Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Sono quattro milioni e mezzo i nicaraguensi chiamati a recarsi domani, domenica 7 novembre, alle urne per scegliere il presidente, il vicepresidente, i 90 deputati della Asamblea Nacional e i 20 del Parlamento centramericano. I risultati provvisori arriveranno la settimana successiva al voto, mentre l’insediamento è previsto il 10 gennaio 2022. Tra i candidati il presidente uscente Daniel Ortega, che punta alla conferma e, dunque, al quarto mandato consecutivo dal 2007 ad oggi, il quinto totale, considerando anche quello dal 1985 al 1990, durante la rivoluzione sandinista.
Arresti e tensione
Si tratta di elezioni controverse, che si svolgono in un clima di tensione che ha visto, fra gli altri, l’arresto di sette aspiranti candidati presidenziali. Oltre a loro, sono in stato di fermo anche alcuni attivisti, politici ed imprenditori, per un totale di 37 persone. La maggior parte è stata accusata di cospirazione, riciclaggio o tradimento in base alla legge 1055 per “la difesa dei diritti del popolo all’indipendenza, la sovranità e l’autodeterminazione per la pace”. Lo scorso 30 giugno si è tenuta una seduta pubblica della Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH), convocata nello specifico per affrontare la situazione politica in Nicaragua, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali. “Ciò che avevamo identificato come uno stato di costante violazione, nelle ultime settimane è sfociato in una grave asfissia dell’esercizio delle libertà civili e politiche”, aveva avvertito a tre mesi dal voto Pedro José Vaca, relatore speciale per la libertà di espressione, riferendosi proprio agli arresti di decine di personalità del Paese.
La replica del governo
Questa estate, dunque, la CIDH ha presentato un rapporto in cui si sostiene che le elezioni del 7 novembre in Nicaragua mirano a perpetuare al potere il presidente uscente Daniel Ortega. Il contenuto del rapporto è stato però respinto dal governo di Managua, secondo cui non è altro che “una sceneggiatura malvagia, manipolatrice e palesemente prevenuta”. Giovedì 4 novembre, con una nuova risoluzione – la terza da giugno – la Corte interamericana per i Diritti Umani ha ordinato al Nicaragua di rilasciare la candidata alla presidenza Cristiana Chamorro ed altri 13 detenuti.
La richiesta dei vescovi
Chiedono elezioni “libere, eque e trasparenti” i vescovi del Nicaragua, in una nota pubblicata lo scorso mese sulla loro pagina Facebook ed intitolata “Il mio aiuto viene dal Signore”. “Ogni nicaraguense – scrivono – dovrebbe decidere e agire secondo la dignità interiore e inviolabile della sua coscienza, liberamente, per fare ciò che considera più giusto e conveniente in questo momento per il Paese”. Ricordando, poi, che “una democrazia autentica è frutto dell’accettazione convinta di determinati valori, quali la dignità di ogni persona, il rispetto dei diritti umani e la ricerca del bene comune come fine e criterio regolatore della vita politica”, la Conferenza episcopale nazionale ribadisce che “se non c’è un consenso generale su questi valori, il significato della democrazia si perde e la sua stabilità viene compromessa”.