Chiesa Cattolica – Italiana

Luca Attanasio: con “For Africa Children” per la cura della gente in Congo

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Si svolgeranno giovedi’ mattina a Roma i funerali di Stato dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi lunedì mattina in un attacco, ad opera al momento di sconosciuti e con movente ancora incerto su cui si indaga, nella Repubblica Democratica del Congo. Le esequie si terranno nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e poi le salme saranno trasferite nei Comuni di residenza, Limbiate (Monza-Brianza) per Attanasio e Sonnino (Latina) per Iacovacci. Oggi previste le autopsie, dopo le prime indagini già svolte in Africa, mentre resta nel cuore e nel pensiero di tutti il forte spirito di servizio per la pace e per il diritto, nonchè la testimonianza che il diplomatico e l’agente di scorta hanno svolto, come ricordato anche dal Papa nel telegramma inviato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella .

Sarà stata la giovane età, sarà stata la formazione culturale, o i valori in cui credeva, ma Luca Attanasio non era un diplomatico che se ne stava chiuso in un recinto sicuro, tranquillo e dorato, mentre fuori la gente soffriva e faticava per vivere. Grande amico e stimatore dei tanti missionari, religiosi e religiose, e operatori umanitari che operano in un Paese, la Repubblica Democratica del Congo, dalle potenzialità economiche enormi, ma devastato dalla povertà e dalla violenza, si adoperava per favorire azioni e iniziative a favore della gente e specie dei bambini. E lo faceva in prima persona, proprio come ieri mattina, in quella che sarebbe stata la sua ultima uscita, mettendosi in viaggio per portare degli aiuti ai bambini di una scuola.

Rostagno: stupiva la sua generosità e passione per gli altri

“For Africa Children Onlus” è una piccola organizzazione umanitaria fondata da Fulvio Rostagno che vive a Torino. Dopo un viaggio nella Repubblica Democratica del Congo, la decisione di avviare, tramite l’associazione, un progetto per assicurare assistenza medica e sanitaria alle popolazioni per le quali è difficile raggiungere, a causa della mancanza di strade percorribili, i pochi ospedali del Paese. L’idea, era il 2015, consisteva nella realizzazione di una autombulanza fluviale, un battello sul fiume Congo che attraversa buona parte del Paese, attrezzato di tutto il necessario e dove avrebbero potuto lavorare medici e infermieri locali. Un’avventura quella a cui è andato incontro Rostagno, nel senso vero del termine, arrivata quasi a buon fine grazie proprio al sostegno e al lavoro in Congo di Luca Attanasio. Al microfono di Vatican News, Rostagno racconta di questa collaborazione, a partire dal ricordo personale dell’ambasciatore:

Ascolta l’intervista a Fulvio Rostagno

R. – La notizia dell’uccisione di Attanasio ci lascia davvero sgomenti. Luca era un giovane veramente eccezionale che io ho avuto modo di conoscere, poco più di 2 anni fa, in merito ad un progetto di solidarietà che lui ha preso molto a cuore. Era una persona che stupiva prima di tutto per la grandissima passione con cui affrontava questi argomenti, con una grandissima generosità e con la forza che lo contraddistingueva, la diplomazia, con la quale riusciva a far funzionare le cose anche in un Paese difficile come quello per cui stava lavorando.

Come lei ha accennato, voi avete collaborato in questi anni per la realizzazione di un progetto, un sogno che poi, superando tanti ostacoli, si è fatto una realtà ad un passo dalla conclusione. Com’ è stato questo lavorare insieme per lo stesso obiettivo?

R. – L’obiettivo che ci eravamo prefissi era abbastanza ambizioso, era partito con grandi difficoltà ma Luca ci ha sempre dato coraggio, insieme abbiamo trovato una grandissima intesa, tanto che questo progetto è diventato anche suo. Proprio la settimana scorsa ci eravamo sentiti per organizzare il mio arrivo in Congo per visionare il progetto e per poterlo vedere finalmente realizzato. Era un mio desiderio, poi anche il suo e che si era esteso anche a sua moglie e alla ong da lei fondata “Mama Sofia” con la quale abbiamo sottoscritto un contratto con il governo locale.

Il progetto riguarda una idroambulanza attrezzata per assicurare una pronta assistenza per le persone che non hanno la possibilità di raggiungere i pochi ospedali del Paese. Un battello costruito in Italia e che è stato portato poi  fino in Congo. E tutto quello che c’è voluto per questa operazione ha messo in evidenza le difficoltà di quel Paese…

R. – Sì, è stato molto complesso realizzarlo in Italia, complesso farlo arrivare in Congo, grazie anche all’aiuto dei Lions Club italiani ed è stato molto complessa la parte dello sdoganamento del battello, operazione per il quale Luca Attanasio si è speso tantissimo. E’ solo grazie a lui se si è riusciti a portare in salvo questa barca anche superando le spese doganali altissime e assurde. Lui poi è riuscito a portarla in un luogo sicuro, dove proprio la scorsa settimana è andato personalmente a vederla. E io ero molto contento perchè era da due anni che gli raccontavo, attraverso foto e video, tutto ciò che avevamo fatto. Era entusiasta di questa cosa, ne abbiamo parlato quella sera e poi il giorno dopo, ma purtroppo il destino ha voluto diversamente.

Lei conosce il Congo perchè ci è andato e poi ha continuato sempre a seguire le vicende di quel Paese. Luca Attanasio lo definiva un Paese difficile, ma che si faceva amare, parlava dei giovani congolesi che gli trasmettevano l’amore per la vita…

R. – E’ vero, sono stato in Congo per capirlo e per poter fare qualcosa che servisse davvero a quella gente. E’ un Paese eccezionale, sicuramente eccezionale dal punto di vista naturalistico, ma anche dal punto di vista delle persone. Io ho conosciuto nella foresta, ma nella foresta vera, quella che di solito si vede solo nei film, persone bellissime, tanto che non penso di incontrarne di simili nella mia vita, ma purtroppo c’è questo fortissimo contrasto costante di armi, di paura, di tensione in qualunque direzione ci si sposti al di fuori di percorsi non strettamente segnalati e protetti. E questo dà la sensazione di un Paese difficile, perchè in qualunque momento si possono incontrare gruppi armati. E’ anche vero che il Congo è talmente vasto che ci sono zone in cui quasi non capita nulla e altre in cui invece capita l’impossibile.  

Quella percorsa da Luca Attanasio e dal carabiniere Vittorio Iacovacci, sembrava una strada sicura e invece neppure lì c’è stata sicurezza…

R. – lo penso che Luca e tutto il personale dell’ambasciata avessero una grandissima esperienza di questa zona dell’Africa. E credo che loro non abbiano rischiato nulla e abbiano pianificato come si doveva, il trasferimento. Il problema è che il Congo è davvero un Paese particolare e ci si può aspettare di tutto, non si può fare proprio nulla. Questo però era anche ciò che distingueva Luca Attanasio: il fatto cioè che lui non stava seduto alla sua scrivania, lui andava sul campo, a guardare, a parlare con la gente locale e non solo, era appena stato in contatto con tutti i missionari italiani che operano nel Paese, e questo lo portava al di fuori dall’ambasciata, e purtroppo la situazione di quel Paese è quella che abbiamo visto.

C’è una frase che l’ambasciatore le diceva, un gesto, qualcosa che vuol condividere? 

R. – Non so se riesco a dirlo senza commuovermi… ci eravamo ripromessi di bere insieme una birra alla fine di questo progetto. Ora io non potrò più bere con lui una birra, ma ho motivi ancora più forti per voler completare il progetto al quale abbiamo lavorato insieme, anche proprio per ricordarlo e per continuare la sua azione. Ma anche perché se io non portassi a termine quello che con Luca ci eravamo prefissi, vorrebbe dire che ha vinto il male e questo non possiamo permetterlo e quindi in tutti i modi lo porteremo a termine.

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