Chiesa Cattolica – Italiana

Mokrani e Salvarani: Documento Fratellanza è un nuovo inizio

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

Il prossimo 4 febbraio Papa Francesco celebrerà la Giornata Internazionale della Fratellanza Umana partecipando a un evento virtuale assieme al Grande Imam di Al-Azhar Al-Tayyeb, il leader religioso musulmano con cui due anni fa ad Abu Dhabi firmò il “Documento sulla Fratellanza Umana, per la Pace mondiale e la convivenza comune”. Il testo racchiudeva un forte invito a riscoprirsi fratelli per promuovere insieme la giustizia e la pace, garantendo i diritti umani e la libertà religiosa ed è considerato una pietra miliare nello sviluppo del dialogo islamo-cristiano. Lo conferma il colloquio che – proprio a partire da quel documento – hanno intessuto recentemente il teologo musulmano Adnane Mokrani e il suo collega cattolico Brunetto Salvarani nel volume “Dell’umana fratellanza e altri dubbi” dell’Edizioni Terra Santa. Ai microfoni di Radio Vaticana Italia i due studiosi, esperti di dialogo interreligioso, hanno riflettuto sull’attualità del Documento di Abu Dhabi.

L’intervista a Adnane Mokrani e Brunetto Salvarani

Una voce profetica

Secondo Adnane Mokrani, docente di studi islamici e di relazioni islamo-cristiane presso la Pontificia Università Gregoriana, il documento rappresenta “una sorta di ‘road map’ per il dialogo interreligioso, le relazioni islamo-cristiane e il futuro dell’umanità”. “La fratellanza è un’esigenza, una sete e una necessità vitale per l’umanità, perché viviamo una crisi molto profonda, su tutti i fronti”, ha spiegato Mokrani. “Dunque in questo caos, in questo disordine mondiale, ci voleva una voce profetica, una voce critica che ci facesse ricordare i valori fondamentali: ed è quello che ha fatto il Papa”.

Il coraggio dell’alterità

Brunetto Salvarani, docente di Teologia della Missione e del Dialogo presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, ricorda con emozione quel 4 febbraio del 2019 e la diretta televisiva da Abu Dhabi. “Quando Papa Francesco ha detto che occorreva avere ‘il coraggio dell’alterità’, io ho percepito che si stava davvero compiendo un salto di qualità nel lavoro del dialogo. Ma non solo sul piano di quello cristiano-islamico – che pure è fondamentale – ma sul piano del dialogo a tutto campo”. Secondo Salvarani “il Documento sulla Fratellanza e poi l’enciclica Fratelli tutti vanno veramente nella direzione di un nuovo inizio, di un nuovo modello di dialogo che accetta pienamente il pluralismo religioso e culturale nel quale siamo immersi”.

“Serve autocritica”

Ma come è stato accolto il Documento nel variegato universo islamico? Secondo il prof. Mokrani “c’è tutt’ora una grande attesa da parte islamica, da parte di tutti gli uomini e le donne che sono impegnati nel dialogo e nel cammino di umanizzazione, come missione e come visione”. “Questo documento ha sicuramente offerto un discorso chiaro comune e condivisibile, un piano che possiamo realizzare insieme, come una missione interreligiosa”. Questo, secondo il teologo musulmano “è un segno profetico importante”. “Ma prima – spiega Mokrani – dobbiamo fare autocritica perché non siamo ancora al livello di quelle parole. Dobbiamo considerare insieme cosa si può fare concretamente per realizzare quel documento, ma è un grande impegno, non è facile”.

La Nostra Aetate è oggi più viva

Al paragrafo 5 della sua Enciclica sociale, Fratelli tutti, Papa Francesco ha affermato di averla scritta sentendosi “stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb” con il quale – aggiunge Francesco – “mi sono incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro”. Questa citazione, spiega il prof. Mokrani, rappresenta sicuramente un fatto notevole per il mondo musulmano”. “Dall’inizio del suo Pontificato Papa Francesco nei suoi documenti, nelle sue encicliche o lettere, a volte nelle note, altre volte nel testo stesso, ha spesso inserito dei riferimenti, degli accenni, al mondo islamico”, nota lo studioso. “Dunque è evidente che oggi il lavoro pastorale non può ignorare la diversità, non può ignorare l’altro: l’altro deve essere incluso e considerato”. “L’università di Al-Azhar, in Egitto rappresenta un’istituzione islamica prestigiosa e antica”, ricorda Mokrani. “Dare voce a questo tipo di istituzioni è molto importante e dare credibilità all’Imam Al-Tayyeb come partner di dialogo, come amico e fonte d’ispirazione, è importantissimo ed è un grande onore”. “La stima reciproca che c’è tra questi due leader religiosi fa sì che la dichiarazione conciliare Nostra Aetate possa essere più efficace, più viva”.

Pandemia: tempo di pentimento

Il secondo anniversario della firma del Documento sulla Fratellanza di Abu Dhabi ricorre quest’anno mentre l’umanità lotta ancora contro una drammatica e inaspettata pandemia. Un’emergenza che puà stimolare il dialogo e la collaborazione tra le religioni? Secondo il prof. Mokrani “la pandemia ha fatto emergere ancora di più la nostra fragilità, la nostra debolezza. Vediamo la morte in faccia quotidianamente, perché dappertutto ci sono persone che muoiono tutti i giorni”. Secondo il teologo musulmano questa situazione potrebbe essere “occasione di pentimento, ripensamento e spiritualità”. “È un tempo in cui siamo chiamati a chiedere aiuto a Dio per salvarci, ma allo stesso tempo a collaborare con Dio e a collaborare con tutti per uscirne insieme”. Secondo Mokrani, davanti alla pandemia, “si vede chiaramente che il nostro destino è unico, non ci sono destini separati e nessuno si salva da solo”. Anche l’emergenza della distribuzione del vaccino – conclude – ci fa vedere atteggiamenti di egoismo, la distanza sociale tra i ricchi e i poveri, i potenti e i deboli. Dunque ci chiede di intervenire per aiutare tutti senza discriminazioni”.

Una sofferenza che trasforma in profondo

Riflessioni simili arrivano dal professor Salvarani che sottolinea come “siamo tutti sulla stessa barca”. “Il Papa l’ha ripetuto molte volte, anche quel famoso 27 marzo scorso – ricorda il teologo cattolico – e noi stiamo vivendo la condizione di chi s’interroga, soffre e immagina scenari futuri, ma non possiamo far finta che questa situazione non stia trasformando, a mio parere nel profondo, il carattere delle nostre fedi e delle nostre tradizioni”. “Ho l’impressione – aggiunge Salvarani – che avremo ancora molto bisogno di ragionare, di riflettere sul senso di questi ‘segni dei tempi’, come li chiamava Giovanni XXIII, e che ci sia molto margine per un lavoro comune”. “Abbiamo bisogno di camminare insieme perché la consapevolezza della nostra limitatezza e della nostra fragilità – conclude – non è una caratteristica di una o dell’altra religione ma, per dirla con Ernesto Balducci, è carattere dell’uomo planetario”.

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