Le testimonianze dei rappresentanti delle opere caritative del Congo

Vatican News

Pubblichiamo i 6 interventi dei rappresentanti delle opere caritative incontrate dal Papa questo pomeriggio nella Nunziatura di Kinshasa

Testimonianza 1

Santità,

Mi chiamo Pierre Ngeleka MUSANGU , ho 68 anni e da quando ne avevo 4 soffro di un handicap che poteva essere evitato.  Per raddrizzare un piede storto dalla nascita, i miei genitori mi portarono all’ospedale di Luebo, dove allora vivevamo. In assenza dei medici, fui operato da un assistente; l’intervento provocò un’infezione severa che costrinse a ripetere l’operazione, amputando due dita. Purtroppo ci fu anche la lesione di un nervo, che ha provocato la deformazione di cui soffro ancora oggi.

Nella mia vita ho incontrato decine di persone che soffrono, o addirittura sono morte, a causa di diagnosi sbagliate, oppure per l’assenza di medici, di medicine o di apparecchiature. Talvolta penso che il dolore e l’incuranza degli altri abbiano eletto il proprio domicilio nel mio Paese, nonostante la popolazione sia giovane, allegra e disponibile. 

Il Gruppo Telema Ongenge na Mwinda Mwa Kristu (“Alzati e risplendi della luce di Cristo”), a cui appartengo e che oggi è rappresentato insieme a me davanti a Vostra Santità, è costituito da portatori e portatrici di handicap. Molti di noi erano in ribellione aperta contro la società e pure contro Dio, soprattutto quando le nostre sofferenze potevano essere evitate, invece non hanno più rimedio e gridano nel deserto dell’impotenza e dell’indifferenza.

Le chiediamo di benedirci, Papa Francesco, e con noi di benedire tutti coloro che, in questo Paese, soffrono di gravi handicap. Nella nostra Parrocchia abbiamo ritrovato la dignità: abbiamo dato vita ad una corale e ad una mutuelle de santé che assicura la copertura medica a ben 1.000 handicappati, grazie alla generosità di tante persone di buona volontà. Cerchiamo così di donare speranza e di portare un po’ di gioia a chi si trova nelle nostre stesse condizioni. Nel mare del nostro dolore, abbiamo scoperto che Dio non ci aveva dimenticato e ci ha inviato persone che non hanno girato la faccia dall’altra parte quando hanno attraversato la nostra strada. Nel loro volto abbiamo scoperto quello del Signore e adesso dobbiamo e vogliamo fare lo stesso. Santità Le regaliamo la tessera d’iscrizione alla nostra Associazione e un segno del Suo amore per noi.

Testimonianza 2

Mi chiamo TEKADIO VANGU NOLLY e sono nato nel 1983 a Kinshasa, in una famiglia cattolica. Ero ancora bambino, quando mia madre fu strappata al mio affetto da una tragica morte; in seguito, mio padre emigrò.

Non sono nato lebbroso. I primi segni comparvero quando avevo 21 anni: improvvisamente vidi una macchia simile all’acne e provai un’indescrivibile sensazione di bruciore. In seguito, la macchia si allargò inesorabilmente e si moltiplicò, fino ad assumere proporzioni simili a quelle delle macchie di un leopardo. Il mio corpo si gonfiò e io mi sentivo sempre più debole. A poco a poco mi stavo anche trasformando in un soggetto che disturbava la tranquillità altrui.

Alla ricerca di una soluzione efficace, visitai diversi ospedali e mi affidai persino alla medicina tradizionale, ma le cose continuavano ad andare di male in peggio. Le lacrime rigavano il mio volto; nel cuore soffrivo terribilmente, ma non nel corpo, perché avevo sviluppato una tale insensibilità, che toccavo il fuoco e mi bruciavo, senza tuttavia sentire alcun dolore, e lo stesso succedeva quando calpestavo un chiodo e mi ferivo. I miei nervi si erano paralizzati. Ho persino visto impotente le mie dita staccarsi e cadere dalle mani.

Intanto, la mia famiglia mi aveva ripudiato e, con la complicità di un marabutto, era arrivata al punto di addossarmi la responsabilità di quello che mi era capitato. Mio padre mi rifuta ancora oggi. Alcuni mi hanno persino accusato di essere uno stregone, ma come è possibile che uno stregone desideri il suo stesso male?

Grazie a Dio, incontrai però una fedele della Parrocchia Saint Martin, che comprese la natura delle mie macchie. Tramite lei sono giunto all’”Ospedale della Riva”, dove, nel novembre 2004, mi è stata diagnosticata la lebbra, in uno stadio già avanzato. Grazie alla competenza e alla generosità del Personale, almeno la mia vita è stata risparmiata.

Visto che la mia famiglia mi aveva abbandonato, ho deciso di restare per sempre in questo campo di lebbrosi. Ancora oggi, però, sono discriminato, guardato con disprezzo ed umiliato. Quanto vale un uomo senza le dita? Quando passo fra la gente, tutti si affrettano a pulire, anche dove è passata soltanto la mia ombra. Sul loro volto scorgo un misto di vergogna, d’incomprensione e di paura. Pertanto, mi sento meglio qui, in questo lebbrosario, dove condivido la quotidianità con persone amputate, paralizzate, tutte rifiutate come me.

A nome loro, desidero mostrarLe qualche frutto del nostro lavoro, con il quale cerchiamo di comprare un po’ di quella dignità che purtroppo ci è stata rubata dalla vita e dagli uomini.

Testimonianza 3

Santità,

Mi chiamo Cecilia e sono di Còrdoba, Argentina. Sono qui con Daniel, anche lui  di Cordoba, e con un gruppo di bambini congolesi che studiano nel nostro  Collegio  “FASTA Père Fosbery” di  Kimbangu 1, un quartiere che è come uno specchio, dove si riflettono le ricchezze e le miserie quotidiane della popolazione di classe media di Kinshasa. 

I giovani crescono vagabondi, disoccupati e senza istruzione; le famiglie seguono superficialmente fedi diverse e sono profondamente instabili; i figli sono spesso abbandonati ed esposti alla violenza, verbale e fisica; vessati da malattie che non possono curare per mancanza di mezzi economici.

Il nostro amato Fondatore accolse l’invito di Vostra Santità a spingerci fino al Congo, come l’appello del Signore ad evangelizzare la gioventù, la famiglia e la cultura in questo Paese. Siamo ancora una piccola realtà, ma come abbiamo imparato da un proverbio africano: “Mille passi cominciano sempre da uno.”

Ci apriamo a tutti, e quindi a Kadidija, che è qui con me e che ha 4 anni; figlia di genitori musulmani, rispettosi della Chiesa e dei valori del vangelo, Kadija sta scoprendo la vita e in lei si sveglia pure il gusto della spiritualità e del messaggio di Gesù. Oggi c’è anche Detho, di 7 anni, figlio unico di una donna sola, che per procurargli da vivere vende frutta al mercato. Detho viveva esposto ai pericoli della strada e alla legge del più forte, era già abituato a decidere da solo ed allergico a qualsiasi regolamento. A scuola ha scoperto l’amicizia, il rispetto e la disciplina e, come si dice qui, sta imparando che “se si vuole andare in fretta si può andare soli, ma se si vuol andare lontano è meglio andare insieme”.  Oggi ci sono pure Zimi, di  7 anni,   arrivato al collegio tenendo per mano la sua sorellina di 6 anni e lo zio, che li accolse quando furono abbandonati dai  loro genitori. Ndevi, invece, proviene da una famiglia su cui sappiamo che possiamo appoggiarci per la missione.  

Tutti insieme oggi vogliono dedicarLe un canto, che è un inno di speranza e di fiducia nel Signore.

Testimonianza 4

Beatissimo Padre,

Le esprimiamo la profonda gratitudine di tutti i fratelli della Comunità di Sant’Egidio (Kivu, Kikwit, Kenge, Kinshasa), ma anche di tutti i malati e del personale infermieristico e di supporto del Centro DREAM intitolato a Floribert Bwana Chuyi.

Al Centro DREAM rispondiamo alla chiamata di tanti bambini, donne e uomini, che affrontano quotidianamente la sfida di accedere alle cure.  Questo Centro, eretto alla periferia della città, ha aperto le sue porte nel 2011 per prendersi cura gratuitamente delle persone affette da AIDS. Molti bambini orfani, persone anziane, vulnerabili e abbandonate, vi hanno trovato non solo un Centro di Cura ma soprattutto una casa, meglio una seconda famiglia. Anche 11 anni dopo, molte persone ci ricordano il loro primo giorno al Centro e non si astengono dal dirci: “Grazie perché sono morto e mi hai dato una seconda vita. Infatti, attraverso di te, Dio mi ha dato una seconda vita”. Sebbene il nostro Centro sia diventato un centro di riferimento per tutti i malati di AIDS, riceviamo pazienti con altri problemi di salute come malnutrizione, ipertensione, diabete. Diverse persone hanno, ad oggi, beneficiato di questo servizio: più di 1.800 persone sono regolarmente seguite al centro, più di 11.000 bambini sono nati sani da madri positive, migliaia di persone hanno beneficiato di servizi di prevenzione delle malattie e promozione della salute, consulenza, sensibilizzazione sanitaria in scuole e mercati e, ancora, vaccinazione contro COVID-19; oltre allo screening del cancro cervicale. Molti bambini orfani e altri bambini vulnerabili sono sostenuti per la loro scolarizzazione, il quartiere intorno al centro gode di libero accesso all’acqua potabile. I più fragili e vulnerabili hanno accesso all’integrazione alimentare. Secondo lo Spirito della Comunità di Sant’Egidio, preghiamo per i malati il primo lunedì e per la pace il terzo mercoledì di ogni mese.

Attraverso questa delegazione, vorremmo ricevere la Sua benedizione per noi stessi ma anche per tutti i nostri fratelli e sorelle della Comunità di Sant’Egidio in provincia, per i malati, per chi se ne prende cura. Ne abbiamo bisogno, Santo Padre, e a nostra volta continuiamo a pregare perché il Signore La protegga, Le dia salute e longevità. Noi Le presentiamo un simbolo della nostra missione.

Testimonianza 5

Santità,

Siamo un gruppo di bambini e di ragazzi sordomuti della scuola “Village Bondeko” e ciechi delle Petites Flammes del Movimento dei Focolari. Chi ci circonda, però, spesso è più cieco e più sordo di noi, perché ci ignora e si tappa le orecchie, per non vedere e non sentire quando chiediamo soltanto un’educazione rispondente alle condizioni specifiche delle nostre disabilità; oppure rimane muto, davanti alle nostre necessità.

Di conseguenza, molte persone che si trovano nelle nostre condizioni sono analfabete e non riescono ad integrarsi, nemmeno professionalmente. Sono scartate, oppresse e buttate via dalla nostra società. Abbiamo bisogno di guide e di esperti che si ricordino di noi e ci consentano di migliorare la qualità della nostra vita. Per questo oggi affidiamo a te, Santo Padre, il nostro sogno di una società più inclusiva. Te lo diciamo con i segni, che sono il nostro linguaggio. Dio ti benedica e benedica la Repubblica Democratica del Congo!

Testimonianza 6

Beatissimo Padre,

SONO UNA MONACA trappista, molto felice della mia vocazione. Mi chiamo Maria Celeste.

Sono figlia di una società pragmatica, materialista e tribalista. Con le mie amiche ero dominato dalla cultura dell’apparenza, del guadagno e del successo. Eravamo vulnerabili, non sempre felici, perché non avevamo solo bisogno di mangiare e di vestirci, avevamo fame di senso e di amore.

Il Signore mi ha risposto. Sono certo che è stato Lui a mettere nel mio cuore di adolescente un desiderio insaziabile di offrire tutta l’esistenza per una missione grande come il mondo! Dio mi ha guardato con uno sguardo di carità, e mi ha fatto crescere. Ho lasciato il mio villaggio all’età di 18 anni, spinta da una chiamata al monastero che si faceva impellente e a cui non potevo rinunciare.

Il Signore mi invitava a una vita di preghiera e di intercessione, e ho capito fin dall’inizio che questa è  una grande opera di carità. La desideravo profondamente. Al monastero ho imparato che la vita non ci appartiene: è una missione! È la missione di rendere presente Colui che si è reso presente a noi.

Noi monaci non siamo certo più santi degli altri. Noi vogliamo semplicemente allargare il cuore ad un amore universale, che ha la forza di lavare i peccati del mondo attraverso le lacrime della rinuncia a noi stessi! Sono ben consapevole che si tratta di un’opera di spogliamento e di umiltà e sono pienamente convinta che questa sia una grandissima opera di carità, poiché è un sacrificio per amore! Poiché l’amore è gratuito, la carità è amore ricevuto e donato. In me la carità è diventata una passione per il destino degli altri. L’essenziale della vita è l’incontro con Cristo, e prego perché tutti gli uomini possano avere questo incontro e possano desiderarlo!

A Mvanda, nel nostro Monastero delle Trappiste, la vita è semplice, nascosta e laboriosa. Potrebbe essere monotona e banale… ma se prevale la carità, esprime la novità dei redenti!

Sappiamo che solo Dio può sostenere il mondo con le sue contraddizioni, le sue guerre, le malvagità … nonostante la nostra piccolezza, il Signore crocifisso desidera averci al suo fianco per sostenere il dramma del mondo. E la nostra vocazione è proprio nel cuore del dramma di questa umanità ferita, specialmente quella del mio popolo, questo popolo che Lei è venuto  a visitare! Noi monache assumiamo e offriamo dal di dentro il mistero del dolore che la vita presenta, perché ogni angoscia e ogni prova vissuta cristianamente ha un valore salvifico! Grazie per il Suo amore e per il coraggio che L’ha spinto ad affrontare questo viaggio e questi incontri! Ecco qualche frutto della nostra preghiera e del nostro lavoro!