Chiesa Cattolica – Italiana

La Cei per la Giornata della vita: mettere fine ad un’esistenza non è libertà

Marco Guerra – Città del Vaticano

Le ripercussioni della pandemia sulla custodia della vita nascente e terminale, sulle fragilità, sul sistema sanitario e sulle responsabilità individuali. È incentrato su questi temi il Messaggio che il Consiglio Episcopale Permanente della CEI ha preparato per la 44.ma Giornata Nazionale per la Vita che si celebrerà il 6 febbraio 2022 col titolo «Custodire ogni vita. “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2,15)».

La necessità della cura reciproca

I vescovi osservano che emerge con rinnovata consapevolezza l’evidenza che la vita ha bisogno di essere custodita. “Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui – si legge nel testo – che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione”. Il pensiero dei presuli va innanzitutto alle nuove generazioni e agli anziani: “Le prime, pur risultando tra quelle meno colpite dal virus, hanno subito importanti contraccolpi psicologici, con l’aumento esponenziale di diversi disturbi della crescita; molti adolescenti e giovani, inoltre, non riescono tuttora a guardare con fiducia al proprio futuro. Anche le giovani famiglie hanno avuto ripercussioni negative dalla crisi pandemica, come dimostra l’ulteriore picco della denatalità raggiunto nel 2020-2021, segno evidente di crescente incertezza. Tra le persone anziane, vittime in gran numero del Covid-19, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa e ristabilire relazioni aperte con gli altri”.

Acuita la conflittualità sociale

Il Messaggio si sofferma anche sull’impatto della pandemia sulle fragilità sociali, con l’aumento delle famiglie – specialmente giovani e numerose – in situazione di povertà assoluta, della disoccupazione e del precariato, la crescita della conflittualità domestica. Il Rapporto 2021 di Caritas italiana ha rilevato quasi mezzo milione di nuovi poveri, tra cui emergono donne e giovani, e la presenza di inedite forme di disagio, non tutte legate a fattori economici.

La gratitudine verso medici e volontari

La Cei attinge quindi alle parole usate da Papa Francesco per indicare San Giuseppe come modello di coloro che si impegnano nel custodire la vita: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà”. Quindi viene ricordato l’impegno delle tante persone che custodiscono ogni vita sia nell’esercizio della professione, sia nelle diverse espressioni del volontariato, sia nelle forme semplici del vicinato solidale. “Alcuni hanno pagato un prezzo molto alto per la loro generosa dedizione. A tutti – scrivono i vescovi italiani –  va la nostra gratitudine e il nostro incoraggiamento: sono loro la parte migliore della Chiesa e del Paese; a loro è legata la speranza di una ripartenza che ci renda davvero migliori”.

Manifestazioni di egoismo

I vescovi si soffermano anche sugli aspetti più controversi di questo periodo segnato dalla pandemia: “Non sono mancate, tuttavia, manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti. Molto spesso si è trattato di persone comprensibilmente impaurite e confuse, anch’esse in fondo vittime della pandemia; in altri casi, però, tali comportamenti e discorsi hanno espresso una visione della persona umana e dei rapporti sociali assai lontana dal Vangelo e dallo spirito della Costituzione”.

Preoccupano spinte verso aborto e suicidio assistito

La Conferenza episcopale italiana guarda poi con preoccupazione ad alcune spinte culturali mortifere, facendo un esplicito riferimento alla recente raccolta firme per indire il referendum sulla depenalizzazione del suicidio assistito: “Anche la riaffermazione del “diritto all’aborto” e “la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente vanno nella medesima direzione”. Il messaggio riprende poi l’intervento del cardinale Bassetti al Consiglio episcopale permanente, nella parte in cui afferma che “è necessario ribadire che non vi è espressione di compassione nell’aiutare a morire, ma il prevalere di una concezione antropologica e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali. […] Chi soffre va accompagnato e aiutato a ritrovare ragioni di vita; occorre chiedere l’applicazione della legge sulle cure palliative e la terapia del dolore”.

Accompagnare e dare speranza

Secondo i vescovi “il vero diritto da rivendicare è quello che ogni vita, terminale o nascente, sia adeguatamente custodita”. “Mettere termine a un’esistenza  – scrivono – non è mai una vittoria, né della libertà, né dell’umanità, né della democrazia: è quasi sempre il tragico esito di persone lasciate sole con i loro problemi e la loro disperazione”. Accompagnare e sostenere le vite più fragili è dunque la risposta più efficace contro la cultura della morte. “Come comunità cristiana – scrive ancora la Cei – facciamo continuamente l’esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza”.

Tutti chiamati a custodire la vita

Per far comprendere meglio il significato di questo impegno, i vescovi citano ancora Papa Francesco: “È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene”.I vescovi italiani concludono il messaggio esortando le persone, le famiglie, le comunità e le istituzioni a non sottrarsi a questo compito, imboccando ipocrite scorciatoie: l’invito è ad impegnarsi “sempre più seriamente a custodire ogni vita”. “Potremo così affermare – concludono –  che la lezione della pandemia non sarà andata sprecata”.

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