Libano, le incognite sul nuovo governo

Vatican News

Antonella Palermo – Città del Vaticano

“L’Unione europea prende atto della nomina di Najib Mikati a primo ministro designato. È ora di cruciale importanza che in Libano si formi senza indugio un governo credibile e responsabile, in grado di affrontare le gravi crisi economiche e sociali che il Paese sta affrontando”. Lo scrive in una nota il portavoce del Servizio per l’azione esterna dell’Ue. Sulla situazione in questa area del Medio Oriente, Camille Eid, giornalista libanese, editorialista di Avvenire, esprime perplessità:

Ascolta l’intervista a Camille Eid

Quale governo si vuole per il Libano?

“Sono proprio questi aggettivi – credibile e capace – che non mi lasciano fiducioso”. “Mikati ha più possibilità rispetto ad Hariri di riuscire a formare un governo entro poco tempo, lui dice entro il 4 agosto. Ho forti dubbi su questa scadenza”, ammette, focalizzando la domanda cruciale: sarà il governo che vuole il popolo? Sarà il governo che vuole la comunità internazionale – che sulla base della iniziativa francese auspicherebbe la presenza di tecnici in grado di introdurre riforme per risollevare il Paese dalla crisi in cui è piombato?”. In sostanza Eid si chiede quale è la missione di questo governo: incaricato di applicare le riforme desiderate, oppure un governo che dovrà traghettare il Paese verso le prossime elezioni previste per la primavera?

Senza tecnici e riforme il Libano sprofonderà

La nota europea prosegue con il monito ad “iniziare immediatamente colloqui efficaci per un rapido accordo con il Fondo monetario internazionale per evitare un collasso finanziario”. “Siamo purtroppo già nel pieno del collasso”, osserva Eid. “Una piccolissima nota positiva è che ieri, dopo la nomina di Mikati, il dollaro è sceso da 23mila a 17mila 500, per poi risalire. Quindi vuol dire che il popolo lo vuole un governo”. Eid ammette che per riavere la prosperità libanese passeranno degli anni e che tutto dipenderà proprio dalla composizione del governo e da quanta fiducia riscontrerà nella comunità internazionale in modo da godere di sostegni economici indispensabili. In caso contrario il Paese sprofonderà ulteriormente.

Mai partita la ricostruzione del porto di Beirut 

Eid riconosce inoltre che la popolazione è poco fiduciosa. Ricorda che nella stessa Tripoli sono esplose proteste sotto casa del nuovo premier incaricato. Quello che si teme di più è la corruzione. Circa la ricostruzione materiale del porto, a quasi un anno dalle esplosioni del 4 agosto scorso, il quadro è desolante. “E’ ancora al punto zero – dice Eid – in un anno non è stato fatto nulla. I progetti sono stati anche presentati, ma mancano i soldi” e a causa dell’empasse politica non c’è ancora chiarezza sul fronte delle indagini.