Chiesa Cattolica – Italiana

L’eredità di La Pira in un convegno alla Fondazione De Gasperi

Silvia Guidi

Dalle «bellezze matematiche» del Diritto romano alla fatica della politica militante, sul campo, fatta di combattimenti quotidiani con emergenze e problemi da risolvere, il passo è breve. Anzi, brevissimo, nella vita del sindaco santo.

La distanza tra il La Pira professore e il La Pira politico è solo un errore di prospettiva, perché l’uno ha nutrito l’altro, in ogni fase di una vita intensa, appassionata, Larger than Life come si usa dire nel mondo anglofono. E il suo slancio visionario non è mai stato separato dalla ricerca di strumenti giuridici per rendere concreto, cogente, operativo ogni progetto. Teoria e prassi, insomma, sono separati solo per chi commenta e analizza ex-post, non per chi ha fatto del Vangelo il criterio di ogni scelta, lavorativa e non, personale e comunitaria, nel senso più ampio possibile di questo termine, profondamente cristiano e, in quanto tale, costantemente aperto anche a chi cristiano non è.

La riedizione del libro La stazione di arrivo dell’uomo. La persona e il suo destino nel pensiero filosofico-politico di Giorgio La Pira (Napoli, Editoriale scientifica) di don Giovanni Emidio Palaia (Lumsa – Pami) è stata l’occasione per ripercorrere le molteplici vite del sindaco di Firenze, che ha già raggiunto lo stadio della “venerabilità” nel suo percorso verso gli onori dell’altare. Vite affascinanti, capaci di ispirare il lavoro di intere generazioni di cristiani; vite vissute con slancio ed entusiasmo contagioso, basato sulla certezza di poche, grandi cose. Di pochi, grandi punti di riferimento “non negoziabili”.

«La Pira le avrebbe chiamate le stelle fisse: persona, libertà e pace» ha detto nel suo intervento Patrizia Giunti, presidente della Fondazione dedicata a custodire e far conoscere agli studiosi (ma anche ai non addetti ai lavori) l’opera del professore di Pozzallo.

Tre punti irrinunciabili, tre temi su cui il dibattito è più acceso e scottante che mai, in questo scorcio di ventunesimo secolo segnato da venti di guerra e minacciosi, cupi scenari di crisi. Tre temi-guida scelti come titolo per il convegno «Persona, Libertà e Pace nell’opera di Giorgio La Pira» che si è svolto giovedì scorso presso la sede della Fondazione De Gasperi, a Roma.

«Reverendo don Palaia, la ringrazio molto per il volume sulla splendida figura di Giorgio La Pira» ha scritto il presidente Sergio Mattarella, in un biglietto di ringraziamento autografo spedito all’autore del libro. Una simile gratitudine ha spinto i tanti studenti presenti, nella sala romana della Fondazione, ad ascoltare i ricchi, vasti, articolati, appassionati interventi degli studiosi invitati a “spezzare il pane” di una conoscenza condivisa. «Una splendida figura» ha scritto il presidente della Repubblica italiana nel suo personale “grazie” a don Palaia; e proprio di questo splendore, di questa luce fatta di conoscenza e concreto amore per il prossimo hanno parlato i relatori invitati a parlare all’incontro, moderato da Alessandro Gisotti, vice direttore editoriale dei Media vaticani. Dopo i saluti del padrone di casa, Armando Tarullo, il decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re, ha raccontato aneddoti e vicende vissute in prima persona sul gruppo dei “professorini”, seguito da Giulio Alfano (che insegna Scienza Politica alla Pontificia Università Lateranense), Patrizia Giunti, presidente della Fondazione Giorgio La Pira, Alfonso Alfonsi, presidente dell’Accademia Studi Storici Aldo Moro, e dall’intervento conclusivo dell’autore del libro, che insegna Teologia Morale presso la Lumsa. Anche dal punto di vista della comunicazione, l’insegnamento di La Pira è ancora attuale; basti pensare, ha chiosato Gisotti, a sound bites come «Lo Stato per la persona, non la persona per lo Stato», che hanno la sintesi e l’incisività di tweet ante-litteram. O la forza del verbo contenuto nell’articolo undici della Costituzione italiana (a cui La Pira ha lavorato, da giovane padre costituente): l’Italia non solo rifiuta, ma “ripudia” la guerra. Impossibile non ricordare anche un allievo, che recentemente ha raggiunto il suo maestro nell’abbraccio dell’Eterno, David Maria Sassoli, prima parlamentare, poi presidente del Parlamento europeo, nato a Firenze, città adottiva del sindaco santo, e tribuna privilegiata del suo impegno politico, da lui ribattezzata «la città degli ardenti desideri». Sassoli ha incontrato più volte il sindaco santo e alla sua eredità si è costantemente ispirato, ha ricordato Alessandro Gisotti; per lui era «un grande visionario, ma un visionario che era il più realista di tutti». In grado di leggere in profondità i segni dei tempi.

«Al rigore della enunciazione (egli era, senza nulla perdere della sua originalità e capacità creativa, un ortodosso ed un disciplinato) corrispondeva l’estrema apertura nel contatto umano» scriveva Aldo Moro del suo amico e collega. «Democratico da sempre per profonda convinzione, per stimolo religioso, viveva intensamente la sua esperienza di un incontro senza pregiudiziali, senza rigore, senza esclusioni».

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