La Santa Sede: la lotta al povertà deve essera la priorità della comunità internazionale

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Conclusa in Qatar la quinta conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi meno sviluppati. L’arcivescovo Eugene Nugent: indispensabile l’accesso a un mercato internazionale più giusto e che tutti abbiano cibo

Michele Raviart – Città del Vaticano

Lo sradicamento della povertà rimane la sfida più urgente che la comunità internazionale deve affrontare collettivamente per garantire che tutte le donne, gli uomini e i bambini dei Paesi meno sviluppati diventino, come ha ricordato Papa Francesco all’Assemblea della Nazioni Unite nel 2015 “agenti dignitosi del proprio destino ” e possano sviluppare appieno il proprio potenziale, sostenere loro stessi e i propri figli e partecipare alla società. A sottolinearlo è monsignor Eugene Nugent, capo della Delegazione della Santa Sede alla quinta Conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi meno sviluppati che si è svolta a Doha, in Qatar, dal 5 al 9 marzo scorso. Un evento che è stato definita un’opportunità cruciale per la comunità internazionale, che possono così unire gli sforzi nell’aiutare i Paesi più poveri nel loro percorso verso uno sviluppo sostenibile e integrale.

Aumenanto i poveri nel mondo

Nei Paesi meno sviluppati vivono 880 milioni di persone e un numero sempre maggiore di loro vive in estrema povertà, 32 milioni in più rispetto all’inizio della pandemia di Covid-19. Una condizione che non riguarda solo l’aspetto meramente economico, ma anche l’accesso all’istruzione, a un cibo sicuro e sufficiente, all’acqua potabile e all’energia elettrica. Un quadro complesso in cui gioca un ruolo fondamentale l’accesso al commercio internazionale, inteso come volano dell’economia.

Favorire un commercio più giusto

“Il pieno potenziale commerciale dei Paesi meno sviluppati non è stato ancora del tutto sbloccato”, spiega ancora Nugent, perché manca un’efficace integrazione nel sistema economico mondiale e nella catena di valore. In questo senso un commercio che possa definirsi “giusto” deve essere basato su relazioni economiche internazionali che seguano criteri etici, come la ricerca del bene comune, la destinazione universale dei beni, l’equità degli scambi, attenzione ai diritti e ai bisogni dei più poveri, anche attraverso un più giusta distribuzione del reddito. “Questo significa soprattutto che le politiche economiche dovrebbero essere valutate per come riducono la distanza tra chi possiede e chi non possiede niente”, ribadisce il capo delegazione della Santa Sede.

La realtà paradossale dell’insicurezza alimentare

Cruciale è poi il tema dell’insicurezza alimentare, che riguarda più di 251 milioni nei Paesi più poveri. “Una realtà paradossale”, spiega l’arcivescovo Nugent, “in cui mentre è prodotto cibo sufficiente per tutti, la carenza di cibo rimane una realtà quotidiana per milioni di persone che soffrono e muoiono per la fame”. È importante allora che la comunità internazionale continui a lavorare insieme per ridurre l’incidenza della volatilità dei prezzi nel mercato globale e allievi i suoi effetti quando è inevitabile.