L’arte e il “saluto” che ha cambiato la storia

Vatican News

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

Un interno domestico, la quotidianità di una giovane donna scossa dall’irrompere di Dio nella storia. Un angelo porta l’annuncio: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te“; la Vergine tiene lo sguardo basso e si inginocchia. Sono le caratteristiche che accomunano le innumerevoli scene dell’“Annunciazione a Maria” dipinte dagli artisti in ogni tempo e luogo.  L’episodio evangelico, narrato con particolare dovizia da Luca, è tra i più rappresentati nella storia.

Mistero e fascino

Trattata fin dai primi secoli del cristianesimo, troviamo la scena dell’Annunciazione negli antichi mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma, realizzati attorno al 400. Mistero e fascino contraddistinguono la galleria di immagini dedicate fino ai nostri giorni alla visita dell’angelo Gabriele.

Ascolta l’intervista a Sandro Barbagallo

Anno 1483: Filippino Lippi riceve la commissione di due tondi per il Palazzo Comunale di San Gimignano. Nel primo rappresenta l’angelo, nel secondo Maria che, inginocchiata, riceve l’annuncio. “Il tempo si blocca”, osserva Sandro Barbagallo, curatore del Reparto Collezioni Storiche dei Musei Vaticani e autore del libro “L’Annunciazione nell’Arte”, pubblicato da Edizioni Musei Vaticani. “Filippino rappresenta il passaggio, avvenuto con l’Annunciazione, dal tempo precedente legato al peccato a quello successivo, legato alla redenzione”.

L’eterno e il tempo che si ferma

Alle spalle dell’angelo inserisce una colonna di marmo senza base, né capitello, senza inizio e fine: rappresenta il tempo eterno di Dio. Per la prima volta in pittura un orologio compare alle spalle della Vergine: è il tempo umano che per un attimo si è bloccato”. Il pendolo infatti è fermo: d’ora in avanti la storia sarà scandita in modo nuovo.

Nuova Eva

Maria è la nuova Eva. Nel Museo Diocesano di Cortona il Beato Angelico dipinge Maria mentre è seduta sotto un porticato con un libro di preghiere sulle ginocchia. Sullo sfondo si intravede un giardino: è l’Eden. Un angelo sta cacciando i progenitori, Adamo ed Eva in seguito al peccato originale. “Attraverso il fiat di Maria inizia un processo di riscatto per l’umanità”. Cattura l’attenzione il confronto tra le parole pronunciate da Gabriele e la risposta di Maria: ‘Ecco la Serva del Signore. Avvenga di me secondo la tua parola’. “Le prime sono leggibili da chiunque osservi il dipinto, mentre la seconda – spiega Barbagallo – è criptica, scritta al contrario perché rivolta a Colui che è nei cieli”.

Un annuncio sempre attuale

Attualizzato dagli artisti di ogni epoca, il brano dell’Annunciazione offre l’occasione, a chi scorre in rassegna le singole opere ad esso ispirate, di osservare “l’evoluzione del gusto dell’arredo attraverso i secoli”. La scena infatti avviene sempre entro le mura domestiche della casa di Maria o nel suo giardino, ambienti di vita di una famiglia agiata, che i pittori raccontano secondo il gusto dei propri tempi. Particolare dovizia di dettagli si riscontra nell’arte fiamminga. Il pittore Jean Hey ad esempio inserisce sopra al letto della Vergine l’icona di Mosè, anticipatrice del Redentore. La ‘domesticità’ è resa da Lorenzo Lotto attraverso l’inserimento nella scena di un gatto, spaventato dall’intervento divino. Un’emozione riflessa anche nel gesto di Maria che, nell’olio su tela conservato al Museo Civico di Recanati, è colta di sorpresa: “girata rispetto all’inginocchiatoio sul quale stava recitando le preghiere. Il messaggio è chiaro: dal momento in cui Dio fa irruzione nella normale vita quotidiana di questa giovane donna, tutto cambia: Maria diviene Tabernacolo vivente”.

L’incontro tra umano e divino

L’incontro tra Divino e umano, impossibile da raccontare nella sua ineffabilità, è tradotto dagli artisti attraverso l’inserimento nella scena di una colomba o di un fascio di luce: è lo Spirito Santo che colpisce la Vergine Maria, turbata per l’apparizione improvvisa. C’è chi ha aggiunto un ulteriore elemento. Sandro Barbagallo ci conduce nel Palazzo Apostolico Vaticano dove è esposto un trittico dipinto da Giovanni dal Ponte intorno alla metà del Quattrocento. Al centro campeggia la scena dell’Annunciazione. “Il pittore rende visibile il momento dell’incarnazione di Gesù inserendo nel cielo la figura del Padre Eterno che indica la via, benedicendolo, ad un Bambino che prende la croce per andare incontro a Maria”.

Le 4 “annunciazioni”

Sono tanti i dettagli legati alla traduzione pittorica di questa pagina del Vangelo, spesso ignorati anche dagli studiosi d’arte. L’autore del libro li svela attraverso aneddoti e curiosità Fra tutti colpisce il fatto che l’Annunciazione a Maria sia preceduta nel tempo da altre tre “annunciazioni”. La più nota ha per protagonista il cognato della Vergine: Zaccaria, rimasto muto per aver dubitato delle parole dell’angelo che gli aveva comunicato che l’anziana moglie Elisabetta lo avrebbe reso padre del ‘precursore’, Giovanni Battista. Le altre due annunciazioni hanno coinvolto i genitori della Madre di Dio: Gioacchino ed Anna. I due coniugi avanti negli anni “entrano in disaccordo dopo che il primo viene schernito dai sacerdoti del tempio che lo giudicano indegno per il fatto di non aver avuto un figlio”. Nella Cappella degli Scrovegni Giotto dipinge il momento della riconciliazione: i due hanno appena ricevuto entrambi una visita dell’angelo con l’annuncio che sarebbero divenuti genitori: è la celebre scena del bacio , casto e profondamente umano: i due sposi anziani hanno compreso quanto “di grande” stia per avvenire nella loro vita.

Il calice amaro

Infine, ricorda Barbagallo, alla scena dell’Annunciazione sono legati anche i racconti dei vangeli apocrifi, scritti secoli dopo la venuta di Cristo. Essi raccontano l’episodio in cui Maria e Giuseppe, accusati dai sacerdoti di non essere giunti puri al matrimonio, sono costretti a bere una mistura di erbe amare. I due sposi superano la prova del ‘calice amaro’, dimostrando agli accusatori di aver detto la verità e che la gravidanza della Vergine ha origini soprannaturali. La scena è presente nei meravigliosi affreschi di Castelseprio, precedenti all’anno mille, una pagina di pittura che testimonia  come l’arte abbia tentato più volte di colmare le lacune narrative dei vangeli canonici al fine di rendere con maggiore realismo l’umanità della Sacra Famiglia.