al depurare il web di fake news e adescamento di minori fino all’appello a cessare aggressioni, blocchi e sanzioni unilaterali “contro qualsiasi Paese in qualsiasi parte della terra”, dicendo no al neocolonialismo e sì alla soluzione dei conflitti nelle istanze multilaterali come le Nazioni Unite.

Francesco è consapevole dell’obiezione di chi bollerà questi obiettivi, tra i quali ha inserito anche il salario universale e una riduzione della giornata lavorativa per permettere a più persone di accedere al mercato del lavoro, come mete “irraggiungibili”. Ma, ribatte, “hanno la capacità di metterci in movimento”. Quante più persone sogneranno insieme questo cambiamento, impegnandosi per realizzarlo, tanto più il sogno potrà diventare realtà. Quello del Vescovo di Roma è un compito che interpella tutti, nessuno escluso. Per evitare il baratro.