La Chiesa africana: tra Europa e Africa si promuova un partenariato equo

Vatican News

Lisa Zengarini – Città del Vaticano

Un nuovo partenariato europeo con i settori agricolo e alimentare dell’Africa. Sarà questo l’oggetto del prossimo importante vertice tra Unione Europea e Unione Africana (UA). Previsto inizialmente nell’ottobre del 2020, ma rinviato al 2021 in data da definirsi a causa della crisi del Covid-19, il summit si propone la definizione di una partnership di lungo periodo tra le due sponde del Mediterraneo nel quadro della nuova e ambiziosa “Alleanza Africa-Europa”, alla quale l’UE sta lavorando dal 2018, in particolare attraverso la speciale Task Force Africa rurale, dando seguito agli impegni assunti nel 2017. L’obiettivo è il rilancio degli investimenti pubblici e privati nell’agricoltura sostenibile dell’Africa, il potenziamento gli scambi commerciali tra i due continenti, la condivisione delle conoscenze e del know-how e la creazione di posti di lavoro e attività che generino reddito nelle zone rurali dell’Africa.

In una dichiarazione congiunta le preoccupazioni per l’Africa

In vista del vertice, il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (SECAM), diversi altri organismi ecclesiali africani, insieme e organizzazioni della società civile (CSO), hanno pubblicato una dichiarazione congiunta in cui ribadiscono alcune preoccupazioni per l’impronta eurocentrica della nuova strategia comune Africa-UE. Secondo la Chiesa africana, infatti il grande assente è proprio l’Africa con i grandi problemi che deve affrontare, a cominciare dal monopolio del settore alimentare da parte delle multinazionali dell’agro-industria, con i danni che essi arrecano all’ambiente, alla terra, alle risorse idriche, alla biodiversità e alla stessa alimentazione e salute dei popoli africani.

Le politiche dettate dal Nord del mondo

“Sebbene l’obiettivo dichiarato sia quello di costruire un futuro più prospero, più pacifico e più sostenibile per tutti – si legge nel testo – i cinque partenariati proposti in materia di energia, digitalizzazione, investimenti interni, pace e migrazione dicono poco sulle esigenze di quel 60% di famiglie africane che dipendono dall’agricoltura familiare e dalla produzione alimentare su piccola scala per il proprio sostentamento”. Nonostante i piccoli agricoltori, i pastori, i pescatori e le comunità forestali siano la componente principale dell’Africa rurale, a dominare la scena sono attori esterni: filantropi, imprese, agenzie di aiuto multilaterali e bilaterali. Le politiche economiche nel continente – rileva la dichiarazione – continuano ad essere dettate dal nord del mondo che privilegia investimenti privati e partenariati pubblico-privato, la monocoltura orientata all’esportazione e la cessione di terre per lo sfruttamento delle risorse naturali senza valutare, o nonostante l’impatto ambientale di tali attività.

L’agricoltura pilastro dell’economia africana 

A questa impostazione la Chiesa africana contrappone un’altra “visione”: “Per il 60% degli africani che dipendono dall’agricoltura per il proprio sostentamento – spiega il documento – la terra non è né una merce né un bene individuale. È un dono di Dio e dei nostri antenati” che “determina la nostra identità di esseri umani, la nostra dignità, il nostro senso di appartenenza”. Inoltre – si osserva – in Africa – il cibo è un diritto umano fondamentale, non una merce nelle mani di pochi eletti che determinano i prezzi attraverso le loro industrie alimentari”. La dichiarazione rimarca ancora che il settore agricolo è il pilastro dell’economia africana, come della maggior parte dei paesi nel mondo: non solo garantisce “una migliore sicurezza alimentare e nutrizionale, benefici ambientali e una maggiore resilienza ai cambiamenti climatici”, ma svolge anche “un ruolo importante nella coesione e nella cultura della comunità”. Le scelte di politica economica hanno dunque un forte impatto anche su questi aspetti.

Necessario un partenariato Africa-Europa equo 

La dichiarazione firmata dal SECAM offre quindi una serie di raccomandazioni volte a rimodellare le relazioni politiche ed economiche intercontinentali per stabilire un partenariato che sia equo e responsabile. Tra queste, in primo luogo, quella di maggiori investimenti nell’agro-ecologia per rafforzare, in modo sostenibile, la sicurezza e la sovranità alimentare, riducendo così la povertà e la fame, preservando la biodiversità e rispettando le conoscenze ancestrali delle popolazioni locali. Si tratta, quindi, di ripensare anche l’attuale modello di sviluppo agricolo in Africa e di riconoscere il ruolo chiave delle imprese familiari, delle cooperative, dei piccoli agricoltori. In questo senso si muove anche la raccomandazione di fare in modo che tutte le acquisizioni di terre su larga scala siano precedute da una valutazione trasparente dell’impatto ambientale, sociale e culturale e dal consenso informato delle comunità indigene e contadine. Si chiede poi uno stop alla riduzione delle risorse naturali del continente a “commodity” a disposizione delle multinazionali. Altri punti del documento riguardano, infine, i diritti umani, per la quale la Chiesa africana chiede una legislazione vincolante per le multinazionali, e la pace e la sicurezza, condizione imprescindibile per lo sviluppo in Africa.