La preoccupazione della Chiesa per i licenziamenti alla Whirlpool

Vatican News

Andrea De Angelis – Città del Vaticano 

La decisione era nell’aria ormai da settimane, visto anche l’annuncio dello scorso mese. Ora però la presa di posizione è ufficiale: Whirlpool ha comunicato ai sindacati ed al ministero dello Sviluppo Economico (Mise) l’apertura della procedura di licenziamento collettivo per i 340 operai dello stabilimento di Napoli. La multinazionale ha dunque intrapreso di nuovo la strada della chiusura che in questi mesi non aveva potuto percorrere visto il blocco dei licenziamenti imposto dal governo Conte – e poi prolungato da quello Draghi – per l’emergenza sanitaria, economica e sociale legata alla pandemia. Per l’Italia si tratta della terza procedura in poco più di dieci giorni dopo quelle di Gkn a Campi Bisenzio e di Giannetti Ruote a Ceriano Laghetto. Quasi mille i lavoratori coinvolti. 

I numeri 

Sono dunque 340 gli operai Whirlpool ad un passo dal licenziamento. Altrettante famiglie, in un’azienda che, spiega nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News don Tonino Palmese, vicario episcopale per il settore Carità e Giustizia della diocesi di Napoli, ha proprio fatto “dello spirito familiare, della militanza il segreto della sua forza”. Una realtà i cui numeri sono positivi e dunque non motivano, almeno da questo punto di vista, un licenziamento collettivo, che deriva da un’operazione iniziata già da tempo. I sindacati sono sul piede di guerra, tutte le principali sigle nazionali chiedono un intervento deciso di Palazzo Chigi e del Mise. 

Le persone al centro 

Don Palmese, lei ha sempre seguito da vicino la questione Whirlpool sia come uomo di Chiesa che come profondo conoscitore del territorio. Come interpreta questa accelerazione verso il licenziamento collettivo?

Ascolta l’intervista a don Tonino Palmese

Avendo conosciuto l’azienda, posso affermare che la pandemia ed i licenziamenti sono stati una catastrofe. Mi sento di dire tre cose. La prima è che si tratta di un’azienda familiare, fatta da padri e figli che hanno ereditato il lavoro dai parenti, non in senso di raccomandazioni, ma perché l’azienda aveva puntato molto su questo. Il figlio di un bravo operaio poteva rivelarsi altrettanto bravo e spesso è stato così. Parliamo di un’azienda dove c’è dunque un clima familiare nel senso più profondo del termine, non si tratta solo di un agglomerato di individui. Il secondo aspetto che mi preme sottolineare è il senso di militanza di queste persone, che non hanno mai smesso di presidiare il territorio, perché questa per loro è una casa. La vivono così. Un territorio alternativo alla camorra. Infine siamo davanti ad uno stillicidio che definirei kafkiano, perché questa azienda non era in fallimento, il fatturato era in attivo! Questo è un ulteriore schiaffo a quelle maestranze che avevano lavorato portando a casa un risultato meraviglioso. Sono certo che questi tre punti saranno sul tavolo del governo e confido nella persona del presidente Draghi che farà di tutto per scongiurare il licenziamento di queste persone. 

Il concetto di sviluppo umano integrale, tanto caro a Papa Francesco, ha al suo interno anche quello di lavoro dignitoso. Qual è allora la ricetta giusta, il metodo per mettere davvero al centro la persona?

Credo che la ricetta giusta sia quella di fare memoria della vita delle persone. Lo ripeto, non sono solo dipendenti – e questo basterebbe per una vertenza sindacale -, ma parte di un’azienda di quartiere, di città. Di un’azienda di famiglia dove c’è un valore umano che fa davvero la differenza rispetto ad altri esempi di multinazionali, dove i padroni non sanno chi sono i loro dipendenti e viceversa. 

La criminalità organizzata

Don Palmese, lo sblocco dei licenziamenti preoccupa tutto il territorio nazionale ed anche quello campano. Con particolare riferimento al suo territorio, alla città di Napoli, ha la sensazione che non sia ancora chiara la portata, l’effetto di un aumento esponenziale di licenziamenti in un simile contesto storico?

I licenziamenti ed i fallimenti delle piccole e medie aziende, ma anche delle grandi aziendi sono, diciamo così, attesi da parte della criminalità organizzata, che oggi ha liquidità immediata per poter inserirsi nel tessuto sociale. La liquidità della camorra determina la possibilità di poterlo fare, non direttamente in un grande azienda, ma attraverso il territorio. Un ricatto alle persone, che si basa sulla loro sopravvivenza…