Orti museali: il risveglio delle eco-coscienze

Vatican News

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

Durante i primi durissimi mesi di pandemia, confinati in DAD, i bambini del casertano, aspettavano con ansia davanti al Pc, l’ora di Horticultura, con il desiderio di scoprire, insieme agli insegnanti, i segreti e le tecniche antiche dell’agricoltura. Per aiutarli in questo percorso di educazione ambientale, ognuno di loro aveva anche ricevuto una “scatola magica”, Orto Box, contenente tutto ciò che serve per realizzare e prendersi cura di un orto: pinzette, zappette, lenti che trasformano il cellulare in un microscopio, calamite, sacchetti con tre tipologie di terreno, che differiscono per permeabilità e quindi per prodotti coltivabili, semi, concimi, compostiere e schede didattiche per seguire gli esperimenti. Oggi, dopo tanto tempo, sono tornati a sporcarsi le mani nel migliore dei modi: insieme ai propri compagni di classe, all’aria aperta, negli orti museali, i primi in Italia creati grazie ad un’iniziativa davvero singolare.

L’idea alla base del progetto

Horticultura è il progetto di Terra Felix e di Legambiente Geofilos che insieme ad altri partner hanno accolto un’opportunità offerta dalla Fondazione “Con i Bambini” per il contrasto della povertà educativa minorile. Finora ha realizzato orti didattici museali all’interno di aree occupate da Beni Culturali: la Reggia di Caserta, il Parco archeologico di Pompei, il Museo archeologico dell’agro atellano, il Museo dell’Antica Capua e l’Anfiteatro Campano. Un progetto per i bambini, nato però da un’idea degli anziani di questa regione. Già da qualche anno infatti nel Casale di Teverolaccio, una struttura del ‘600 che sorge a Succivo, esistono orti sociali curati da ultrasessantenni che si trovano in condizione di fragilità: quei nonni “ricchezza e radici”, come li definisce il Papa, troppo spesso considerati inutili, improduttivi e perciò lasciati ai margini della società. “Quando i bambini delle scuole del casertano venivano a visitare il Casale – racconta Ivan Esposito, responsabile della Comunicazione di Horticultura – e incontravano questi canuti ortolani, restavano ammirati dal loro lavoro, facevano domande su come si coltiva la terra, su come si semina, come si prepara un terreno, ricevendo insegnamenti pratici ma scoprendo anche storie dal sapore antico, che alle loro orecchie suonano come meravigliose favole. Sono stati proprio gli anziani a darci lo spunto per ampliare questa esperienza che oggi coniuga arte e ambiente, bellezza e sapienza, cura e salvaguardia non solo dei beni culturali, attorno ai quali esiste già una certa sollecitudine, ma di un bene, quello ambientale, ancora troppo ferito e disprezzato”.

Bambini e nonni: un binomio vincente

Zappe alla mano, a predisporre l’orto, nei siti coinvolti, ci pensano ovviamente gli operatori adulti, i bambini delle quattro scuole elementari coinvolte (IC Calcara di Marcianise, IC Mazzocchi di Capua Vetere, il DD Orta di Atella e il CD Pompei di Napoli), circa 400, suddivisi in classi, tornano poi con gli insegnanti per coltivarlo: dalla semina, alla manutenzione, alla pulizia fino al raccolto, in un percorso che ricalca la stagionalità delle verdure, della frutta o degli ortaggi, portati a casa con tanta soddisfazione e gioia, appena giungono a maturazione. “Quando il terreno deve riposare o i prodotti sono in incubazione – aggiunge Esposito – si lavora invece sull’educazione ambientale, sulla sana alimentazione; si fanno una serie di esperimenti di fisica o di botanica in modo che i bambini capiscano, per esempio, cosa sia la fotosintesi clorofilliana o il compostaggio e per renderli il più possibile consapevoli di ciò che mangiano o di come funziona la natura intorno a loro”. Lo scambio intergenerazionale in questo progetto è considerato, come dovrebbe sempre essere, un paradigma dal valore inestimabile. “Un orto – spiega Esposito – ha bisogno di una manutenzione e di una cura che siano costanti, perciò il grosso del lavoro viene svolto dai nostri ‘nonni ortolani’. Se non ci fossero loro, non ci sarebbe un orto fruibile dove i piccoli possano svolgere le loro attività. Loro insegnano ai bambini ogni cosa. Sono pensionati, tutt’altro che inattivi, anzi motivati e generosi, di quella generosità che genera innovazione sociale. Dal canto loro i piccoli li avvicinano con la stessa pazienza e amore, al mondo dell’informatica, all’uso delle App per la cura di un orto o per la sana alimentazione e questo scambio, questo incontro, che viaggia su più livelli, è come il lievito che fermenta il pane”.

Il richiamo alla Laudato si’

“Mens sana in corpore sano” si legge in un capoverso delle Satire di Giovenale: una locuzione latina tramandata nei secoli che la dice lunga su come il primo elemento di benessere ed equilibrio ecologico sia proprio l’uomo stesso nella sua integrità, al quale Dio, attraverso la natura e l’ambiente, ha dato tutto il necessario per stare bene, nutrendo il corpo e la mente. “Il nostro progetto – prosegue Esposito – fa eco a tanti punti importanti riportati da Papa Francesco nella Laudato si’. Ad esempio, proprio il capitolo 6 dell’enciclica, è dedicato all’educazione ecologica, alla necessità di mantenere quell’armonia che parte da una crescita interiore. E questa è l’ottica con cui ci troviamo a lavorare con i bambini per trasmettere loro il senso di responsabilità verso la Casa comune, il piacere della cooperazione con gli altri, e l’idea di mantenere un benessere psicofisico. Horticultura infatti lavora anche sui temi della sana alimentazione e noi sappiamo che molti disagi alimentari hanno una radice psicologica e relazionale. Il consumismo tra l’altro determina un approccio sbagliato al cibo e finisce per portare i ragazzi a coprire col cibo, la solitudine, la non accettazione di sé, la sofferenza. Sempre nel capitolo 6 della Laudato si’, il Pontefice si sofferma sul valore e l’importanza della bellezza che nel nostro progetto si concretizza proprio nell’arte, nei beni archeologici e culturali, parte integrante del nostro ambiente, che attraverso gli orti vengono ancora di più valorizzati: tanti ragazzi vengono a fare l’orto e poi visitano i siti museali restandone estasiati.”

Recuperare il bello distrutto dalle ecomafie

Ma in questa, ormai tristemente nota come Terra dei Fuochi, c’è un altro grave problema: quello delle ecomafie, ovvero il dilagare di tutte quelle attività illegali compiute da organizzazioni criminali di stampo mafioso che arrecano danni all’ambiente, non soltanto in termini di inquinamento o attraverso il traffico e lo smaltimento illegale di rifiuti, ma anche l’abusivismo edilizio su larga scala, incendi boschivi e illegalità nel mercato dell’agro alimentare: un insieme di crimini ambientali che frutta alle ecomafie un indotto milionario ma ovviamente depauperizza il territorio e i cittadini. In qualche modo il “concime buono” di Horticultura, arriva anche qui. “Tra le province di Napoli e di Caserta dagli anni ’90 in poi – prosegue Esposito – i traffici di rifiuti di ogni tipo e lo smaltimento illegale di essi hanno portato ad interrare in questi luoghi, soprattutto nelle campagne, tante sostanze nocive per l’ambiente e per l’uomo che hanno provocato danni materiali e problemi di salute diffusi, colpendo anche i bambini. Le ecomafie sono proprio l’emblema della mentalità consumistica, perché riducono e trattano la natura e le persone come delle cose, merce di loro proprietà. Perciò il recupero del bello, della coltivazione adeguata, di un’alimentazione biologica, attenta alla biodiversità, e ancor più di un’educazione ambientale che andasse a formare e a svegliare delle eco-coscienze, in questo nostro territorio così ricco eppure pieno di sacche di degrado, ci sono sembrati vettori necessari attraverso i quali promuovere il cambiamento”.

Il caso della Reggia di Caserta

Per riqualificare questi luoghi e sottrarli allo strapotere delle mafie, restituendoli alla collettività, il progetto ha già messo a segno un ottimo risultato nel Parco Reale che circonda la Reggia di Caserta, precisamente nel quartiere de’ I Liparoti, costruito a partire dal 1769 per accogliere i marinai di Lipari. L’ex villaggio entro la fine dell’anno sarà trasformato in punto di accoglienza sperimentale e destinato per la prima volta alla fruizione e ad attività laboratoriali ed educative: “aiutare i bambini a riscoprire l’agricoltura e il legame con la terra vuol dire anche aiutare l’intera comunità a riscoprire se stessa e la sua vocazione più autentica – dice Esposito – e da qui si possono pensare insieme modelli di sviluppo migliori di quelli portati avanti finora, basati per lo più sul consumo di suolo e la speculazione edilizia, per anni principale fonte di lucro della criminalità organizzata. Quello che noi facciamo è dunque operare un cambiamento di rotta, una conversione ecologica, che comincia dai più piccoli ma vuole diffondersi a tutti”. L’area de’ I Liparoti, di circa 1500 metri quadrati, era ricoperta da rifiuti e materiale di vario genere fagocitati dalla vegetazione, c’erano baracche e manufatti abusivi, realizzati in lamiera e con oggetti di recupero di ogni tipo. Recinzioni, depositi attrezzi, pollai. Dopo aver bonificato l’intera estensione dalle piante infestanti, dalle sterpaglie e dai rovi sono stati rinvenuti anche macerie edili, metallo, plastica e amianto. Horticultura è stata l’occasione per impegnare immediatamente l’area liberata e ripristinata, destinandola a qualcosa di bello e utile.

L’ecologia viaggia su Ortobus

A portare in giro per le strade e le piazze dei territori coinvolti il progetto Horticultura, ci pensa invece Ortobus, un furgoncino elettrico, a basso impatto ambientale, colorato di steakers di frutta e verdura che ad ogni fermata svela i suoi tesori e attrezza lo spazio per realizzare giochi interattivi con bimbi dai 6 ai 10 anni sviluppando le tematiche tipiche di Horticultura: la sana alimentazione, l’agricoltura, le tradizioni alimentari, lavorando soprattutto per contrastare la povertà educativa. “Molti bambini – racconta Esposito – oggi sono convinti che le cose che noi mangiamo nascano sugli scaffali del supermercato e quindi l’essere umano è relegato alla dimensione di compratore, di cliente, e questo vuol dire che noi adulti non siamo stati capaci finora di trasmettere loro il vero legame con la natura, con l’ambiente. Per i ragazzi non siamo affatto interconnessi e invece devono comprendere che questo legame c’è ed è molto forte: noi esistiamo in virtù dell’ambiente. In particolare qui dove la criminalità organizzata ha investito sull’offesa all’ambiente incoraggiando una cultura e un’economia di morte, noi vogliamo fare da contraltare attraverso la bellezza e la riqualificazione. Il ‘muso’ di Ortobus sta già attirando tanti consensi e tanta simpatia e sono molti i bambini di altre scuole che si stanno recando nei siti archeologici per visitare gli orti museali, molti anche gli insegnanti che chiedono di replicare l’esperienza dell’orto nei propri istituti, vista anche la sua versatilità didattica: in fondo l’orto non è altro che una grande aula all’aperto, dove insegnare la scienza dal vivo, conoscere e connettersi alla terra e avvicinarsi anche all’arte e alla storia”