La Passione, tra dolore e speranza, nell’arte del Novecento

Vatican News

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

Una mostra di potente attualità. Mentre l’umanità segue con apprensione i drammatici accadimenti del conflitto in Ucraina, a Milano, nelle sale del Museo Diocesano Carlo Maria Martini, nel suo ventennale, inaugura l’esposizione “La Passione. Arte italiana del ‘900 dai Musei Vaticani.

Arte contemporanea dai Musei Vaticani

Un’iniziativa che intende mostrare attraverso una raffinata selezione delle opere della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea delle collezioni pontificie, come tra la prima e la seconda guerra mondiale gli artisti italiani abbiano vissuto un periodo di profonda riflessione sulla devastazione causata dalle armi e inevitabilmente per rappresentare la sofferenza di tanti innocenti abbiano tratto ispirazione dalla Passione di Gesù Cristo.

Il Novecento e la Passione

“Moltissimi artisti, non tutti credenti si sono voluti confrontare con questo tema”, spiega Micol Forti, responsabile della sezione dedicata all’arte contemporanea dei Musei Vaticani. “È una dimostrazione di come il rapporto tra arte e chiesa, sebbene talvolta tormentato e inquieto sia stato sempre presente lungo tutto l’arco del secolo”.

Il bacio di Giuda

Il percorso espositivo si apre con alcuni episodi che precedono la Passione di Cristo, come la Flagellazione di Salvatore Fiume o il Bacio di Giuda nell’interpretazione di Felice Casorati e Giuseppe Montanari. Proprio quest’ultimo olio su tela del 1918 è una delle opere più significative secondo Micol Forti: “Difficile scegliere un’opera tra le 40 che abbiamo selezionato. L’immagine di Montanari racconta il bacio di Giuda, il tradimento. L’artista elimina ogni dettaglio del racconto concentrandosi sui due protagonisti. Giuda, un uomo di grossa corporatura, che per baciare il suo maestro, deve alzarsi in punta di piedi sotto una luce lunare di una notte stellata”.

Il Crocifisso

Tra le opere destinate alla Crocefissione spiccano l’omaggio a Martin Luther King jr di Mirko Basaldella in una movimentata e gremita composizione che risente indiscutibilmente dell’influsso di “Guernica”, capolavoro di Pablo Picasso; ma anche l’olio su tela di Dottori, una della prime opere di quell’Arte Sacra Futurista promossa nel Manifesto di Marinetti e Fillia nel 1931; fino al bronzo di Manzù, lontano dagli sperimentalismi delle avanguardie artistiche e in dialogo con la scultura passata e recente, da Donatello a Rodin.

Un pugno nello stomaco

La mostra prosegue affrontando il tema della Pietà e della Deposizione attraverso le opere di Carlo Carrà, Felice Carena, Francesco Messina, Marino Marini. “Non sono opere gradevoli: sono graffianti, fastidiose, un pugno nello stomaco, davvero ci fanno riflettere sull’oggi”, commenta Nadia Righi, direttore del Museo Diocesano di Milano. “Non avremmo mai pensato che la mostra sarebbe stata tanto attuale: vedere oggi come gli artisti italiani del secolo scorso si sono mossi tra i due conflitti, l’olocausto, il nazismo e le persecuzioni fa molto riflettere. Essi – prosegue – sono stati costretti a confrontarsi con la Passione di Cristo, segno della sofferenza che stava lacerando l’umanità”.

L’ultima parola alla Resurrezione

Il male, la sofferenza non hanno l’ultima parola. L’esposizione si conclude infatti con un disegno e un bozzetto in bronzo di Pericle Fazzini preparatori alla monumentale Resurrezione dell’Aula Paolo VI in Vaticano, destinata alle udienze pontificie e inaugurata dallo stesso papa Montini nel 1977 in occasione dei suoi ottant’anni. “La Passione – dichiara Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani – è il centro della nostra vita cristiana e prelude alla Resurrezione. Quella di Fazzini è un opera potente e dirompente. Dopo la morte c’è la Resurrezione. Ed è questo il messaggio di speranza che con la mostra vogliamo oggi consegnare ai visitatori”.

Tradizione e innovazione

“Gli artisti contemporanei sanno scrivere e raccontare il dolore del giusto ingiustamente ucciso. Ma sanno raccontare anche la speranza?” Questa posta dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini durante l’inaugurazione della mostra che oltre ai nomi citati presenta anche opere di Ottone Rosai, Renato Guttuso, Fausto Pirandello, Giacomo Manzù, Aldo Carpi e Antonio Giuseppe Santagata. Pittori che alla devastazione bellica tentano di rispondere con slancio creativo in costante confronto con la tradizione, ma percorrendo rinnovate forme linguistiche ed espressive.

Speranza

“Il Novecento – rileva il presule – è diventato come afono, smarrito di fronte alla speranza. Vorrei che chi visita questa mostra possa dire: a Milano si sa come si scrive il dolore, ma a Milano si sa anche come si scrive la speranza”.

Un’amicizia che continua

Dall’arcivescovo di Milano l’apprezzamento per l’amicizia stabilita ormai da anni tra i Musei Vaticani e il Museo Diocesano Carlo Maria Martini: “non si tratta solo di un prestito, cioè del trasferimento di alcuni capolavori dai Musei Vaticani al Museo Diocesano, ma dell’elaborazione di un progetto che richiede tanto tempo, coinvolge tante persone, impegna in una visione comune”. La mostra “La Passione” è infatti il terzo capitolo di una collaborazione su eventi espositivi pensati per il periodo pasquale, iniziata nel 2018  con l’esposizione “Gaetano Previati. La Passione” e proseguita nel 2020 con “Gauguin, Matisse, Chagall. La Passione nell’arte francese dai Musei Vaticani”.

Oltre la guerra

Nei suoi intenti iniziali l’esposizione, con opere realizzate dagli inizi del Novecento agli anni Settanta, si proponeva di offrire una riflessione artistica sulla sofferenza dopo due anni di pandemia. Ora che lo spettro della guerra è tornato a minacciare il futuro della pace mondiale, il messaggio della speranza e della Resurrezione in mezzo a tanta sofferenza e morte, arriva ancora più forte.

Guarda il saluto dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini durante l’inaugurazione della mostra