Le vittime del Covid-19 e l’urgenza di potenziare Covax

Vatican News

Andrea De Angelis – Città del Vaticano 

Sono 5 milioni i morti per Covid-19 in 20 mesi dall’inizio della pandemia. Il dato drammatico è che l’8% delle vittime si è registrato nell’ultimo mese. Dunque non solo la battaglia è lontana dall’essere vinta, ma contagi e decessi sono in aumento rispetto alla metà del 2021. “Il numero totale di casi e decessi è in aumento per la prima volta in due mesi, a causa dell’attuale accelerazione dell’epidemia in Europa, che oltrepassa il calo osservato in altre regioni del mondo”, ha spiegato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), durante una conferenza stampa, aggiungendo che il numero di morti potrebbe essere decisamente superiore rispetto ai dati ufficiali. 

I numeri

Dall’inizio della pandemia il maggior numero di vittime si è registrato negli Stati Uniti: sono 747mila, ed ancora oltre mille al giorno nonostante un calo di circa il 15% rispetto ad inizio ottobre. Segue il Brasile con oltre 600mila decessi, poi la drammatica classifica vede India (458mila), Messico (290mila) e Russia (240mila). L’area maggiormente colpita, con quasi una vittima su tre del totale, è quella dell’America Latina, che conta oltre un milione e mezzo di persone scomparse dalla primavera 2020 ad oggi, nonostante un calo costante che prosegue da maggio di quest’anno. La situazione, invece, sta precipitando di settimana in settimana in Russia, Ucraina e Romania. I tre Paesi, che fanno parte dei 52 della “regione europea” dell’Oms, sono tra quelli che, in quest’area, hanno somministrato meno dosi di vaccino. 

Le dosi non somministrate 

La risposta, dunque, ancora una volta è legata al numero di vaccini disponibili e di dosi somministrate. Il secondo punto è cruciale laddove risultano inutilizzate milioni di dosi per il Covid-19, perché una fascia importante della popolazione decide di non riceverle. Un problema che riguarda i Paesi più ricchi, siano essi americani o europei e che ha visto numerose campagne di sensibilizzazione volte a far crescere il numero di persone “coperta con doppia dose”. Lo scorso mese il Canada ha così introdotto l’obbligo di vaccino per tutti i dipendenti federali, compresi quelli che lavorano da casa. Per chi non si adegua scatta il congedo non retribuito. L’obbligo vaccinale è stato inserito anche per chi viaggia in aereo, nave e treno. Negli Stati Uniti il vaccino è necessario per tutti i lavoratori pubblici, mentre nel settore privato – purché le aziende siano con più di 100 dipendenti – basta anche un tampone negativo. In Arabia Saudita, invece, ai lavoratori pubblici e privati è richiesto di essere vaccinati o di dimostrare la guarigione dal Covid-19, altrimenti scatta il congedo non retribuito. In queste ore è poi stato pubblicato uno studio che dimostra come in alcuni Paesi africani, dove le dosi scarseggiano in modo drammatico, è in aumento lo scetticismo verso il siero per il Covid-19. Lo rivela un’indagine del Centro per l’analisi e il cambiamento comportamentale (Center for Analytics and Behavioral Change – Cabc) presso l’Università di Cape Town, che ha preso in considerazione la comunicazione sui social media in un certo lasso di tempo, in sei Paesi: Sudafrica, Ghana, Kenya, Senegal, Nigeria e Tanzania. Dall’analisi di circa 5mila hashtag è emerso che solo il 4,8% sarebbe entusiasta dei vaccini, mentre il 35,3% mostra una forte esitazione.

Il piano Covax

Al di là dello scetticismo, è la mancanza di dosi il problema più grave per tanti, troppi Paesi. L’Unicef lavora congiuntamente con l’Oms per aiutare i Paesi più poveri ad ottenere dosi di vaccino. Il programma Covax, voluto dalle Nazioni Unite, è una partnership pubblico-privata tra l’Oms, la Vaccine Alliance (Gavi) e la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi), per far sì che la pandemia si combatta con mezzi equi in ogni angolo del pianeta. Alle promesse, però, non sono ancora seguiti compiutamente i fatti. Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News, sottolinea come sia urgente accelerare la distribuzione del siero in ogni continente. La pandemia, spiega, rende anche più povere e instabili intere regioni del mondo. 

Ascolta l’intervista ad Andrea Iacomini

Che cosa si prova nel vedere che i vaccini per il Covid-19 non vengono ancora somministrati in modo equo? Nel denunciare, come fa Unicef, che cosa si potrebbe fare di più?

Si prova tanta rabbia nel vedere così tante vite messe in pericolo. Siamo testimoni oculari di un qualcosa di enorme, che non si vedeva da generazioni. Una pandemia che pone riflessioni nell’animo di tutti e di ciascuno. Una riflessione però va fatta: quella sulle dosi che non arrivano. Ci sono Paesi che hanno 15 volte più dosi dei Paesi a basso reddito. Occorre riflettere su come il Covid faccia aumentare, nei Paesi più poveri, malattie, indigenza, fame. Bambine e bambini che non possono più andare a scuola. Ma abbiamo i vaccini e possiamo vincere questa battaglia? Sì, ma alcuni Paesi non possono dirlo. Dove noi dibattiamo se sia giusto o no farlo, ci sono Stati dove oggi il vaccino non si può fare. Oggi celebriamo le vittime del Covid, ricordiamoci allora che non c’è sicurezza senza equità. Le soluzioni trovate non devono lasciare indietro nessuno, ma invece oggi sta accadendo. Grazie al programma Covax sono state distribuite nell’Africa subsahariana 190 milioni di dosi, ma ne erano state promesse un miliardo e mezzo. Questi sono i numeri sui quali si celano storie di dolore. 

Oltre 8 dosi su 10, dunque, non sono state distribuite rispetto a quanto promesso. Che cosa fa venire meno la parola data, perché non vediamo i fatti? Questioni economiche, geopolitiche, mancanza di dosi?

Sono tanti gli interrogativi. I Paesi industrializzati stanno andando verso le terze dosi e trovo risibile il concetto per il quale dobbiamo tenere scorte. Le scorte sono in eccedenza. Si deve mettere a sistema un meccanismo di distribuzione il più possibile equo. Covax è un grande patto di solidarietà, ma va compreso, comunicato bene. I Paesi oggi mettono la propria sicurezza al centro anche fornendo ai Paesi limitrofi le dosi di vaccino che mancano, pur avendo magari tensioni geopolitiche con chi vive al confine. Lo fanno perché in questo modo salvano i vicini, ma salvano anche loro stessi. Un concetto che però non sta passando come dovrebbe. Quando leggo che in Italia abbiamo 12 dosi per persona in più che in Uganda rabbrividisco, perché non si capisce che siamo tutti legati. Devo dire che l’Italia, si veda il G20, porta avanti l’idea di lavorare sulle scorte in eccesso. Oggi si deve fare un passo avanti, formando gli operatori e distribuendo queste dosi altrimenti crolleranno le economie dei Paesi più in difficoltà.

Un appello ad una giusta distribuzione dei vaccini il Papa l’ha lanciato ancor prima del loro arrivo, mettendo in guardia più volte da una distribuzione non equa, ricordando che nessuno si salva da solo…

Abbiamo la fortuna in questa epoca storica di avere un Papa che fa appelli straordinari su temi fondamentali della società globale. Penso all’assurdo proliferare dei conflitti, alle stragi in mare delle persone migranti, ai cambiamenti climatici. Dobbiamo tutti sostenere questi appelli, perché sono gli unici che trovano l’umanità unita. Dobbiamo far sì che questi appelli si traducano in fatti. Facciamo nostro anche questo appello sui vaccini, credo sia fondamentale. 

L’appello del Papa all’equità 

In più occasioni Papa Francesco ha ribadito l’importanza di portare avanti in modo globale ed equo la lotta alla pandemia. Lo ha fatto nello storico momento straordinario di preghiera del 27 marzo 2020 in Piazza San Pietro e lo ha ribadito in più occasioni, sottolineando poi come il vaccino sia “un gesto d’amore” verso se stessi e verso il prossimo. Parole, queste, pronunciate ad esempio lo scorso agosto nel videomessaggio per le popolazioni dell’America Latina: 

Vaccinarci è un modo semplice ma profondo di promuovere il bene comune e di prenderci cura gli uni degli altri, specialmente dei più vulnerabili. Chiedo a Dio che ognuno possa contribuire con il suo piccolo granello di sabbia, il suo piccolo gesto di amore. Per quanto piccolo sia, l’amore è sempre grande. Contribuire con questi piccoli gesti per un futuro migliore.