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Si tratta di una campagna di raccolta fondi, quella avviata dalla fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha come fine la sopravvivenza di 61 scuole cattoliche libanesi. In particolare, saranno coperti i costi strutturali – aumentati di 15 volte negli ultimi due anni -, saranno assegnate borse di studio agli studenti più poveri e meritevoli e saranno sostenuti 1.280 insegnanti i quali, con stipendi del valore di circa 50 dollari, non riescono più a mantenere le proprie famiglie. Le strutture sono situate in aree periferiche o rurali e sono affidate a ordini religiosi femminili, tra i quali le suore di Santa Teresa del Bambin Gesù, le Suore Antonine, le suore della Santa Famiglia, le Figlie della Carità e le Suore dell’Immacolata Concezione d’Ivrea.
I cattolici e l’educazione: una forza per il Paese
Le oltre 300 scuole cattoliche del Libano – fa sapere la Fondazione – rappresentano il 70% delle strutture educative del Paese, sono aperte a studenti di tutte le religioni, assicurano un livello di insegnamento eccellente e, sebbene non usufruiscano di aiuti statali, sono determinanti per l’intero sistema dell’istruzione libanese. Sono inoltre fondamentali per i ragazzi cristiani perché la qualità di tale istruzione garantisce il loro futuro in un contesto sociale sempre più islamico, contenendo altresì il fenomeno dell’emigrazione innanzitutto verso l’Europa.
“La povertà sta devastando pesantemente le nostre comunità e i nostri fedeli vivono come dei condannati a morte a causa della corruzione dilagante. Di fronte a questa situazione drammatica tutti cercano di fuggire: medici, professori universitari, artigiani, giovani e quanti abbiano l’opportunità di farlo”, scrive monsignor Charbel Abdallah, arcivescovo maronita di Tiro, in una lettera inviata agli oltre 16.000 benefattori di Aiuto alla Chiesa che Soffre. “Come possiamo – aggiunge – continuare a vivere con uno stipendio che non supera in media l’equivalente di 40 dollari? Viviamo come persone destinate a morire perché non possiamo più permetterci di pagare i farmaci per le malattie croniche, né di pagare i ricoveri ospedalieri, né l’elettricità, né il gas butano. E che dire quando le famiglie vengono private dei generi alimentari di prima necessità e del latte per i bambini piccoli?”. La Chiesa “cerca con i suoi modesti mezzi di compensare l’assenza dello Stato attraverso ospedali e scuole di proprietà delle congregazioni religiose. Tali istituti, tuttavia, soffrono per la crisi economica, e ci si chiede quanto potranno ancora resistere considerata la mancanza di fondi e la partenza di insegnanti, medici e infermieri. E le diocesi, che non hanno entrate ma che ogni giorno devono aiutare le famiglie povere, come possono continuare la loro missione?”.