Chiesa Cattolica – Italiana

Monsignor Duffé: la sfida è camminare assieme ai migranti

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Ogni migrante dietro di sé ha un viaggio, ha un dolore intimo e ha una speranza, quella di essere considerato e riconosciuto come persona, essere chiamato per nome essere accolto. Monsignor Bruno Marie Duffé, segretario del Dicastero dello Sviluppo Umano Integrale, ribadisce ciò che aveva già indicato ieri durante la conferenza stampa di chiusura della campagna della Caritas Internationalis “Share the Journey – condividiamo il viaggio”, aperta lo scorso 27 settembre da Papa Francesco e che terminerà il prossimo 20 giugno in occasione della Giornata mondiale del rifugiato: è quanto mai urgente, sotiene, “permettere che le persone possano esprimersi attraverso i loro talenti e promuovere questi talenti”, non dimenticando mai la necessità di difendere la dignità della persona”:

Ascolta l’intervista con monsignor Bruno Maria Duffé

Questa campagna ha aiutato molte persone a non considerare i migranti solo semplicemente come migranti, ma come persone con diritti, talenti, con una memoria e una speranza. Quindi, “Share the journey” – in italiano “condividere il cammino” – o anche possiamo dire condividere l’esperienza della migrazione, vuol dire incontrare, vivere una reciproca ospitalità e scoprire il messaggio che porta con sé ogni persona che vive la migrazione. Quindi, è un incontro che cambia la maniera di considerare le persone che migrano e che fa vivere una storia comune, una storia e una speranza comune, con la possibilità di costruire una società con tutte le differenze, che vada verso un futuro e un bene comuni. Io penso che questa campagna abbia aiutato la considerazione reciproca.
 

Un aspetto molto importante che questa campagna ha anche sottolineato è che bisogna lavorare sulle cause delle migrazioni…

Sì, sì, questa è l’altra sfida della campagna. Come dice Papa Francesco si deve accogliere, proteggere, promuovere e integrare, ma anche trovare la possibilità di conoscere meglio i Paesi da dove vengono i migranti, conoscere di più le situazioni di violenza o di povertà o rese difficili dal clima. Si deve immaginare una collaborazione con questi Paesi e, quindi, pensare alla possibilità per i migranti, se vogliono e se possibile, di rientrare nelle loro terre e vivere la loro vocazione, partecipare alla costruzione dei loro Paesi. Io penso soprattutto ai migranti che arrivano da Siria e Iraq, dobbiamo pensare al futuro di questi Paesi, dobbiamo pensare al futuro dei giovani di questi Paesi e anche ad una collaborazione. Le Chiese le religioni hanno un ruolo e una responsabilità per questo incontro e per questa futura collaborazione.
 

La Campagna si chiude il 20 Giugno dopo quasi quattro anni e si chiude in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. Lei ha un messaggio particolare da trasmettere per questa celebrazione?

Si chiude la campagna ma noi continuiamo a vivere insieme questa sfida, quella di trovare insieme con i migranti, e non solamente per loro, un cammino di speranza e di pace. La storia dell’uomo è una storia di incontro, di reciproca stima, e questo è molto importante sia per l’oggi che per il domani. Esiste una relazione tra la speranza delle persone qui in Europa e la speranza dei migranti. La speranza dopo la pandemia del Covid 19 è quella di vivere di nuovo in modo semplice, in modo fraterno, le sfide e le speranze dei migranti sono quelle di trovare amici, fratelli e sorelle per vivere la speranza di una società diversa, di una società pacifica che permetta ai bambini e a tutti di vivere una vita degna. Quindi, il messaggio ce lo dice il Papa è quello di techo, tierra e trabajo: il tetto significa offrire una protezione, la terra vuol dire offrire un luogo per vivere insieme e lavoro vuol dire costruire una società di diritti e di fraternità. Questo è il messaggio per oggi e per domani. Per continuare la campagna “Share the journey” occorre condividere la speranza.

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