La testimonianza dei maroniti: dal Bahrein un “nuovo fiore” nato da Abu Dhabi

Vatican News

Yammine Talal – Awali, Bahrein

Il Forum sul Dialogo tra Oriente e Occidente è stata un’occasione per continuare il percorso intrapreso nel 2019 ad Abu Dhabi e un nuovo passo nel segno della “Fratellanza Umana”. A ribadirlo è anche monsignor Joseph Naffah vescovo ausiliare maronita di Joubbé, Sarba e Jounieh, nel nord del Libano, e visitatore patriarcale per i maroniti presenti nella penisola arabica. “Si vede che ciò che il Santo Padre ha seminato ad Abu Dhabi sta fiorendo sempre di più”, spiega, “questo incontro di oggi in Bahrein è più allargato di quello di Abu-Dhabi, dove c’era solo il Papa e l’imam di Al-Azhar Al-Tayyeb. Oggi ci sono anche gli ortodossi e anche esponenti delle altre religioni”. “Questo – ribadisce – porta avanti gli ideali cristiani di apertura, di dialogo, del seminare la pace ovunque, di accettarsi a vicenda e fa anche ricordare che tutte le religioni hanno lo scopo di seminare la pace e di aiutare la persona umana a vivere in modo più pacifico e più onesto con se stessi”.

Ascolta l’intervista integrale a monsignor Joseph Naffah

La presenza attiva ed efficace della Chiesa 

Monsignor Naffah, presente al Forum di oggi, ha anche ricordato gli inizi della sua esperienza con i fedeli della penisola araba. “Quando il patriarca mi ha nominato come visitatore del Golfo, io ho pensato di giungere in un deserto dove il cristianesimo non esiste, ma appena sono arrivato ho scoperto subito che avevo sbagliato tutto, perché qui la Chiesa è presentissima ovunque in modo molto efficace”. “I cristiani – spiega – sono migliaia e migliaia. Per dare solo un numero nel Golfo ci sono 45 parrocchie cattoliche e ci sono anche parrocchie ortodosse e protestanti. È una presenza fortissima”.

Fratellanza e sviluppo

Una testimonianza di fede che sembra ancora più forte perché i fedeli di questi Paesi sono in grande maggioranza emigrati. “Forse quando siamo più lontani da casa nostra riscopriamo un po’ l’importanza della nostra fede”, sottolinea il presule, “perciò la partecipazione dei fedeli – arabi, italiani, francesi, inglesi, indiani e altri – alla vita della parrocchia è sicuramente molto più forte di quella che si trovano nei Paesi occidentali più cristiani”. “Qui – spiega ancora – troviamo che anche i nostri confratelli musulmani che abitano in questi Paesi e ci accolgono con il cuore aperto, perché trovano in noi una testimonianza della pace e della fede, ma anche una testimonianza della fratellanza tra di noi”. “I fratelli cristiani – conclude – lavorano in questi Paesi con tutta la coscienza di portare avanti anche questi Paesi verso un futuro molto più sviluppato”.