L’Azione Cattolica dedica ad Armida Barelli il Convegno Bachelet 2022

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Il 30 aprile 2022 a Milano, Armida Barelli sarà proclamata beata. Fondatrice della Gioventù femminile di Azione Cattolica e dell’Opera della Regalità, promosse la nascita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Figura fondamentale del laicato cattolico in Italia tra il XIX e il XX secolo, Armida Barelli è stata di esempio per tante donne e precorritrice di una presenza attiva dei laici nella vita della Chiesa. Il XLII Convegno Bachelet che si terrà online e in presenza alla Domus Mariae a Roma, l’11 e 12 febbraio prossimi, sarà il primo appuntamento con cui l’Azione Cattolica desidera preparare e accompagnare questa importante tappa. Obiettivo dei due giorni di studio organizzati dall’associazione insieme all’Istituto per lo studio dei problemi sociali e politici “Vittorio Bachelet”, sarà considerare il ruolo oggi della donna nella rigenerazione di alcuni processi che toccano la vita della Chiesa, della società e delle istituzioni, a partire da Armida Barelli.

La storia, l’oggi e il futuro guardando ad Armida Barelli

Il Convegno “Prendersi cura. La responsabilità delle donne nella Chiesa e nella società”, vedrà la partecipazione di numerosi docenti di varie discipline di diverse Università italiane e si articolerà in due sessioni di lavoro: la prima venerdì dalle ore 16 alle 19.30; la seconda sabato dalle ore 8.30 alle 12.30. Il primo momento dei lavori sarà di natura storica per capire che cosa ha significato la vicenda di Armida Barelli nell’Italia di inizio Novecento e quale è stato il contributo dell’Azione cattolica all’emancipazione delle donne nella Chiesa e nella società. Dalla prospettiva storica si passerà a comprendere quale ruolo e spazio hanno la cura e la specifica prospettiva femminile per la politica e per la società d’oggi, per arrivare a tracciare, infine, qualche prospettiva sul futuro. Al centro della tavola rotonda del 12 febbraio mattina – anniversario della morte di Vittorio Bachelet, che verrà ricordato nella Celebrazione eucaristica delle ore 8.30 – la responsabilità delle donne nella Chiesa e nella società in particolare nel lavoro, nella politica, nella famiglia, nell’ambito educativo, senza ignorare la questione drammatica della violenza sulle donne.

Armida: presenza discreta, grande intraprendenza 

Quello fondato da Armida Barelli nel 1917, con l’appoggio dell’allora arcivescovo di Milano, cardinale Andrea Carlo Ferrari, può essere considerato il primo esempio di volontariato femminile impegnato nell’apostolato. Le propagandiste della Gioventù femminile di Azione cattolica si diffondono presto in tutta Italia, nel 1942 saranno un milione e 164.388 le iscritte. Per loro Barelli organizza iniziative di formazione religiosa, morale, culturale e sociale. Era convinta che la cultura dovesse appartenere a tutte le classi sociali e che le donne dovessero prepararsi per dare un contributo alla società e alla Chiesa. In precedenza, nel 1910, l’incontro di Armida con padre Agostino Gemelli e l’ingresso nel Terz’ordine francescano. Padre Gemelli le affida l’amministrazione della casa editrice “Vita e pensiero” che aveva aperto nel 1918. Insieme lavorano alla fondazione, nel 1920,  dell’Università Cattolica e, nel 1927-28, dell’Opera della Regalità per avvicinare i laici alla liturgia, anticipando il Concilio Vaticano II. La causa di beatificazione di Armida Barelli è iniziata nel 1960. Eucarestia, apostolato ed eroismo, le tre parole che sintetizzano la sua vita cristiana.

Una “sorella maggiore”

Emanuela Gitto è vicepresidente nazionale dell’Azione Cattolica italiana per il Settore Giovani, venerdì mattina introdurrà il programma del Convegno. Ai nostri microfoni parla di Armida Barelli e dell’eredità che ha lasciato ai ragazzi e alle ragazze dell’associazione di oggi:

Ascolta l’intervista a Emanuela Gitto

Emanuela Gitto, chi è per lei Armida Barelli?

Per me Armida Barelli è innanzitutto un esempio di “sorella maggiore”, come lei si faceva chiamare dalle giovani donne della Gioventù femminile di Azione cattolica. La sua è chiaramente una testimonianza viva di una donna che visse la sua fede nel mondo di allora, a cavallo tra Ottocento e Novecento, complesso, in  trasformazione un po’ come il nostro oggi. Armida era anche molto radicata nel territorio e nella sua città, Milano, ma con l’orizzonte aperto al mondo e in questo senso vedo in lei un esempio da seguire nella responsabilità a cui sono stata chiamata. Risuona forte anche nella mia vita il suo invito a vivere una vita piena, anche attraverso la responsabilità che sì, è fatta di fatica, ma anche di tanta tanta bellezza.

In che modo l’eredità, il testimone di Armida può ancora essere raccolto dai giovani dell’AC e in particolare dalle ragazze?

Il lavoro di Barelli è stato prima di tutto un lavoro di consapevolezza e di formazione nei confronti delle giovani donne: lei le aiuta ad essere protagoniste del loro tempo, in un’epoca in cui sicuramente non era facile per una donna dire la sua. Ecco, mi sembra che il suo messaggio sia ancora molto attuale perché serve parlare ancora oggi del modo in cui, come giovani donne, e anche meno giovani, possiamo contribuire al tempo in cui viviamo e anche per avere la consapevolezza di avere una voce, di poter lasciare un segno e di poter dare il nostro contributo nel mondo. A maggior ragione oggi in cui l’indifferenza sembra farla da padrona, il suo invito a non accontentarci mi sembra già rivoluzionario ed è questa l’eredità che possiamo raccogliere dalla sua testimonianza.

Il tema del Convegno guarda alla responsabilità delle donne nella Chiesa e nella società: qual è la situazione oggi, a suo parere, e quali le prospettive che l’AC auspica e per cui lavora?

Anche se, negli ultimi anni, la sensibilità nei confronti della partecipazione e del protagonismo femminile è aumentata, forse il processo non è ancora completo, il magistero di Papa Francesco in questo senso ha aperto molte porte, ma c’è molto da fare ancora proprio a partire dalle Chiese locali, e forse questo è un tempo opportuno per continuare su questa strada anche per il Sinodo che stiamo vivendo e che offre l’occasione di porre sul tavolo anche questo tema. Penso alle tante diocesi in tutta Italia in cui i vescovi hanno affidato alle donne la guida dei gruppi di lavoro sinodali: sono piccoli, grandi segnali di una Chiesa in trasformazione. Come Azione Cattolica, seguiamo e accompagniamo questi processi, anche perché in Azione Cattolica possiamo dire già di vivere la dimensione della corresponsabilità tra uomini e donne proprio come scelta educativa e come stile che già ha in sè un esercizio di sinodalità.

Nel corso del convegno si parlerà anche della violenza sulle donne: l’Azione cattolica si sente impegnata su questo fronte?

Sicuramente è un tema che ci interpella molto, il nostro primo impegno è l’impegno educativo. Ci sembra prioritario formare i ragazzi e i giovani al rispetto dell’altro ed è una grande sfida che sicuramente deve partire dalla base. A livello nazionale, insieme ad altre associazioni, abbiamo partecipato a tavoli e campagne sul tema della violenza, ma voglio citare anche le diverse attività e iniziative che sono state realizzate a livello territoriale nelle diocesi. Ecco, queste iniziative di sensibilizzazione e di accompagnamento anche di situazioni delicate, sono variegate e capillari.

Che tipo di cristiana era Armida Barelli? Che cosa rappresentava per lei la fede? 

Armida Barelli visse come laica consacrata nel mondo. La fede e il radicamento nel mondo furono per lei trampolino di lancio per l’azione che poi contraddistinse la sua vita, quindi la sua spiritualità era una spiritualità laicamente vissuta in maniera semplice lì dov’era, quindi non scappò, non fece un lavoro di astrazione dalla sua vita reale di tutti i giorni, ma visse la sua fede nei diversi ambiti della vita. Questo fa di lei una testimone bella del Vangelo, ed è un esempio di santità della porta accanto, come direbbe Papa Francesco, che è valido ancora oggi per tutti i giovani e anche per i meno giovani.

Preziosi: in Armida un femminismo radicato nel Vangelo

Tra i relatori al Convegno Bachelet, anche il professor Ernesto Preziosi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La sua relazione avrà per titolo: “Armida Barelli: la ‘sorella maggiore’, tra spiritualità e azione. Quale l’eredità associativa da raccogliere oggi?”. Una domanda a cui Preziosi risponde nell’intervista a Vatican News, dopo aver descritto la figura di Barelli nel contesto del periodo storico in cui è vissuta: 

Ascolta l’intervista a Ernesto Preziosi

Professor Preziosi, la figura di Armida Barelli è complessa, la sua è una personalità ricca, è coraggiosa, intraprendente, ha capacità organizzative, è una leader ed è avanti rispetto ai tempi in cui vive. Lei come la descriverebbe?

Una donna unica. Perchè Armida Barelli non è solo eccezionale, ma proprio unica perchè nel suo procedere ha avuto talmente tante occasioni per manifestare il suo sentire e di coinvolgere milioni e milioni di persone e questo, solo guardando la storia complessiva del ‘900 in Italia, è un dato di unicità: nessuna donna come Barelli ha coinvolto centinaia di migliaia di donne su grandi ideali e questo, secondo me, è un dato di ricchezza molto importante. Certo, c’era sullo sfondo un profondo legame con la sua vocazione cristiana ed è quello che le ha dato l’occasione di sviluppare, poi, tutto l’insieme delle opere che lei ha svolto, tanto da far dire al cardinal Montini nel ’54, “immane opera” riferendosi alle cose che lei aveva messo in moto.

La presenza attiva dei laici nella Chiesa in Italia, non è stata una conquista facile. Per quanto riguarda le donne, ancora c’è molta strada da fare, come del resto nella società. Quale il ruolo di Armida Barelli in questo senso, quali porte ha aperto?

E’ un tema interessante quello dell’emancipazione femminile, del contributo che storicamente senza dubbio Armida Barelli ha dato a questo proposito, perché la radice con cui lei si pone non è ascrivibile al protofemminismo espresso da altre figure nei Paesi anglosassoni, ma anche in qualche misura nella Milano del suo tempo. Il suo femminismo è sostanzialmente legato a quella riscoperta che la donna fa della sua dignità di battezzata nella Chiesa e quindi chiamata ad un ruolo da svolgere nel mondo. La radice del femminismo di Armida Barelli è profondamente spirituale ma su questo instaura una novità di rapporti e di relazioni che lei stessa vive in prima persona e che vivono anche tutte coloro che la seguono, primo fra tutti il rapporto con la gerarchia, cominciando dai sacerdoti e religiosi con cui hanno a che fare nelle varie diocesi agli inizi dell’associazione, fino al vertice della gerarchia. Singolare il rapporto che lei ha con i Pontefici, con Benedetto XV, con Pio XI e Pio XII, ed è un rapporto non di una confidenza paritaria, ma filiale, è il battesimo che ci fa figli e che ci fa fratelli. Allora, c’è in lei una immediatezza di rapporto che le consente anche, non dico di resistere, ma di obiettare, di dire il suo punto di vista e in qualche caso, in particolare in un’occasione con Pio XII, subisce anche un aspetto drammatico: per qualche mese Pio XII si rifiuta di riceverla perchè lei aveva resistito su una cosa che il Papa diceva in un modo e lei diceva in un altro. Ma Armida ha la pazienza di ricostruire questi rapporti, non abbassando mai lo sguardo e avendo una schiena dritta, diciamo, quindi una dignità laicale, un’obbedienza in piedi, per dirla con Mazzolari, che ha saputo trasmettere a migliaia di donne ed è eccezionale vedere come anche nei luoghi più sperduti d’Italia, queste donne avessero ricevuto quest’impronta che aveva una profonda radice spirituale.

Lei ha già anticipato quello che avrei voluto chiederle, quale visione aveva Armida della donna? Ho letto che, ad esempio, era a favore del diritto del voto alle donne…

Certo, le grandi battaglie del femminismo vengono a coincidere perché pensando al sud d’Italia, ma non solo al sud, la donna usciva di casa solo accompagnata dal padre o dal fratello, anche per la Messa domenicale usciva con un congiunto, quindi la sua capacità di fare associazione in quei primi anni ’20, mettendo insieme donne che escono di casa si organizzano, viaggiano, magari tra le proteste della famiglia, ecco questo acquisire un’autonomia è un dato molto importante. Ma importante è anche la visione strategica del ruolo della donna: c’è una frase del padre Gemelli che dice “la donna sarà la salvezza dell’Italia”. L’immagine sta dentro quel discorso di Pio XI sulla ricristianizzazione del Paese, che vede le donne come “strumento” di una ripresa religiosa, sapendo l’influenza che una donna può avere nella sua famiglia, nell’ambiente in cui vive. E questo aspetto fa maturare un’indipendenza, un’autonomia della donna, in quanto tale, anche nei contesti educativi, familiari, parentali, fa superare i condizionamenti ambientali di chi non voleva che le donne si organizzassero e nello stesso tempo dà un protagonismo che, vissuto durante il Ventennio, darà poi i suoi frutti all’Italia liberata. E’ quel protagonismo, ancora tutto da studiare, di donne che si impegnano nelle nuove amministrazioni democratiche, di donne che, certo, in piccolo numero arrivano alla Costituente e al Parlamento, ma che davvero vanno a rinforzare tutta una presenza civica all’interno delle istituzioni che poi troveranno con il Cif, con le Acli ecc… altri strumenti per agire politicamente nel Paese.

Armida Barelli sarà proclamata beata ad aprile e questo contribuirà sicuramente a farla conoscere di più. Quale eredità lascia all’Azione cattolica e alla Chiesa? 

All’Azione cattolica lascia un’eredità importante: è un dato da sottolineare nel momento che stiamo vivendo, in questa fase di cambiamento d’epoca che anche il Papa ci invita a considerare, che proprio quando cambia un’epoca è fondamentale non disperdere il seme della storia, perché la storia dell’Azione cattolica nel ventesimo secolo è una storia che coincide con la lenta presa di coscienza del laicato, della sua chiamata, della sua dignità e quindi anche del suo ruolo nella vita della Chiesa e della società. A ogni fase storica, spetta un carattere particolare per rispondere ai segni dei tempi e Armida Barelli è una donna che legge la sua contemporaneità. Ci sono degli articoli interessantissimi nei primi anni Venti, sul fascismo nascente, in cui lei vede molto bene i germi di violenza, i rischi di totalitarismo. Un’altra cosa importante da non perdere è questa identità laicale non contrapposta all’identità gerarchica nella Chiesa, ma un laicato che deve crescere in consapevolezza, in responsabilità, in protagonismo buono. E Armida Barelli ha molto da dire in questo. E poi l’ultima eredità è la visione di un laicato, di un’Azione cattolica che ha una base vocazionale, non è organizzarsi per vivere insieme, non è l’unione fa la forza, è la radice battesimale da vivere con radicalità evangelica e in questo anche la spiritualità francescana che lei vive ricorda la chiamata che san Francesco vede in quel “che cosa devo fare per la tua chiesa? Va e ripara”. Ecco è quello che Benedetto V ci indicava nel 1917 nominando san Francesco patrono dell’Azione cattolica: il dovere di riscoprire la valenza vocazionale dell’impegno da cui tutto il resto prende significato.