Libano, si è aperta l’Assemblea sinodale delle Chiese cattoliche del Medio Oriente

Vatican News

In una regione dove antica è la tradizione dei sinodi, si stanno incontrando a Bethania-Harissa, dal 12 al 18 febbraio, i delegati della tappa continentale del cammino sinodale. La storia di popoli alle prese con limitazioni di libertà, corruzione, instabilità politica e sociale, si intreccia con il desiderio di pace e unità

 Antonella Palermo e Jean-Pierre Yammine – Bethania-Harissa (Libano)

Dopo una preghiera per le vittime del terremoto che ha colpito la Siria e la Turchia, padre Khalid Alwan, segretario generale del Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente e coordinatore generale dell’Assemblea sinodale ha aperto in Libano, nell’hotel Bethania-Harissa, i lavori dell’Assemblea continentale per il Medio Oriente, ricordando quella che ha definito la road map sinodale: la lettera del 1992 con cui i Patriarchi Cattolici d’Oriente parlavano della presenza cristiana in Oriente, come testimonianza e messaggio, incarnati nel patrimonio arabo, al servizio dell’uomo senza distinzioni o discriminazioni.

Ciò che unisce: libertà violate e desiderio di contrastare i mali sociali 

Una presenza, quella cristiana, basata sullo spirito ecumenico e di dialogo interreligioso per una comune cooperazione. In questi giorni si riuniscono sette Chiese cattoliche: copti, siriaci, maroniti, melchiti, caldei, armeni e latini, giunti da Terra Santa, Giordania, Libano, Siria, Egitto, Iraq e Armenia, per ascoltare “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” e per pregare e riflettere insieme sulle preoccupazioni comuni e condividere le aspirazioni future con una speranza che non delude. “Molte cose ci uniscono, siamo uniti dalle condizioni dei nostri Paesi, dove a tutti noi spesso mancano la libertà di credo, la libertà di espressione, la libertà per le donne e per i bambini. Cerchiamo tutti – è stato detto – secondo le nostre energie, di combattere la corruzione nella politica e nell’economia. Cerchiamo tutti di praticare la trasparenza nelle nostre istituzioni religiose e sociali, e desideriamo praticare una cittadinanza responsabile e combattere la povertà e l’ignoranza. Tutti soffriamo per l’emigrazione dei nostri figli, i cui orizzonti di una vita dignitosa si sono ristretti, diminuendo così la nostra esistenza. Tuttavia, noi, figli della Chiesa, non solo siamo uniti dalle preoccupazioni e dalle difficoltà della vita, ma siamo anche uniti da un solo battesimo, una sola fede, un solo amore e una sola speranza”. 

“In Oriente o siamo cristiani insieme o non lo siamo”

Padre Alwan ha sottolineato la diversità delle espressioni liturgiche delle Chiese d’Oriente ma anche l’originalità della loro spiritualità e degli orizzonti teologici, la forza della loro testimonianza nel corso dei secoli, e spesso fino al martirio. Ha parlato della diversità nella Chiesa come di un elemento che da sempre è fonte di arricchimento a livello universale. “Sfortunatamente – ha spiegato – si è trasformata in divisione a causa dei peccati degli uomini e della loro distanza dallo Spirito di Cristo. Tuttavia, ciò che ci unisce è più importante di ciò che ci separa, e non ci impedisce di incontrarci e collaborare. Una è la chiamata, una è la testimonianza, uno è il destino”. Pertanto – ha proseguito padre Khalid – siamo chiamati a lavorare insieme, in vari modi e mezzi, per consolidare le radici dei credenti a noi affidati, in spirito di fratellanza e di amore, in diversi campi a cui ci spinge il bene comune di tutti i cristiani”. In Oriente, o siamo cristiani insieme o non lo siamo, ha scandito precisando che, se i rapporti tra le Chiese d’Oriente non sono stati sempre buoni per tanti motivi, interni ed esterni, allora è giunto il momento di “purificare la memoria cristiana dai depositi negativi del passato”. 

Qui la sinodalità ha una lunga tradizione

Il cardinale Jean-Claude Hollerich, coordinatore della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, si è detto onorato di essere presente in Medio Oriente, dove “la sinodalità ha una lunga tradizione”. È mio desiderio sperimentarla e impararla da voi, ha aggiunto, sottolineando anche come ‘camminare insieme’ sia un concetto facile da esprimere a parole, ma non facile da mettere in pratica. Il cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ha ripetuto, come aveva già fatto nell’Assemblea europea a Praga, che pratica del Sinodo non mette mai in competizione vescovi e popolo di Dio, ma li mantiene in un rapporto costante, consentendo ad entrambi di svolgere la propria funzione. “La Chiesa sinodale è una Chiesa di ascolto”, ha detto precisando che questo non può e non deve ridursi a una frase retorica. “Sono certo – ha affermato – che attraverso questo cammino sarà possibile fare progressi anche nel dialogo ecumenico”.

Essere Chiesa sinodale è ascoltare lo Spirito

A intervenire è stato poi il cardinale Mar Bechara Boutros Al-Rahi che ha ricordato il testo guida finora dei lavori, il Documento della fase continentale, che è l’esito della prima fase consultiva a livello locale. Il Patriarca maronita ha proseguito indicando il duplice fondamentale tema del cammino sinodale: come si realizza oggi, a livello locale e globale, questo “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo secondo il messaggio che le è stato consegnato? E poi, quali ulteriori passi ci spinge a fare lo Spirito Santo per crescere come Chiesa sinodale? Non è pura materia accademica, ma si tratta di farsi ispirare dalla preghiera, e dall’ascolto reciproco, per definire le priorità che saranno studiate nella prossima assemblea generale.