L’albero di Falcone rinasce anche nella “Cittadella Cielo” di Chiara Amirante

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

A poco più di trent’ anni dalla strage di Capaci, dove venne assassinato il giudice Giovanni Falcone e sua moglie, la comunità internazionale di diritto pontificio Nuovi Orizzonti ha ricordato, lunedì 5 dicembre, nella sua sede di Frosinone, la “Cittadella Cielo”, il sacrificio del magistrato che con coraggio ha combattuto i poteri della mafia. La ha fatto un’iniziativa di sensibilizzazione sul tema dell’illegalità, conclusa con la messa a dimora della “Talea di Falcone”, tratta dal ficus cresciuto davanti alla casa del magistrato, in via Notarbartolo a Palermo, e diventato albero simbolo della lotta alla criminalità. 

I progetti delle scuole legati all’enciclica Laudato si’

L’evento, dal titolo “Semi di legalità e cura del creato. Un albero per il futuro”, ha coinvolto alcune scuole di Frosinone già attive nei progetti di prevenzione al disagio giovanile, nei quali i ragazzi e le ragazze sono diventati protagonisti di attività sociali, artistiche e culturali alla scoperta della ricchezza del proprio territorio, ma anche della riqualificazione e custodia dei luoghi che sono chiamati ad abitare, concretizzando le indicazioni di Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’. Tra gli intervenuti anche il tenore Andrea Bocelli, che nel suo messaggio online da oltreoceano ha voluto ricordare ai ragazzi che “siamo tutti, nessuno escluso, chiamati a fare la propria parte in questo mondo, per rendere il futuro di tutti più equo e sostenibile”. 

Fisichella: questa talea “vuol dire ricerca della giustizia”

Nell’incontro con gli studenti e con i ragazzi della Comunità, l’arcivescovo Rino Fisichella ha ricordato il significato particolare della consegna della talea, che “viene tolta ma ricresce”, un gesto che “vuole dare anche a voi una grande responsabilità: la talea di Falcone, che vuol dire ricerca della giustizia, e impegno totale, fino al dono della vita, viene messa nelle vostre mani”. Sappiate rispondere “con la vostra coerenza, con il vostro impegno, a questa responsabilità che oggi vi viene affidata”. L’arcivescovo ha anche ricordato che l’ultima volta ha visitato la Cittadella Cielo  “per accompagnare Papa Francesco, rimane per me indelebile quel momento di gioia. So che oggi sarà altrettanto”.

Amirante: riflessione sulla legalità e impegni concreti

La fondatrice e presidente della Comunità, Chiara Amirante, ha ricordato Giovanni Falcone come “un grandissimo uomo, che senza nessun compromesso ha saputo spendere tutta la vita per una causa importante. Ma non possiamo limitarci al ricordo”. Oggi, ha spiegato, “vogliamo riflettere sulla legalità e la cura dell’ambiente”, ma anche “capire insieme cosa possiamo fare”. Amirante ha raccontato la propria esperienza a fianco di schiave del sesso, tossicodipendenti, giovani in condizioni di disagio e di marginalità, per affermare che “possiamo fare tanto”. Dalla fondazione di “Nuovi Orizzonti”, ha ricordato, “sono oltre 700 mila i giovani che si sono impegnati in questa ‘rivoluzione dell’amore’, come la chiamiamo noi, in questo desiderio di riaccendere la speranza. E migliaia i ragazzi che grazie alla Comunità sono passati dalla morte alla vita, ma posso dire che è stata un’esperienza difficile”. Ed ha concluso con un monito: “Tutto ciò che non facciamo per tutelare il creato, la nostra casa comune, che non facciamo per combattere la criminalità organizzata, che non facciamo per aiutare chi ci è vicino, è un peccato di omissione”. Diceva Madre Teresa: “Quello che possiamo fare è una goccia nell’oceano, ma se non lo facciamo quella goccia mancherebbe. Ecco quella goccia di amore che ciascuno di noi può mettere, se unita a tante altre gocce d’amore, può contribuire a creare meravigliosi arcobaleni che riaccendono la speranza”.

Il generale Marzo: difendiamo la bellezza fragile dell’Italia

Dopo Chiara, il generale Antonio Pietro Marzo, alla guida del Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari (Cufaa) dell’Arma dei Carabinieri, ha ricordato alla platea dei giovani che l’Italia è un paese “ricchissimo di bellezze naturali” ma “tutto ciò che è bello è anche fragile”. Ecco perchè il Cufaa dei Carabinieri favorisce “lo sviluppo dei territori” più remoti del Paese ma sempre con progetti orientati alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente. “I nostri 7 mila uomini – ha spiegato – operano a 360 gradi per la tutela dell’ambiente e per il contrasto ai crimini ambientali. Siamo nei piccoli centri, nelle montagne, nelle zone più remote del Paese”. Con il progetto “Un albero per il futuro”, vorremmo creare un bosco diffuso della legalità con i Carabinieri della Biodiversità: un albero è “un essere vivente che combatte il male, la Co2, e la trattiene per ridarci ossigeno, quindi la vita”. E la Talea di Falcone “è simbolo di educazione alla legalità in memoria di una persona che si è sacrificata pe il bene comune”.

Ruffini: se il bene non è comune, non è neppure il mio bene

Infine Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero della Comunicazione della Santa Sede, ha sottolineato che “La legge sola non basta. La legalità può in qualche modo garantire il principio di uguaglianza, aiutare i più deboli, essere una regola a cui tendere, ma senza un cambiamento culturale che precede la legge, non ci sarà legge che tenga”. “Oggi viviamo in un mondo tutto sbagliato: guerre, cambiamenti climatici, desertificazione, inquinamento ambientale”, ha proseguito Ruffini citando poi uno scrittore “non credente” come Italo Calvino: “Ci sono due modi per vivere nell’inferno del mondo: o accetti l’inferno così com’è e ne diventi parte oppure devi cercare nell’inferno quello che inferno non è, farlo vivere, dargli spazio ed essere noi stessi semi di qualcosa di nuovo”. Così, piantare una talea “vuol dire questo: noi stessi seminando il bene raccoglieremo il bene”. E’ quello che Papa Francesco evidenzia nell’enciclica Laudato Si’: “Il bene mio sta nel bene nell’altro. Il bene, se non è comune non è neppure più il mio bene”. Un principio che, secondo il prefetto, non può e non deve essere limitato alla sfera della religione, ma dev’essere “anche il senso più profondo della giustizia. Invece siamo abituati a un rispetto formale della legge, più che a un rispetto sostanziale che ci fa essere parte di un destino comune”. Il Papa, ha concluso, ci ricorda che: “Il cambiamento non appartiene ad altri, ma ad ognuno di noi, nei piccoli e nei grandi gesti. Dobbiamo tutti, attraverso i nostri comportamenti, provare a cambiare. Ciò che abbiamo davanti è frutto anche dei nostri comportamenti o delle nostre omissioni e che qualsiasi momento è buono per cambiare”.