Mozambico: le violenze dei jihadisti non risparmiano i bambini

Vatican News

Michele Raviart – Città del Vaticano

“Quella notte il nostro villaggio è stato attaccato e le case sono state bruciate. Quando tutto è iniziato, ero a casa con i miei quattro figli. Abbiamo cercato di scappare nel bosco, ma hanno preso mio figlio maggiore di 12 anni e lo hanno decapitato. Non abbiamo potuto fare nulla perché saremmo stati uccisi anche noi “. A parlare è una madre di 28 anni della regione di Cabo Delgado nel nord-est del Mozambico, dal 2017 teatro di un’offensiva jihadista che ha causato finora 2600 morti, dei quali la metà sono civili, e quasi 670 mila sfollati.

Bambini reclutati dalle milizie

La testimonianza è stata raccolta dall’ong Save The Children, che opera nel Paese dagli anni ’70, in un comunicato che analizza fatti avvenuti nell’arco dell’ultimo anno, sottolineando, attraverso i racconti degli sfollati, un’escalation degli attacchi ai villaggi e alla popolazione civile, che coinvolgono direttamente e anche indirettamente bambini. “Sappiamo senz’altro che anche bambini e minori sono oggetti di violenza inaudita”, spiega Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children Italia. “Moltissimi vengono reclutati dalle milizie e se in qualche modo si rifiutano, o i loro genitori rifiutano, spesso vengono uccisi. Molte testimonianze sono orribili, si tratta di violenze di ogni tipo di fronte alle quali i nostri stessi operatori che hanno raccolto le testimonianze piangono e fanno fatica ad accettare”.

Ascolta l’intervista a Filippo Ungaro

Sfollati aumentati di sette volte in un anno

La regione di Cabo Delgado è la più povera del Mozambico e oltre agli attacchi dei jihadisti legati al sedicente Stato Islamico  – lo scorso i novembre i media locali avevano riferito di 50 persone decapitate in uno stadio di calcio – ha dovuto affrontare anche le gravi conseguenze del ciclone Kenneth nel 2019 e delle alluvioni dello scorso anno. “Il numero degli sfollati interni quest’anno è sette volte più grande rispetto all’anno scorso, a testimonianza di come la crisi si sia fortemente acuita”, ribadisce Ungaro.

Un’emergenza per tutta l’Africa

L’insurrezione a Cabo Delgado non è solo un problema mozambicano: è un’emergenza regionale, quindi un fardello per tutta l’Africa che non può essere ignorato a livello globale”, aveva ricordato qualche giorno fa l’Associazione dei Consigli delle Chiese dell’Africa meridionale, chiedendo azioni urgenti a sostegno della popolazione terrorizzata dai jihadisti da parte delle autorità mozambicane e agli organismi per fermare le violenze e riportare la sicurezza nella provincia.

Poco interesse internazionale su questa crisi

Gli aiuti internazionali tuttavia sono pochi. “In questo momento stiamo rispondendo a questa specifica emergenza a Cabo Delgado e stiamo aiutando, dando generi di prima necessità, fornendo anche progetti di educazione e di protezione dei bambini per gli sfollati interni, ma i bisogni sono enormi”, conclude Ungaro. “La gente non ha cibo, letteralmente non mangia per giorni e giorni, non ha acqua pulita, non ha accesso a cure sanitarie. Anche in quella zona come in tutto il mondo c’è la diffusione della pandemia il cui tracciamento è sostanzialmente impossibile. E gli aiuti internazionali non riescono a fare fronte a tutto”.