Pizzaballa: visita del Papa a Cipro, un abbraccio alle ferite dell’isola

Vatican News

Christine Seuss – Nicosia

“La visita del Papa a Cipro è stata breve, è durata solo un giorno e mezzo, ma è stata molto intensa e molto carica”: così monsignor Pierbattista Pizzaballa, Patriarca dei Latini di Gerusalemme, definisce la permanenza di Francesco in terra cipriota.  Una visita riccca di “tanti segni diversi”, aggiunge,  e di  “due attenzioni principali”: la prima alla Chiesa cattolica locale, alla comunità dei religiosi, soprattutto al rapporto molto importante con la Chiesa ortodossa. “È stato un segno molto bello di incoraggiamento – spiega monsignor Pizzaballa – di continuità”. L’altro aspetto, anch’esso molto importante, è quello “dei migranti, del Mediterraneo e anche dell’Europa che cambia attraverso quello che accade nel Mediterraneo”. La Messa presieduta il 3 dicembre da Francesco nel GSP Stadium di Nicosia “è un esempio molto chiaro di tutto questo – sottolinea il presule – vi hanno preso parte forse l’1 per cento di ciprioti e il 99 per cento di persone che fanno già parte della Chiesa e che però non sono ciprioti”.

Ascolta l’intervista al Patriarca Pizzaballa

Il Santo Padre lo ha ribadito durante l’incontro con i migranti: no ai muri, ai fili spinati, in riferimento ovviamente anche alla situazione di Cipro. Come può, eventualmente, la presenza del Papa aiutare a curare delle ferite aperte?m

Sono ferite aperte che restano aperte ancora del tempo, non dobbiamo illuderci purtroppo: è così. Però credo che sia anche coraggioso da parte del Papa dire questo: in sintesi, ha detto che il filo spinato è un insulto all’umanità. E queste sono cose che non si dicono abitualmente. Un’altra cosa molto importante che il Papa ha detto è che ci si abitua a queste situazioni, mentre invece vedere il filo spinato che divide la città di Nicosia, che blocca i migranti, che blocca in generale, è un segno di paura. Qualsiasi divisione, qualsiasi barriere è un segno di paura, di mancanza di prospettiva, di speranze, di visione.

Lei adesso torna a Gerusalemme. Ma quale comunità lascia qui a Cipro, dopo questi giorni intensi?

Per quel poco che ho potuto percepire tra un incontro e l’altro, lascio una comunità molto, molto contenta, molto piena di “effervescenza” perché si è sentita abbracciata e ascoltata. Spesso, infatti, queste piccole comunità sono dimenticate, messe da parte, non rientrano nei grandi canali di comunicazione. Quindi, questa attenzione ha fatto molto piacere.

La Chiesa cipriota è molto piccola, si direbbe che erano tutti qui, durante l’incontro con il Papa.

La Chiesa di Cipro è una Chiesa molto composita: ci sono i ciprioti locali, ci sono i migranti che ormai fanno parte di essa, c’è una parte di Chiesa che purtroppo non ha potuto essere presente e che incontrerò io stesso: è quella degli studenti e dei migranti che sono nella parte nord di Cipro. Anch’essi avrebbero voluto partecipare, anch’essi fanno parte della Chiesa, ma la situazione politica, la divisione, i muri non hanno permesso loro di venire. Però il Papa li ha ricordati nell’incontro con i migranti: è stato molto chiaro contro i muri, contro le divisioni ed è quello che porteremo anche a quella parte di Chiesa che il Papa non ha potuto incontrare fisicamente. Ma soggiornando in una stanza le cui finestre si affacciano proprio sul muro che separa la parte nord della città [ndr. A Cipro, il Pontefice ha alloggiato presso la Nunziatura Apostolica che si trova nel complesso del Convento francescano di “Holy Cross”, di proprietà della Custodia di Terrasanta. L’edificio è situato nella zona controllata dalle Nazioni Unite, collocata lungo la “linea verde” che separa la città tra la parte greco-cipriota e quella turco-cipriota. La struttura si affaccia da tre lati sulla zona nord dell’isola] ha capito perfettamente cosa sia questa ferita.

Il Papa – diceva Lei poco fa – è stato molto coraggioso ad utilizzare parole come “filo spinato”. Ma anche in altre occasioni, qui sull’isola di Cipro, non ha risparmiato parole chiare…

Sì, ad esempio quando ha parlato della fraternità che nasce a Cipro, perché ne ha parlato non in maniera avulsa dalla realtà: infatti, ha menzionato il dissidio tra Paolo e Barnaba che è avvenuto qui a Cipro, dicendo che fraternità non significa vivere felici e contenti, ma sapere costruire anche nelle diversità delle opinioni. Ha parlato anche della pazienza, che non significa vivere senza fare nulla e attendere che altri risolvano la situazione, ma darsi da fare per cambiare la situazione, avendo pazienza e sapendo che il tempo non è nostro.