Parolin sull’Accordo con la Cina: penso si vada verso il rinnovo

Vatican News

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

La guerra e i suoi risvolti internazionali, i rapporti di fiducia con la Cina e la Russia in primo piano nell’intervista al cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin nell’approfondimento serale del Tg 2. “Quando si tratta con qualcuno bisogna partire sempre dal riconoscere la sua buona fede altrimenti il negoziato non ha senso”: il porporato si dice convinto che l’ Accordo Provvisorio siglato dalla Santa Sede nel 2018 con la Cina – per ottenere che tutti i vescovi siano in comunione con il Papa, pienamente cinesi e pienamente cattolici – si rinnovi. Oggi il rientro di una missione della Santa Sede: il cammino ha visto tante difficoltà – afferma il cardinale – e molta è la strada da fare con la pazienza di andare avanti, passo dopo passo, e veder “germogliare i semi” piantati anche quando il tempo è avverso.

Che l’incontro con Kirill, sia ben preparato 

In primo piano anche gli effeti della guerra sui rapporti con Mosca e il Patriarcato. Confermato che il Papa non incontrerà Kirill nella ormai prossima visita in Kazakhstan dal 13 al 15 settembre. Motivazioni non ne sono state date, ma credo – afferma il cardinale – che l’incontro dovrebbe essere “ben preparato” e la speranza è che la mancata realizzazione lo permetta in modo efficace. Il dialogo con la Chiesa ortodossa va avanti anche davanti a una tradizione caratterizzata da una maggiore identificazione con le autorità del Paese: noi rispettiamo questa realtà, quando è vissuta con moderazione. Questo non inficia il dialogo.

Il Papa a Kiev se utile alla pace

Nessun cambiamento anche nei rapporti diplomatici con Kiev. Il Papa è deciso ad andare – conferma il Segretario di Stato – come ha espresso pubblicamente, quando ce ne saranno le condizioni, quando la visita sarà utile per la pace e non sarà una photo opportunity. La Santa Sede resta comunque dal punto di vista diplomatico aperta a tutti, agli aggressori e agli aggrediti, con il desiderio di arrivare ad una tregua e a una pace duratura. Il cardinale cita e prende a modello Giovanni Paolo I e ne rilancia il sogno di una pace “giusta” e “completa” che soddisfi cioè tutti e che prenda in considerazione ogni aspetto in modo da mettere a tacere i contrasti futuri.

Guerra difensiva solo alle condizioni del Catechismo cattolico

Un chiarimento poi sulla corsa agli armamenti e sul diritto a difendersi dei popoli quando sono attaccati. Non c’è contraddizione, spiega il cardinale: per il Catechismo della Chiesa cattolica la difesa armata è un diritto, e un obbligo è fermare l’aggressore ma deve rispondere a condizioni molto precise, che il cardinale elenca, e va anche tenuta presente la potenza dei moderni mezzi di distruzione. Per tali ragioni è forte la preoccupazione del Papa per la corsa al riarmo: solo nel 2021 la spesa ammonta a duemila miliardi di dollari, una “follia” che rischia di portare ad un’escalation di tutti contro tutti ,e perchè si sottraggono risorse alle altre necessità del mondo, che non trovano risposte perché non hanno mezzi.

La politica soffre l’arrretramento dei cattolici

Con lo sguardo rivolto poi alla crisi politica italiana che culminerà nel voto del 25 settembre, e al ruolo della Chiesa innanzi all’arretramento dei cattolici in diversi settori dovuto anche alla secolarizzazione del nostro mondo, il cardinale pur non indicando forme di partecipazione precise, ammette che la società tende a relegare nel privato la religione e che talvolta sono anche i cattolici che si mettono da parte. Non possiamo accettarlo- sono le parole del cardinale – per la dimensione sociale che ha il cristianesimo. La presenza dei cattolici in politica è importante e importante il contributo che possono dare. L’auspicio è che possano, ispirandosi all’insegnamento del Papa, avere una visione completa delle tematiche, per esempio della vita, senza focalizzarsi su aspetti particolari, e che possano esprimere questo anche nei partiti in cui sono inseriti.

Giovanni Paolo I: un riformatore 

Impossibile non parlare, a due giorni dalla Beatificazione, di Giovanni Paolo I. Pastore vicino alla gente più povera, centrato sull’essenziale della fede e del Vangelo, semplice e umile, non certo un conservatore, anzi – rimarca più volte il cardinale Parolin  – un vero promotore nella sua diocesi, nel Patriarcato di Venezia  e poi nella Chiesa universale, delle riforme del Concilio Vaticano II. Nulla di vero c’è nella morte per avvelenamento, un romanzo noir che ha tenuto banco, ma è stata morte naturale lo dicono – ripete il cardinale alla luce delle carte della postulazione – anche testimonianze inoppugnabili. Infine forte il suo insegnamento oggi di fronte a temi quali migrazioni, pandemia e guerra cui avrebbe risposto attenendosi alla Dottrina Sociale della Chiesa. Il segretario di Stato rilancia, una espressione di Luciani in cui riassume quello che sarebbe stato il suo impegno oggi: appoggeremo tutto ciò che può aiutare a portare la pace.