L’arcivescovo di Bratislava: vogliamo essere una famiglia per i profughi ucraini

Vatican News

Marco Guerra e Petr Vacik – Città del Vaticano

Degli oltre tre milioni di profughi ucraini, più di 200 mila hanno già raggiunto e sono stati accolti dalla Slovacchia, Paese all’estremo confine occidentale dell’Ucraina, nella cui capitale, Bratislava, in questi giorni si svolge la terza edizione delle Giornate sociali cattoliche europee sul tema: “L’Europa oltre la pandemia: un nuovo inizio”.

Le Giornate Sociali

L’iniziativa – promossa dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e dalla Conferenza episcopale slovacca – ha orientato il focus delle riflessioni sull’attuale crisi provocata dalla guerra in Ucraina e sull’accoglienza dei rifugiati ucraini che si stanno riversando nei Paesi europei. Il responsabile del programma ceco della Radio Vaticana, padre Petr Vacik, ha intervistato per Vatican News monsignor Stanislav Zvolenský, arcivescovo metropolita di Bratislava e presidente della Conferenza episcopale slovacca, che sta seguendo i lavori delle Giornate sociali e le attività per l’accoglienza dei profughi organizzate dalla Chiesa slovacca.

Ascolta l’intervista a monsignor Zvolensky

Due diverse ondate di profughi

Il presule riferisce delle crescenti necessità dei profughi che continuano ad arrivare e che sono mutate dopo le prime settimane di conflitto: “La maggior parte dei rifugiati che sono entrati in Slovacchia, almeno nei primi giorni, erano persone che intendevano proseguire verso un altro Paese. Poi c’è una parte di rifugiati che ha parenti, o quantomeno il capofamiglia che lavora qui, e quindi sono andati da loro”. “Si può dire che la prima ondata è composta di persone che hanno una meta precisa – prosegue monsignor Zvolensky – che sanno dove andare perché lì possono essere accolti dai familiari, ma per fare questo comunque hanno bisogno di aiuto nel passaggio della frontiera, nella ricerca di un mezzo di trasporto”. Secondo l’arcivescovo di Bratislava, invece, in questi ultimi giorni, stanno arrivando rifugiati che hanno bisogno di un “aiuto diverso”, perché non hanno in Slovacchia una persona di riferimento, e quindi devono organizzarsi per far fronte a questa nuova ondata di rifugiati. Per questo motivo susseguono regolarmente gli incontri tra i rappresentanti della Caritas slovacca e delle Caritas diocesane che a loro volta sono in contatto con il Servizio di aiuto dell’Ordine di Malta e Sant’Egidio, “come Conferenza episcopale del Paese – precisa il presule – cerchiamo di dare il nostro contributo nel coordinamento di questi aiuti, un aspetto che sembra molto importante”.

Un nuovo approccio all’accoglienza

Nell’affrontare questa emergenza, monsignor Zvolenský ha notato un cambio di atteggiamento della gente e anche dei politici nei riguardi dell’accoglienza dei rifugiati e dei profughi. “Forse anche grazie all’esperienza positiva con le persone che provengono dall’Ucraina, che da anni vengono lavorare qui, la gente è ben disposta all’accoglienza. Poi il conflitto vicino alle nostre frontiere influisce sulla percezione del pericolo”, spiega l’arcivescovo di Bratislava, e “un’altra ragione può essere anche da ricercare nella vicinanza delle lingue, che ci aiuta a capirci meglio”.

Accogliere nelle comunità

L’impegno per le popolazioni che fuggono dall’Ucraina è entrato di diritto nei tavoli delle Giornate sociali cattoliche europee, che si sono aperte il 17 marzo a Bratislava per terminare domenica 20. Tuttavia monsignor Zvolenský ritiene che i temi scelti inizialmente per l’iniziativa – demografia, famiglia, transizione digitale e transizione ecologica – possono essere affrontati anche nella prospettiva della guerra. “Si sarebbe parlato della situazione demografica, della situazione delle famiglie, delle diversità tra la situazione urbana e quella rurale, dei cambiamenti che le tecnologie digitali portano nelle nostre società. Di tutto questo, però, si può parlare anche relativamente al conflitto in corso, perché anche i rifugiati hanno bisogno di una famiglia. Alcuni hanno la loro famiglia qui, o almeno qualche parente, ma poi hanno bisogno della famiglia spirituale, come diciamo qui, di accoglienza nelle comunità”, spiega ancora il presule. “Per esempio, per quelli che sono credenti, è anche più facile trovare accoglienza, ma noi dobbiamo dare la nostra disponibilità ad accoglierli”, conclude il presule. Anche l’uso delle tecnologie, aggiunge, può essere “d’aiuto in questa circostanza. Diciamo che si può parlare sui temi originali delle Giornate Sociali anche riguardo alla nuova situazione del conflitto in Ucraina”.