Obiettivo del millennio: educare le nuove generazioni

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Preservare il patrimonio culturale religioso che appartiene a ciascuna delle religioni creando forme innovative di valorizzazione e utilizzo attraverso una stretta collaborazione con gli enti pubblici statali, regionali e comunali, è una delle riflessioni avanzate oggi da monsignor Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO, durante l’incontro internazionale on line organizzato da PRERICO (International Scientific Committee on Places of Religion and Ritual) ICOMOS (International Council on Monuments and Sites).

Con lo sguardo alle nuove generazioni

Nel suo intervento, monsignor Follo ha messo in evidenza quanto in particolare sia importante per l’educazione dei giovani, il “riutilizzo” e “la rigenerazione del patrimonio culturale religioso nel mondo” contribuiscono “significativamente all’obiettivo del millennio di educare le nuove generazioni”. È infatti a loro, ha proseguito l’Osservatore permanente presso la Santa Sede, “che queste radici culturali religiose daranno la sicurezza di un passato che può essere la base del presente e la guida del futuro”. A tale proposito, monsignor Follo ha messo in evidenza alcuni punti che la Santa Sede considera fondamentali.

Identificare i beni culturali religiosi

Allo scopo di restaurarli, custodirli, catalogarli, difenderli e promuovere nuove iniziative, è necessario, ha spiegato Follo, identificare chiaramente i beni culturali religiosi. Il passo successivo è quello di “stabilire una “filosofia” dei beni culturali che “ne favorisca una migliore conoscenza e un uso adeguato nell’insegnamento religioso, nella celebrazione dei riti religiosi e in una vera fecondità culturale che rispetti i luoghi sacri secondo la mens delle proprie religioni”.

La formazione degli artisti

Altro passaggio importante è quello della “formazione degli artisti e delle altre persone coinvolte (architetti, ecc.) sui contenuti teologici, liturgici e iconografici dei luoghi sacri per promuovere una collaborazione tra il mondo dell’arte e quello religioso che porti alla completa valorizzazione dei luoghi di interesse religioso (templi, sinagoghe, chiese, ecc.). Ultimo punto ma altrettanto fondamentale, è “organizzare in modo istituzionale la cooperazione tra i leader civili e religiosi senza dimenticare i proprietari e i cedenti”. I beni culturali religiosi, ha inoltre evidenziato Follo, sono tali “non solo per i loro intrinseci valori culturali o storici, ma anche per il loro significato puramente religioso, cultuale, attuale o anche storico”.

Come un ponte tra diversi Paesi

Poichè quasi tutto il patrimonio culturale religioso “ha conservato, e conserva nel tempo, la funzione originaria della sua creazione”, questi siti culturali sono, e possono essere ancora di più, “ponti tra paesi e popoli diversi, promuovendo una cultura dell’incontro nella pace, grazie al loro riferimento alla trascendenza di Dio, che è fonte di fraternità”. Ecco quindi che “La Santa Sede sostiene ogni iniziativa volta a promuovere la cultura e i beni che essa produce affinché la vita personale e sociale fiorisca nel bene, nel vero e nel bello”. Si tratta dunque, “di aiutare a conservare la memoria storica da trasmettere alle nuove generazioni, con quegli elementi che hanno formato l’identità di un popolo, di una nazione, e che portano con sé una componente di armonia, bellezza e senso di verità, capace di nobilitare e far crescere ogni uomo e donna nella propria umanità integrale”. Da qui il riferimento all’Enciclica Fratelli Tutti, in cui Papa invita al dialogo e a “stabilire amicizia, pace, armonia e a condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e di amore”.

Il desiderio della Santa Sede

A conclusione del suo intervento, l’Osservatore permanente della Santa Sede, ha espresso l’auspicio e il desiderio che la Santa Sede fa proprio:  permettere “che i luoghi di culto siano lasciati ai credenti, ai non credenti e alle generazioni future, secondo il principio che la salvaguardia del patrimonio culturale, compresa la sua fondamentale dimensione religiosa, è una condizione essenziale per la sua valorizzazione”.