L’Università Cattolica alla Mostra di Venezia: ricerca e formazione sull’audiovisivo

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Lido di Venezia

Il cinema, da sempre caleidoscopio dell’animo e delle possibilità umane, ha un insostituibile valore culturale e la capacità di raccontare un Paese, e quindi è fattore di crescita economica e turistica per i territori, offre possibilità di futuro professionale per i giovani ed è occasione di innovazioni linguistiche e industriali. Ne sono convinte l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione Ente dello Spettacolo, che alla 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia hanno promosso due eventi incentrati su ricerca e formazione nel settore del cinema e degli audiovisivi.

Seimila interviste a viaggiatori europei su turismo, film e tv

In particolare, nello spazio Fondazione Ente dello Spettacolo all’Hotel Excelsior al Lido di Venezia, si è parlato di “Territori mediali: come la comunicazione, il cinema e la televisione raccontano e rappresentano i luoghi e quali opportunità per le destinazioni nazionali”. Lo spunto è stata la presentazione della ricerca appena realizzata dal Certa, Centro di ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica, su “Comunicazione, media e turismo: lo sviluppo di notorietà e attrattività delle destinazioni turistiche italiane”. Intervistando per circa 20 minuti 6mila europei (2000 italiani e poi mille spagnoli, francesi, tedeschi e inglesi), ha spiegato Massimo Scaglioni, direttore di Certa, si è cercato di capire “quanto i media audiovisivi, in particolare il cinema, la serialità, la televisione, la pubblicità sono in grado di generare notorietà su alcuni luoghi, immagini, e innescare meccanismi di desiderabilità”. Perché è noto che i media, in questo ambito, “svolgono un ruolo essenziale per promuovere le destinazioni turistiche e per costruire un immaginario e uno story telling sui luoghi italiani”. E quindi possono contribuire “a far ripartire e far crescere un settore, come il turismo, penalizzato dalla pandemia, ma che resta un motore essenziale per il Pil dell’Italia”.

Per il 56 per cento i media influiscono sulla scelta del viaggio

Dall’indagine, ha chiarito Scaglioni “è emerso che il 56% dei turisti viaggiatori europei riconosce che i contenuti audiovisivi hanno contribuito a formare un’immagine delle regioni italiane. I media tradizionali, in particolare quelli che esaltano la dimensione della narrazione e della rappresentazione come il cinema e la serialità, sono essenziali a monte per creare notorietà e attrattività”. I turisti ricordano di aver visto, al cinema o in tv, soprattutto Sicilia, Toscana, Lazio, Campania e Veneto, e tra le città Roma, Venezia, Firenze, Napoli e Milano. Le regioni che oggi potrebbero rappresentare meglio l’Italia come meta turistica in una pubblicità sono per il 42 per cento degli intervistati, il Lazio, poi la Toscana, il Veneto, la Sicilia e la Sardegna.

Scaglioni: non c’è solo la Sicilia di Montalbano

In conclusione, l’Italia è ancora in cima ai desideri di viaggio degli europei, preferita come destinazione dal 70 per cento degli intervistati, ma il 50 per cento degli italiani conosce le regioni solo di nome. Infine, comunicazione e media contribuiscono per oltre il 70 % allo sviluppo e mantenimento della notorietà e attrattiva delle nostre destinazioni turistiche. Approfondiamo i temi della ricerca col curatore Massimo Scaglioni:

Professor Scaglioni, è emerso che l’industria cinematografica, legata ai luoghi del turismo, non ha perso sprint e anche i finanziamenti pubblici a causa della pandemia…

Anzi, in realtà la produzione audiovisiva, cinema, serialità, televisione e pubblicità hanno mostrato di essere molto importanti nel far ripartire il turismo in Italia, sia rispetto ai viaggiatori italiani, quindi turismo interno, sia rispetto a quelli europei, che comunque pesano molto sul turismo italiano, che è un’industria che vale il 13 per cento del Pil italiano. Abbiamo dei casi molto virtuosi di territori che sono stati, in qualche modo, scoperti dagli audiovisivi: l’esempio che tutti citano è quello del commissario Montalbano e della Sicilia sud-orientale, che ha avuto proprio un cambiamento rilevante nel corso degli ultimi 15-20 anni. Però in realtà i casi di questo genere sono parecchi, e su questo ha inciso anche il lavoro e ruolo che le Film Commission hanno svolto nel corso degli ultimi vent’ anni.

Ci può sintetizzare altre particolarità e dati che emergono dalla vostra ricerca?

E’ stata la prima ricerca sistematica che ha provato a capire che ruolo effettivamente svolgono i media nel veicolare conoscenza, racconto, desiderabilità rispetto alle destinazioni, in particolare quelle italiane. Quello che abbiamo evidenziato è il fatto che per moltissimi viaggiatori, più della metà delle persone che decidono di affrontare un viaggio più o meno lungo, i mezzi audiovisivi, quindi il cinema, la serialità, in particolare, cioè quelli narrativi, hanno un ruolo importante e questo lo si vede anche nella capacità degli audiovisivi di costruire un immaginario sull’Italia per gli europei, quindi per gli spagnoli, tedeschi, francesi e inglesi. C’è un immaginario che è fatto molto di contenuti audiovisivi, sia dei grandi classici, che sono sempre menzionati, dalla “Dolce vita” a “Vacanze romane”, fino ad arrivare però anche alle produzioni più recenti, che hanno illuminato zone diverse dell’Italia, dalla riviera romagnola fino al Trentino Alto Adige, alla Sicilia e la Toscana, ovviamente. C’è un grande spazio di crescita, anche perché gli audiovisivi italiani riescono a circolare molto di più che in passato a livello internazionale, e c’è molto lavoro da fare da questo punto di vista.

Anche gli enti pubblici capiscono che la bellezza italiana è un’impresa che va comunque sostenuta?

Direi di sì, anche se c’è una questione di maggiore capacità di coordinamento, di fare maggiormente sistema a livello degli enti pubblici. Nel senso che, da un lato, il cinema e la serialità sono sostenuti, ovviamente da fondi pubblici, e poi ci sono le Film Commission che lavorano con le produzioni, cercando di attirare le produzioni sui loro territori. Bisognerebbe insomma cercare di rendere più omogenei tutti questi sforzi in una direzione comune.

Anelli: dai film un aiuto per un turismo non superficiale

Nel suo saluto introduttivo, il rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli, ha ricordato che “lo studio delle opere cinematografiche e degli audiovisivi in Università Cattolica ha una lunga storia, direi pionieristica: a partire da Mario Apollonio e Gianfranco Bettetini l’Ateneo ha indagato precocemente sul valore culturale, sociale e politico dell’opera cinematografica e televisiva”. Sulla ricerca del Certa, Anelli ha sottolineato che “ci sono film che prescindono dal luogo, altri che sono incastonati nei luoghi e da questi influenzati; altre opere audiovisive sono narrazione di un luogo o un territorio”. E quindi “rappresentano contesti socio-culturali, comunità che si presentano al grande pubblico nazionale e internazionale”. Film e serie tv “ci portano come spettatori dentro i luoghi, valorizzandone nei casi migliori la loro dimensione culturale e sociale. Non si rappresentano solo destinazioni, ma percorsi, contesti, storie; su questo si può fare leva per promuovere un recupero dell’approccio del viaggiatore dell’Ottocento più che del semplice turista che spesso ha poco tempo per visitare una città, un territorio”. Così un‘opera cinematografica “può rappresentare un mezzo per una conoscenza meno superficiale della ricchezza e della bellezza del nostro paese”.

Il rettore della Cattolica approfondisce così il tema, nell’intervista concessa a Vatican News:

Rettore Franco Anelli, che significato ha per l’Università Cattolica approfondire questa ricerca sul rapporto tra cinema, audiovisivi e turismo in Italia?

E’ un modo originale ed efficace di distribuire le conoscenze che derivano dalla ricerca scientifica. E’ stata condotta un’analisi con l’obiettivo di comprendere quali siano le potenziali ricadute in termini di conoscenza dei territori e quindi di loro attrattività anche turistica, della collocazione in determinati territori di set di opere cinematografiche o di serie televisive. L’analisi è stata condotta su un campione esteso e ha permesso di sottoporre a verifica le procedure e le modalità con la quale oggi i territori esprimono la loro accoglienza di questo genere di attività. Si è compreso un dato fondamentale, cioè che la capacità di una regione, di un ambito locale e territoriale, di divenire luogo di attrazione per gli spettatori di queste opere, che vogliono poi visitare i luoghi dove sono ambientate, dipende dalla capacità di porsi come comunità, di rappresentare i valori culturali, i valori ideali, i valori storici e tradizionali del luogo, non solo dal porsi come un’attraente cartolina.

L’ industria della bellezza, secondo lei, può essere anche un volano per la ripartenza di questa Italia?

Certamente, è uno dei grandi tesori di questo Paese, ed è un tesoro che va utilizzato con saggezza e con la capacità di coglierne tutte le opportunità e insieme coniugare il bisogno di conservarlo e custodirlo come è nostro dovere fare.

Milani: cinema e territori per storie di tradizioni e bellezze

Il valore culturale e sociale delle opere audiovisive è stato sottolineato anche da monsignor Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo. “Lavorare sul rapporto cinema e territori – ha spiegato – per noi è importante perché, come Ente dello Spettacolo e Rivista del Cinematografo, non ci occupiamo di cinema anzitutto come fatto economico ma ci interessa come occasione culturale e sociale”. Per monsignor Milani non è solo “una questione di attrattività turistica e produzione immediata di ricchezza. In realtà il cinema può stimolare i territori a conoscersi, indagare sulla propria storia, tradizioni, eccellenze, patrimoni culturali. E soprattutto attrezzarsi per narrarsi a sé e a chi non conosce queste esperienze”. Da questo incontro “nascono le storie che danno forma all’immaginario filmico, rendendo universalmente conosciute preziose esperienze locali. Così il nostro Paese diventa più forte e coeso”.

La formazione all’audiovisivo nell’Università Cattolica

L’Università Cattolica è stata protagonista, nel pomeriggio, di un altro evento intitolato “Formare all’audiovisivo. Le sfide di un’industria che cambia” dove il prorettore dell’Ateneo, Antonella Sciarrone Alibrandi, ha sottolineato come alla Mostra di Venezia l’Università della Santa Croce “ha potuto mostrare le sue due anime: la ricerca e la formazione. La matrice è quella di una università sempre in dialogo e che costruisce percorsi formativi in sinergia con gli stakeholder e con i protagonisti delle filiere, in questo caso del cinema e dell’audiovisivo”.

Il ruolo dei master per cogliere i cambiamenti dell’industria

I percorsi formativi di laurea e post-laurea comprendono anche l’accompagnamento al mondo del lavoro e su questo fronte è intervenuto il direttore della sede di Milano dell’Università Cattolica, Mario Gatti per il quale “il mix tra accademia e professioni è una vera e propria ‘fertilizzazione’ che contribuisce alla formazione delle nuove generazioni e all’aggiornamento dei professionisti. Da un lato, infatti, l’università può sempre imparare e dall’altro le professioni possono contare su giovani preparati che si affacciano alla professione e su persone che si aggiornano”.

In vent’anni è cambiato molto, ma lo storytelling rimane

Un esempio virtuoso di formazione post-laurea è il master “International Screenwriting and Production”, diretto da Armando Fumagalli, che ha ricordato che dal Duemila, quando il corso è nato “sono cambiate molte cose: sono subentrate le piattaforme, gli story editor e i producers vanno sul set. Capire come sta cambiando questo mondo è certamente importante. D’altra parte, però, l’attività formativa del master consiste anche nel trasmettere nozioni fondamentali sullo storytelling, applicate alla cinematografia e agli audiovisivi, che servono sempre. Una persona con una formazione completa sarà in grado di scrivere un film, un libro o un podcast”.

L’esperienza di ex allieve dei master, ora editor e producer

Durante l’incontro hanno portato la loro testimonianza due ex allieve dell’Ateneo. Veronica Galli, oggi Story Editor and Development Executive presso Lotus Production, che si è laureata ai corsi triennale e magistrale di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere e ha frequentato il Master International Screenwriting and Production. Si è diplomata allo stesso master anche Bianca Sartirana, Managing Director and Executive Producer di Save The Cut che in Università Cattolica ha conseguito anche due lauree, triennale e magistrale, alla facoltà di Lettere e Filosofia. Ancora il rettore Anelli e il professor Scaglioni ci parlano dell’offerta formativa sulle professioni dell’audiovisivo dell’Ateneo.

Rettore Anelli, qui a Venezia avete presentato anche la vostra offerta formativa nel campo delle professioni legate all’audiovisivo. Quanto è importante per il vostro ateneo continuare questo lavoro di formazione dei giovani alla lettura e anche la produzione dell’audiovisivo?

L’approccio scientifico all’audiovisivo è uno dei tratti distintivi della tradizione della nostra università, che vanta maestri illustrissimi in questo settore, a partire da Mario Apollonio. Continuare in questa direzione significa continuare ad essere una voce autorevole nelle indagini scientifiche, nell’approccio culturalmente fondato a questi temi e al tempo stesso continuare a formare degli operatori professionali che siano qualificati e muniti di strumenti conoscitivi e di valori importanti e solidi. La loro presenza nelle più importanti industrie di questo settore è garanzia di qualità intellettuale e anche di valore morale.

Professor Scaglioni, parliamo ora dell’offerta formativa dell’Università Cattolica per le professioni legate all’audiovisivo. Come sta cambiando l’industria dell’audiovisivo e come la pandemia ha cambiato anche la formazione?

Siamo reduci da due grandi cambiamenti che hanno toccato fortemente anche l’industria degli audiovisivi. Da un lato c’è un cambiamento che era già in corso da parecchi anni, di carattere tecnologico: la tecnologia sta cambiando moltissimo i mezzi di comunicazione, i mezzi audiovisivi in particolare, lo vediamo sotto i nostri occhi. Ormai, per esempio, il cinema si vede anche molto attraverso le piattaforme di streaming, lo stesso sport, il calcio. Queste piattaforme stanno diventando sempre più rilevanti sia sull’intrattenimento che sulla serialità. Su questo grande cambiamento si è innescato un altro cambiamento, dovuto alle conseguenze della pandemia, che ha chiuso le sale cinematografiche per molto tempo. E’ una grande scommessa quella del ritorno alle sale cinematografiche che speriamo avvenga presto, ma più in generale la pandemia ha significato una forte accelerazione di tutti questi processi. Un tempo eravamo meno abituati a consumare contenuti audiovisivi attraverso smart tv, o addirittura tablet e telefonini, e questo oggi è diventato più comune. Quindi c’è questa doppia sfida che riguarda tutte le industrie, e anche chi, da tanti anni, come l’Università Cattolica, forma professionisti che lavorano all’interno di questa industria dell’audiovisivo. La grande forza della formazione dei master, della formazione post-lauream è data dal fatto che è una formazione costruita dagli accademici insieme con professionisti. Quindi gli stessi professionisti che, giorno dopo giorno sono alle prese con questi cambiamenti, sono i nostri docenti, le persone con cui definiamo i percorsi formativi. E sono quelli che prendono poi in stage i nostri masterandi. Quindi c’è un’alleanza da fare tra mondo dell’industria e mondo dell’università, perché gli standard richiesti oggi sono sempre più alti, sempre più internazionali e l’Italia deve adattarsi agli standard che all’estero sono già molto alti.

Quale consiglio vuol dare a giovani che vorrebbero intraprendere questi studi e arrivare poi a una futura carriera nell’ambito dell’audiovisivo?

Intanto fare le scelte giuste e informarsi bene su quali sono i percorsi veramente validi e formativi. Guardare le università, perché sono i luoghi di formazione che riescono a tenere insieme un respiro teorico con una declinazione più pratica. Quindi magari scegliere percorsi più articolati, ma che consentono di acquisire gli strumenti un po’ a 360 gradi, perché oggi la flessibilità è all’ordine del giorno. Lo vediamo anche dai nostri stessi studenti: entrano con l’idea di fare qualche cosa e poi però, nel percorso di formazione, poi negli stage e nella prima parte della loro vita professionale cambiano completamente. Quindi bisogna essere preparati a 360 gradi, e questa è la formazione che può dare l’università con i suoi master.