Coinvolgere le Conferenze Episcopali del Mediterraneo in proposte di accoglienza e sostegno a favore di emigranti, rifugiati, senza fissa dimora, famiglie in condizioni di disagio, madri in difficoltà, vittime di tratta e giovani. È l’obiettivo di “Prendersi cura. Una famiglia per ogni comunità del Mediterraneo”, il progetto lanciato dal Consiglio dei Giovani del Mediterraneo, dalla Rete Mare Nostrum e dalla Fondazione La Pira, in continuità con lo spirito che ha animato gli incontri dei Vescovi a Bari e Firenze. “Il Papa chiede di trasformare i segni dei tempi, in segni di speranza. I segni dei tempi sono quelli di un Mediterraneo lacerato da discordie e da conflitti. Abitare questo tempo con la cura significa trasformare ciò che altrimenti sarebbe un motivo di dolore in un motivo di speranza che comincia da noi”, ha sottolineato Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI. Questa iniziativa, “nel contesto storico che viviamo e nel contesto ecclesiale del Giubileo, è davvero un conforto, una di quelle carezze di misericordia che legittimano la speranza”. “Richiamando il tema della speranza, il Papa – ha proseguito Mons. Baturi – richiama il tema della costruzione del futuro: senza speranza, o perché si è troppo amareggiati o perché si è troppo presuntuosi, non c’è costruzione di futuro. È necessario sempre guardare la speranza, ritenendo possibile che il proprio desiderio di bene possa realizzarsi”. Secondo il Segretario Generale, inoltre, “non c’è speranza di bene che non comprenda anche gli altri e che non esiga condivisione”. “Prendersi cura – ha osservato – è una cosa straordinaria in questo momento in cui spesso lamentiamo violenza, indifferenza e incuria. Significa osservare il dolore dell’altro, non far finta di non aver sentito e visto, supportare e accompagnare l’altro nel suo cammino. Così facendo l’uomo che si prende cura tocca la propria umanità e anche le proprie debolezze e dà una prospettiva e un senso di bene e di felicità anche alla propria vita”.
Il progetto, presentato a Roma da Tina Hamalaya e Nicholle Salerno, rispettivamente segretaria e delegata al Consiglio dei Giovani del Mediterraneo, prevede alcuni “step”: un incontro dei giovani con i presidenti delle loro Conferenze episcopali che a loro volta lo faranno conoscere alle Diocesi e realtà periferiche. Si costituisce così in loco un gruppo per fare il punto sulle realtà di povertà, disagio ed emarginazioni presenti; si passa infine alla fase più operativa con l’individuazione delle azioni da avviare. Ogni progetto dovrà essere inviato entro il 31 marzo alla Segreteria generale del Consiglio dei giovani del Mediterraneo.