Ma Dio interviene nella storia? In un libro le risposte ad una domanda quanto mai attuale

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Avvenimenti drammatici o dolorosi come le guerre, le calamità naturali, la sofferenza dei bambini e degli innocenti, fanno riemergere con forza, di volta in volta, un interrogativo che da sempre l’uomo si è posto e cioè se e in quale modo Dio agisce di fronte al male. E’ una domanda che in modo particolare ritorna in questi giorni sconvolti dalla guerra in Ucraina e che implica il tema della relazione tra Dio e il mondo, tra Dio e le sue creature. Per i credenti l’interrogativo è anche come conciliare la fede nell’amore e nella paternità di Dio con quanto si sperimenta nella propria quotidianità. “Quanto avvenuto nella storia del Novecento, si legge nell’Introduzione al volume, ha sicuramente messo in crisi una certa visione tradizionale, suscitando domande del tipo: dov’era Dio ad Auschwitz?”. Quella tragedia ha provocato uno “sconvolgimento” nella teologia cristiana, ma per primo l’ebraismo si è interrogato sul perchè Dio non fosse intervenuto per fermarla.

La presenza di Dio secondo la fede cristiana

Nel libro edito di recente da Città Nuova “Ma Dio interviene nella storia?”, l’autore Santi Grasso offre una risposta efficace alla questione attraverso la lettura di alcune pagine bibliche, spesso interpretate in modo approssimativo e qualche volta anche pericoloso, proponendo un viaggio nell’autenticità della fede cristiana che si presenta lontana da quel certo miracolismo o eccesso di irrazionalità con cui a volte, anche oggi, si esprime. E lontana anche dalla visione di causa-effetto che da sempre ha cercato di spiegare il male interpretandolo come la punizione divina provocata dal peccato dell’uomo. Uno schema messo in crisi da Gesù, in particolar modo con la sua morte, lui innocente, in croce.

L’azione di Dio e la responsabilità dell’uomo

Santi Grasso, è professore di esegesi del Nuovo Testamento presso la Facoltà Teologica del Triveneto, presso lo Studio Teologico Interdiocesano di Gorizia-Trieste-Udine e presso l’Istituto di Scienze Religiose di Udine e Gorizia. Rappresenta la Cei e l’Associazione Biblica Italiana alla Federazione Biblica Cattolica Mondiale. Ai microfoni di Vatican News, ripercorre la sua indagine aiutandoci a comprendere quale ruolo immenso Dio abbia affidato agli uomini e alle donne di tutti i tempi e come continuamente li sostenga con il dono della sua Parola e del suo Spirito.

Ascolta l’intervista al professor Santi Grasso

Professore, cominciamo dal titolo: “Ma Dio interviene nella storia?” L’uscita in libreria del suo testo non poteva prevedere la guerra in Ucraina, ovviamente si fa voce di una domanda che la precede. Quanto è forte nell’uomo, in noi, questo interrogativo?

E’ molto forte, perchè credo che non sia semplicemente una domanda intellettuale, ma che sia la domanda di ogni essere umano. Nelle società antiche trovava una risposta molto chiara, cioè: Dio, o le divinità, certamente intervengono nella storia. Le rappresentazioni di questi interventi sono varie: la cultura greca pensa alla concezione del fato che diventa un fato implacabile, spesso anche molto duro, ma presenta anche la visione delle divinità arrabbiate, rancorose, vendicative e quindi la tensione che gli uomini, e soprattutto gli uomini famosi, dovevano fare per non creare invidia nelle divinità. Però poi abbiamo anche la visione più comune nella Bibbia, dove il peccato dell’uomo viene punito da Dio in termini storici e quindi la storia di Israele con tutte le sue crisi e le sue negatività spesso viene vista come il risultato di un peccato precedentemente commesso e che Dio, appunto, viene a punire attraverso i vari scacchi storici. Per arrivare ad una concezione che si sviluppa nel mondo latino e poi nel mondo cristiano che è quella della Provvidenza, secondo cui tutto avviene secondo una grande orchestrazione da parte di questa Provvidenza divina che ammanisce a tutti ora cose buone, ora cose cattive. Evidentemente la scienza viene a mettere in crisi tutte queste visioni. E allora il cristiano oggi si deve porre la domanda “Dio interviene o meno nella storia?” e “queste interpretazioni che ormai sono chiaramente ancestrali, possono ancora essere valide e interpretative dell’essere umano di oggi?”. Appare evidente che non lo sono più. Bisogna allora ritornare alla Parola di Dio, non in una lettura strumentalizzata, ma una lettura libera per capire che sì, Dio interviene nella storia, perchè altrimenti avremmo l’immagine di un Dio “motore immobile” e questo non è il Dio secondo la tradizione ebraico-cristiana, ma Dio interviene con certi criteri e con certe modalità.

Già nella lettura del libro della Genesi, lei fa emergere una visione diversa di Dio che fa un passo indietro rispetto all’uomo perché affida all’uomo il creato, ad esempio…

Certamente, nel racconto della Genesi si capisce molto bene come alla conclusione della creazione il vero protagonista della scena umana, non sia più Dio ma, appunto, è la coppia con la sua discendenza e Dio entra in una sfera particolare che è quella dello shabbat, che non è il riposo di Dio – questa è un’interpretazione un po’ antropomorfizzata di Dio -, mentre invece il verbo shabbat, vuol dire astenersi, cessare, quindi Dio si pone in un atteggiamento che è quello di colui che si ritira per far spazio all’umanità nella sua espressione e nella sua azione.

Un intero capitolo del suo libro è dedicato al profeta Elia e qui si vede una frattura tra la certezza che al giusto Dio non può che rispondere con i suoi doni, e l’evidenza della realtà in cui il giusto soffre e va incontro anche al fallimento. Su questa linea poi ci sarà Giobbe e la stessa storia di Gesù. Dio è presente ma, lei scrive, non immischiato nelle alterne vicende della vita. Ci dice qualcosa di più? 

La vicenda di Elia comincia con una concezione di Dio che è fortemente interventista nella storia, però poi le vicessitudini che vive, gli fanno capire che Dio non è più quel Dio che con una bacchetta magica interviene a spron battuto a suo favore contro gli altri che lo perseguitano. In questo percorso di evoluzione nel rapporto con Dio, il profeta deve arrivare alla consapevolezza di un Dio che è “voce di silenzio”, cioè che non interviene e non vuole intervenire perché, appunto, la storia ha una sua autonomia e Elia deve incontrare il Dio, non perché gli dà qualche cosa o si manifesta come potente, ma perché Dio è Dio e la relazione con lui prescinde dagli elementi che nella vita di tutti possono essere positivi e negativi. 

C’è poi un fatto che cambia tutto nel rapporto tra Dio e l’umanità e cioè l’Incarnazione. Da allora in poi l’intervento di Dio, cito il suo libro, rispetterà sempre la logica dell’incarnazione…

Sì, è il momento, il Nuovo Testamento, in cui c’è una progressione riguardo alla concezione di Dio e quindi di conseguenza anche di quello che Dio fa nella storia. L’Incarnazione diventa il nuovo modello interpretativo della sua azione nella storia. Che cos’è l’Incarnazione? Noi spesso leggiamo la pagina dell’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria semplicemente come un testo per glorificare la donna, Maria, che partorisce il Figlio, ma in realtà questo testo ha una profondità molto più grande. E’ un testo che dice come, quando l’azione dello Spirito raggiunge l’essere umano, questo essere umano può “partorire” una storia messianica. Cioè può generare, naturalmente tramite l’accoglienza consapevole dello Spirito, una storia diversa, e questa è una nuova acquisizione. L’incarnazione non riguarda solo la vicenda peculiare, eccezionale di Gesù, ma è anche il modello interpretativo della storia di tutti e cioè: l’accoglienza dello Spirito fa partire una storia diversa quando l’essere umano si compromette in maniera personale con l’azione dello Spirito stesso.

In altre parole, ma sempre prese dal suo libro, lei sostiene che Dio non si identifica con la storia, ma neppure però se ne astrae. Agisce tramite lo Spirito accolto dall’uomo, cioè è l’uomo illuminato che agisce?

L’uomo riempito dallo Spirito. Cioè quell’uomo che accoglie lo Spirito e consapevolmente interpreta poi la propria esistenza ed è lui che deve modificarla: noi vediamo che non può che essere così perché se pensiamo alle grandi tragedie del Novecento, queste ci dicono che l’uomo nella storia se vuole può fare tutto, le cose peggiori. Perchè Dio non lo ferma? Perchè evidentemente c’è una modalità di intervento di Dio nella storia che non è quella che noi pensiamo di solito in maniera superficiale o popolare, perché altrimenti tutta la storia del Novecento, ma potrei dire tutta la storia dell’umanità con tutte le sue distruzioni, non si potrebbe spiegare. La presenza di tutto questo male nel mondo, anche le vicende terribili che stiamo vivendo oggi con la guerra in Ucraina, senza un’interpretazione corretta porta semplicemente a concludere che Dio non esiste: questa è la reazione di chi, pensando classicamente o tradizionalmente a un Dio che interviene nella storia, resta completamente deluso e la conclusione non può che essere l’ateismo.

Noi siamo tutti invitati in questo periodo ad intensificare la preghiera per chiedere a Dio, a Maria, il dono della pace, come dobbiamo vivere, alla luce di quanto abbiamo detto finora, questa invocazione?

Io credo che sicuramente questo tipo di preghiera è un’azione di solidarietà e di condivisione con questo popolo che in questo momento subisce questa invasione così tragica, però dobbiamo anche renderci conto, proprio attraverso la preghiera, che ci sono delle grandi responsabilità umane e che nessuno può più vivere in maniera individualistica la propria esistenza e che dobbiamo cominciare ad acquisire una concezione della politica di natura diversa, con una consapevolezza diversa. La preghiera, quindi, non è semplicemente legata ad un’azione di intervento di Dio, ma sicuramente è più matura e più vera quando ci porta ad interrogarci su quello che noi possiamo fare, sulle responsabilità che noi possiamo esercitare, sui “no” che dobbiamo dire quando una politica va a rotoli.

Ma possiamo comunque chiedere a Dio anche di aiutarci a fare qualcosa? Possiamo affidargli i nostri cari, magari ammalati, oppure di fronte alla difficoltà o un ostacolo da superare, possiamo chiedere il suo aiuto?

Certo, certo, ma sempre nella consapevolezza che l’aiuto di Dio è un aiuto che non può essere fattuale, ma è un affidarsi a Dio nell’accoglienza del suo progetto, della sua volontà, perché io penso che noi preghiamo frequentemente per chiedere a Dio di attuare le nostre idee, le nostre visioni, i nostri progetti, ma la preghiera è esattamente il contrario, la preghiera è rivolgersi alla Parola di Dio e capire attraverso questa Parola che cosa Dio ci chiede di fare.

E allora la vera fede è credere all’amore di Dio per noi qualunque cosa accada?

Sì, è così. Non legarsi a Dio per essere tutelati. Il Vangelo sconvolge un po’ questa idea: quando Gesù manda in missione i discepoli dice loro che vivranno momenti difficili e duri. La religione non è una sorta di salvacondotto, ma anzi diventa esporsi al rischio, al pericolo, alle varie situazioni drammatiche della vita. Abbiamo un po’ perso questo senso del Vangelo, prendendo la religione più che altro come una sorta di tutela per la nostra incolumità.

Comunque, vivendo secondo Dio si è anche più felici già su questa terra…

Certo, perché εὐαγγέλιον (evanghélion), la parola greca che noi traduciamo con Vangelo significa l’annuncio di una buona notizia che cambia la vita, è una notizia che fa esplodere la vita nel senso delle sue potenzialità, nel senso della forza della vita stessa.