Peña Parra: il Beato Hernández, testimone di Gesù con la vita

Vatican News

Isabella Piro – Città del Vaticano

Fratello dei poveri e testimone di Gesù non a parole, ma con la vita: così monsignor Edgar Peña Parra, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, ha ricordato José Gregorio Hernández Cisneros, il medico che si fece missionario, beatificato il 30 aprile scorso a Caracas, in Venezuela. Oggi pomeriggio, il presule ha celebrato una Messa di ringraziamento nella Parrocchia di Santa Maria ai Monti, a Roma, alla quale ha preso parte la comunità venezuelana residente nella capitale. “Quanto è attuale la figura del nuovo Beato, in mezzo a una pandemia che mette tutti alla prova e rischia di far pensare solo a se stessi!  – ha detto monsignor Peña Parra – E quanto ci consola che questo nostro fratello ci assista dal Cielo: in un momento nel quale tutti ci sentiamo un po’ soli e timorosi, possiamo trovare in lui un amico vicino, che si è preso cura della salute della sua gente, perché amava le persone e amava le persone, perché era innamorato di Dio”.

La relazione viva e personale del Beato con Gesù

Poi, il sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato si è soffermato su tre parole: “rimanere”, verbo che compare sette volte nel Vangelo di oggi. “È il verbo che designa la condivisione della vita”, ha sottolineato il presule: per essere discepoli di Gesù, infatti, “non è sufficiente conoscerLo, seguirLo e neppure imitarLo”, ma “è fondamentale intrattenere una relazione viva, personale e abituale con Lui”, perché “Gesù non è solo un personaggio da imitare, ma una persona da amare”. E così ha fatto il Beato Hernández, ha evidenziato ancora Monsignor Peña Parra, colui che “partecipava alla Messa ogni giorno” e “deponeva sull’altare” tutto ciò che faceva e “i problemi che aveva a cuore”, ricevendone “la pace”.

Una vita spesa al servizio dei poveri

La seconda parola evidenziata dal presule è stata il sostantivo “la vite”, raffigurazione “dell’unione vitale tra Gesù e noi, suoi tralci” che “veniamo sempre potati”, perché “è ciò di cui abbiamo bisogno”. “Noi viviamo con la fame e la sete di avere, accaparrare, aumentare – ha evidenziato il sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato – invece il Padre desidera semplificare. Come la vite non porta frutto senza essere potata, così la vita, senza essere purificata, perché l’esistenza non si realizza accumulando denaro, riconoscimenti e fama, ma donandola”. “Lasciarci svuotare di noi stessi perché il Signore ci riempia di sé”: questo il senso della vita spirituale, ha ribadito il presule. E “le potature” non sono mancate nella vita del nuovo Beato, che ha affrontato rinunce, debolezze e malattia. Ma invece di scoraggiarsi, Gregorio Hernández “scelse il Vangelo, scelse di rinnegare se stesso, di spendere la vita per i poveri” che “divennero la sua ricchezza”. Di qui, l’esortazione di monsignor Peña Parra a comprendere che, per possedere a pieno la vita, “occorre donarla” attraverso “l’amore concreto che si fa servizio”.

Esempio di carità

La terza parola richiamata dal sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato è stata l’aggettivo “vera” associato alla vita. Nel linguaggio biblico, il suo significato rimanda a “fedele, affidabile”, incrollabile: proprio come Dio, che “resta”, che “non delude le attese”, perché “quanto poniamo nelle Sue mani non va perso”. I nostri sforzi, anche quelli più genuini, da soli non bastano, ha detto il presule, solo Dio “rende salda la vita, completa le nostre inadeguatezze e ci porta a compimento”. “Se nel mondo ci sono buoni e cattivi – diceva il Beato Hernández – i cattivi lo sono perché loro stessi si sono resi cattivi; ma i buoni lo sono solo con l’aiuto di Dio”: questo è “il primato della grazia”, ha concluso monsignor Peña Parra, perché “Dio, che rimane per sempre, è amore; perché solo la carità non avrà mai fine”.

Da scienziato a francescano

Nato il 26 ottobre 1864 ad Isnotú, nello Stato andino di Trujillo, José Gregorio Hernández Cisneros è il primo di sei fratelli. Si laurea in medicina a Caracas e prosegue gli studi a Parigi, Berlino, Madrid, New York. Divenuto docente universitario, introduce l’uso del microscopio nel Paese e fonda la cattedra di Batteriologia dell’Università di Caracas. Vive la sua professione come una missione, dedicandosi soprattutto ai più bisognosi, ai quali spesso dona i farmaci, acquistati di tasca propria. La sua forte fede lo porta ad entrare, nel 1908, nella Certosa di Farneta, in provincia di Lucca, perché vuole farsi monaco. Rientrato in Venezuela per motivi di salute, torna a studiare Teologia in Italia qualche anno dopo, frequentando il Pio Collegio Latino-americano di Roma. Ammalatosi nuovamente, diventa Terziario francescano. Durante l’epidemia di febbre spagnola accompagna e cura i malati. Il 29 giugno 1919 viene travolto da un’automobile mentre si sta recando in una farmacia di Caracas a comprare medicinali per un’anziana paziente. Morirà in ospedale poco dopo, invocando la Beata Vergine.

Le parole del Papa

La cerimonia per la sua Beatificazione è stata presieduta da monsignor Aldo Giordano, nunzio apostolico in Venezuela e, per l’occasione, Papa Francesco ha inviato un videomessaggio, in cui ha auspicato per il Paese “uno spirito di riconciliazione”. Al Regina Coeli odierno, poi, il Pontefice ha ricordato il nuovo Beato come colui che “ha saputo riconoscere nei malati il volto del Cristo”.