Parolin: la Chiesa è vicina a chi è colpito dal Covid

Vatican News

L’OSSERVATORE ROMANO

La realtà della pandemia, che ha colpito il mondo intero, «ha fatto sentire la nostra fragilità umana, paralizzando le nostre attività, colpendo la nostra salute e riempiendo di lutto molte famiglie, nell’apparente assenza di Dio». Davanti all’immagine della Vergine di Guadalupe, nel celebre santuario-basilica nazionale di Città del Messico, domenica 20 giugno il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, ha portato le sofferenze, le attese e le speranze dell’umanità colpita dall’emergenza sanitaria da Covid-19.

In mezzo a tante prove, ha detto il porporato nell’omelia in spagnolo, «la Chiesa, come famiglia di famiglie, ha cercato di essere vicina, di accompagnare, di pregare, di intercedere per tante persone profondamente ferite non solo nel corpo ma anche nello spirito». Anche oggi, ha aggiunto, «la nostra supplica sale alle orecchie di Dio come un grido quasi di sfida: Signore, dove sei? Maestro, perché dormi?», ha aggiunto riprendendo le parole del vangelo domenicale incentrato sull’episodio della tempesta sedata da Gesù.

Il Signore, ha sottolineato il segretario di Stato, «ha fatto sentire ancora una volta la sua presenza attraverso la generosità e il servizio di tante brave persone che ci hanno assistito spiritualmente e fisicamente, persone che hanno saputo condividere, che ci hanno accompagnato nella preghiera». Anche in questo tempo di prova — ha rimarcato — il Signore si è fatto conoscere, ci ha innalzato, ci sta innalzando, per costruire insieme il futuro delle nostre comunità e del mondo intero». Davanti all’«Imperatrice delle Americhe», il celebrante ha fatto riferimento alla «barca sballottata dai venti e dalle onde, alla situazione che il Messico, come molti altri Paesi latinoamericani, sta vivendo da molti anni: disuguaglianza sociale, povertà, violenza del crimine organizzato, divisione per motivi politici, sociali e persino religiosi». Un Messico, ha spiegato, che «ha bisogno di riconciliarsi con se stesso, di ritrovarsi come fratelli, di perdonarsi a vicenda, di unirsi come società superando la polarizzazione». Un Messico, ha detto ancora il cardinale, che «sa guardare la sua storia per non dimenticare la grande ricchezza delle sue radici e l’eredità di valori che hanno forgiato la sua identità durante molte generazioni». Quindi come credenti, «possiamo affermare che l’incontro con Gesù Cristo è stato e continua a essere il dono più prezioso e trascendente per i popoli e le culture di questa nazione e del continente americano».

Anche perché, ha fatto notare, la nazione messicana «si sforza di aprire strade migliori per il futuro, un futuro di riconciliazione e armonia». Per questo motivo il segretario di Stato ha invitato a ravvivare e approfondire la fede in questa terra. «Abbiamo anche bisogno della fede che Gesù ci chiede nel Vangelo di oggi – ha esortato —, contro ogni scoraggiamento, paura e confusione. Abbiamo bisogno della fede di Maria, che la rende grande, benedetta, come la salutò sua cugina Elisabetta: Beata te che hai creduto!».  Una fede profonda, «convinta, coerente e attiva, che si trasforma in una testimonianza di vita, personale e comunitaria, perché — si sa — la separazione e a volte la contraddizione tra fede e vita è uno degli scandali più gravi che i cristiani possono dare al mondo», ha concluso.