Per una teologia in ascolto delle periferie esistenziali

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un progetto di ricerca per promuovere un rinnovamento della teologia, dei suoi linguaggi e della sua agenda, legato all’insegnamento di Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, Laudato si’ e Fratelli tutti. Un progetto di ascolto del “sensus fidei” di chi vive ai margini delle nostre città, voluto dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, perché “è un bene per la teologia – ha spiegato il prefetto cardinale Michael Czerny – lasciare qualche volta le cattedre e i libri, per andare alla scuola delle periferie”. È il progetto di ricerca “Fare teologia dalle periferie esistenziali”, promosso dalla Sezione Migranti e Rifugiati del dicastero, reso pubblico per la prima volta questo pomeriggio, in un convegno all’Università Urbaniana di Roma, dopo un anno di lavoro nascosto con più di 500 interviste singole e a gruppi di discussione in quaranta città di tutti i continenti.

Czerny: la teologia è ascolto, non si fa solo in ateneo

Per sostenere il Papa e i Vescovi nel loro servizio allo sviluppo umano integrale “noi abbiamo bisogno, principalmente, di ascoltare – ha sottolineato il cardinal Czerny, introducendo i lavori del convegno – Ascoltare e discernere”. E in questo “la teologia ha un posto fondamentale”, ma “non può essere fatta solo all’università, perché il luogo della teologia è la missione”. E non c’è teologia “senza problemi, senza crisi, senza il grido di chi chiede acqua, pane, pace, giustizia, liberazione”. Questo esperimento del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale “per la teologia rappresenta forse un sussulto, per ripensarsi maggiormente in rapporto con le altre discipline e soprattutto con le sfide che ci chiedono sinodalità. Su queste sfide il sensus fidei di chi è periferico ha molto da istruire i nostri pensieri e la nostra missione”. Nessuno dei teologi che è andato nelle periferie ad ascoltare, ha concluso, “si è pentito”.

Tagle: i poveri sono i primi a nutrirsi della Buona Novella

A definire la cornice e lo sfondo della ricerca sono stati anche il cardinale Louis Antonio Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, e suor Natalie Becquart, sottosegretario della Segreteria del Sinodo dei Vescovi. Il cardinale filippino ha parlato dei “poveri come nostri evangelizzatori”, anche se nelle nostre società sono considerati minoranza, perché sono grandi ascoltatori della Buona Novella, loro che nella vita hanno ascoltato troppe brutte notizie. “I ricchi – ha ricordato Tagle – parlano della Buona Novella, mentre i poveri la assumono, ci si nutrono e la digeriscono. E quindi ne sono anche testimoni”. Quindi “i poveri non sono solo i primi destinatari della Buona Novella, ma anche i primi portatori della stessa”. Dobbiamo prendere esempio dal loro “potere nascosto: il Vangelo in loro che li salva dalla disperazione e permette a loro di condividere tutto il poco che hanno”.

Becquart: il Sinodo cassa di risonanza di chi non ha voce

Suor Becquart, parlando sul tema “camminare insieme: una Chiesa che rinasce sui margini”, ha ricordato che il Sinodo che la Chiesa sta vivendo, “sarà l’evento ecclesiale più importante dopo il Concilio Vaticano II, perché per la prima volta in Duemila anni viene ascoltato l’intero popolo di Dio”. Fin dall’inizio del percorso sinodale, ha spiegato Becquart, “abbiamo insistito sull’ascolto dei margini”. Lo sforzo dev’essere quello di una conversione sinodale della Chiesa, attraverso l’ascoltare il sensus fidei dei fedeli. Ha citato l’esempio di una diocesi negli Stati Uniti che ospita tanti migranti: “Il vescovo mi ha detto che questo Sinodo sta cambiando il modo col quale lui vede l’evangelizzazione”. Il Sinodo può essere “cassa di risonanza per quelli che non hanno voce, come è accaduto per i sinodi sui Giovani e sull’Amazzonia” e quindi diventare “percorso di valorizzazione dei poveri”.

Voci di chi chiede un percorso sinodale di inclusione

Dall’ascolto dei contributi delle Chiese locali per il Sinodo, suor Becquart sottolinea come nelle Filippine, “i poveri non sentono i sacerdoti vicini, perché questi pensano e stanno soprattutto con i ricchi”. E in Australia i fedeli indigeni si sentono non accolti nella Chiesa. Per questo “il Sinodo deve diventare un percorso di riconoscimento, per chi non si riconosce nella Chiesa, e di inclusione”. Siamo chiamati ad una teologia sinodale, capace di ascoltare il sensus fidei dei fedeli. Una teologia collettiva, del dialogo e della transdisciplinarietà, in apprendimento”. Come quella del teologo gesuita francese Etienne Grieu, che ha creato un gruppo di teologi in ascolto dei poveri, “e ha così preso il rischio di ascoltare i sofferenti”.

Don Massironi: una teologia aperta alla sapienza di chi è ai margini

È stato poi il direttore del progetto, don Sergio Massironi, a spiegarne temi e metodo, e il suo “cambio di prospettiva, nel segno del Concilio”. Un progetto di ricerca per il rinnovamento della teologia, che “sembra non avere ancora registrato il cambiamento d’epoca in corso”, come la “frantumazione e radicalizzazione delle identità, anche religiose”, la crescita della “povertà, diseguaglianze, sfiducia e conflitti”. Tanto che, rispetto alla primavera del Concilio e alle sue speranze, “è cambiato il rapporto col futuro”. Alla base della ricerca, ha chiarito don Massironi, sta la convinzione, molto cara a Papa Francesco, “radicata non solo nella teologia latino-americana, ma anche nelle Sacre Scritture e nella Tradizione, che quanti la vita ha messo ai margini, nei modi più diversi, siano portatori di una sapienza in grado di riaprire ambienti asfittici e discorsi chiusi”.

Una “cattedra dei poveri” per evangelizzare il non visto 

Un progetto che ha visto tanti teologi da ogni continente “lasciare le cattedre e andare ad ascoltare”, verso una “cattedra dei poveri”, simile alla Cattedra dei non credenti promossa a Milano dal cardinale Carlo Maria Martini. “Andare alle periferie esistenziali – ha chiarito ancora il direttore della ricerca – significava domandarsi dove fossero e chi fossero coloro che la Chiesa tende a non vedere e a non stimare portatori di una parola di Dio. I non potenti, i non visti, in cattedra, per evangelizzare il non visto, il periferico, il non riconosciuto che è in noi”.

Presto sul sito della Sezione Migranti video e sussidi

Concretamente il progetto ha previsto sei coordinatori per le diverse aree del mondo, che ha definito dieci temi comuni, ricavati dall’analisi degli studi sui tre documenti di Papa Francesco. Si tratta di: sapienza dai margini, vulnerabilità e tenerezza, coscienza ecologica, la prospettiva delle donne, rivelazione e gioia, cristiani nella sfera pubblica: nuovi paradigmi, speranza e fiducia, uscire dal clericalismo, ospitare lo sconosciuto, dialogo e incontro. Su ciascuno di questi temi sarà presto pubblicato, sul sito della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero, che già ospita molti materiali della ricerca, un video e un sussidio con la viva voce delle persone ascoltate.

Matteo: di quale teologia abbiamo bisogno?

Infine monsignor Armando Matteo, segretario della sezione dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede, che sta collaborando con il progetto di ricerca, ha proposto una prima rilettura dei dati raccolti, chiedendosi “Di quale teologia abbiamo bisogno”. In un contesto di crisi della teologia, Papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium, ammonisce che non serve “una teologia da tavolino”, lontano proprio dalle storie delle persone raggiunte dal progetto di ricerca, e dalle loro esperienze, spesso travagliate e sofferte. Serve invece una teologia “che si faccia carico dell’autoreferenzialità della Chiesa”. Le interviste raccolte, per monsignor Matteo, suggeriscono tre “orizzonti di pensiero”.

Per un cristianesimo che ci sottragga dal dominio spirituale del denaro

Primo, “accettare che oggi la Chiesa non è più al centro degli immaginari condivisi e decisivi per il destino dell’umanità. Accettare la periferia”. Se accettiamo questa verità, “superiamo ogni illusione di forza e di potenza”. Perché non siamo noi la nostra potenza, ma “è il Gesù del Vangelo e il Vangelo di Gesù”. Secondo, gli intervistati gridano “l’urgenza di una Chiesa diversa, in uscita, non autoreferenziale, di una Chiesa che sappia essere profezia e segno di una narrazione dell’umano sottratta al dominio spirituale del denaro. C’è ancora bisogno del cristianesimo, ma c’è bisogno di un cristianesimo diverso”, che combatta la “commercializzazione dell’esistenza dell’uomo”. Terzo, infine, “la speranza e la fiducia che le persone delle periferie “hanno nella spinta che Papa Francesco sta provando a dare alla sua Chiesa. Condividono con lui il sogno che il cristianesimo possa davvero dare vita ad ‘nuova immaginazione del possibile’, soprattutto nella logica di quella cultura e gestualità samaritana di cui loro spesso testimoniano di essere state beneficiate”.