di Alessandro Gisotti
“In guerra l’informazione è tutto. La disinformazione può minacciare delle vite”. È il monito dell’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU) in questi difficili mesi in Europa segnati dalla guerra in Ucraina. L’EBU è la più grande organizzazione mondiale dei media di servizio pubblico con 115 enti membri in 56 paesi e altri 31 associati in tutto il mondo. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, l’EBU si è impegnata a sostenere i giornalisti che raccontano l’orrore della guerra sul terreno. In questa intervista con i media vaticani – realizzata presso la sede dell’EBU a Ginevra – il direttore generale dell’organizzazione, Noel Curran, si sofferma sulla necessità di un giornalismo accurato e credibile, soprattutto in situazioni di crisi come la pandemia o questa terribile guerra nel cuore dell’Europa.
Durante la pandemia da Covid-19, i media di servizio pubblico hanno svolto un ruolo molto importante. Qual è la sua valutazione sul loro ruolo in questa guerra in Ucraina?
Ritengo che i media di servizio pubblico svolgano un ruolo essenziale nell’informare la gente sulla guerra in Ucraina. La nostra produzione è costituita in gran parte da notizie, specialmente per radio. Penso che siamo in prima linea nel raccontare la guerra e l’impatto che ha avuto sul popolo ucraino. Ritengo che attraverso le emittenti radiofoniche come Radio Vaticana questi servizi abbiano raggiunto il mondo intero, mentre con altre emittenti la diffusione è stata nazionale. C’è poi una copertura radiofonica consistente a livello regionale. Abbiamo fornito notizie attendibili di qualità, ed è per questo che c’è tanta fiducia nei confronti dei media di servizio pubblico. Inoltre, abbiamo sostenuto le emittenti pubbliche in Ucraina, che sono nostri membri, con antenne satellitari, telefoni, attrezzature. Abbiamo inoltre dato sostegno al popolo ucraino. Attraverso iniziative come concerti e raccolte fondi, è stato finora raccolto oltre mezzo miliardo di Euro. È stata organizzata una grande varietà di eventi. Come direttore generale dell’EBU sono molto orgoglioso del modo in cui i media di servizio pubblico hanno risposto a questa terribile guerra.
L’EBU è impegnata a sostenere un’informazione corretta e accurata, specialmente in questa difficile situazione in Ucraina. C’è qualche iniziativa a tale riguardo di cui ci vorrebbe parlare?
Credo che le cose più importanti che offrono l’EBU e i media di servizio pubblico sono le notizie affidabili di qualità, gli investimenti nella formazione dei giornalisti, gli investimenti nell’inviare giornalisti nelle zone di guerra. Ci sono anche altre iniziative che coinvolgono l’EBU. Partecipiamo alla cosiddetta Journalism Trust Initiative con partner come Reporter senza frontiere e molte altre organizzazioni, volta a verificare che le notizie e le coperture giornalistiche siano attendibili. Facciamo parte della cosiddetta TNI, ovvero la Trusted News Initiative, che coinvolge anche la BBC. Investiamo molto, come media di servizio pubblico, nella verifica delle notizie. Abbiamo una nuova iniziativa, partita dall’EBU, sulla libertà di parola. Ci sono anche numerose iniziative che riguardano la formazione per la sicurezza dei giornalisti, specialmente quelli che operano nelle zone di guerra. Affrontiamo questo aspetto partendo da aree diverse. È un tema del quale siamo consapevoli e che ci coinvolge molto.
Papa Francesco ha espresso la sua gratitudine ai giornalisti che rischiano la propria vita per raccontare ogni giorno l’orrore della guerra, di ogni guerra e non solo di questa scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Quanta consapevolezza c’è nell’opinione pubblica europea dell’importanza di raccontare sul posto, dalle zone di guerra?
Penso che sia molto importante che figure di rilievo mondiale come Papa Francesco abbiano sottolineato la questione dei giornalisti in guerra. Tutti sono grati nel constatarlo. Ritengo che la gente ne sia consapevole perché vediamo che sono in tanti a rivolgersi ai media di servizio pubblico, che i dati sulla fiducia nei media di servizio pubblico sono molto più alti rispetto a quelli relativi ai media commerciali e notevolmente più alti rispetto a quelli dei social media. Credo quindi che il pubblico sia consapevole. Capisce però quanto è difficile il nostro lavoro giorno dopo giorno? Sa quante difficoltà hanno i media anche solo a inviare i reporter nelle zone di guerra? Probabilmente no. Forse il pubblico non conosce la dimensione globale di tutto ciò. E non sono sicuro che la debba conoscere. Quello è il nostro lavoro. Fare tutto questo e raccontare è compito dei giornalisti, ma penso che il pubblico comprenda l’importanza di ciò che i media stanno facendo in quelle terribili zone di guerra. Credo che lo capisca.
Come la pandemia, anche la guerra in Ucraina – come già diceva – ha sottolineato l’importanza della radio come mezzo di comunicazione credibile e affidabile, mentre i social media sono spesso veicolo di notizie false …
Per quanto riguarda l’informazione, tra tutti i media la radio è la fonte più affidabile. Tutte le nostre indagini lo confermano. Il pubblico la considera più affidabile della TV. È considerata molto più affidabile dei social media. Penso che il rapporto tra la radio e il pubblico sia assolutamente unico. Se si pensa al ruolo della radio, come ho già detto, Radio Vaticana per esempio ha un ruolo mondiale ma non dobbiamo dimenticare il ruolo a livello nazionale della radio e nemmeno quello regionale. A parte le notizie contro le fake news, che è un compito fondamentale, sotto molti aspetti la radio consente molto di più il discorso pubblico rispetto alla televisione e certamente rispetto a tante piattaforme mediatiche. Si ascoltano le voci, si ascoltano le esperienze pubbliche, riflessioni e storie personali. Penso inoltre che in tempi di crisi la radio sia fondamentale per consentire alla gente di accedere alle informazioni di pubblica utilità, come abbiamo osservato durante la pandemia da Covid-19, ma come vediamo anche in qualsiasi altra crisi si presenti. Credo che la radio abbia un ruolo unico, così come è unico il suo rapporto con il pubblico, e mi auguro che possa continuare a lungo perché le radio di servizio pubblico hanno lavorato duramente per guadagnarselo.