Chiesa Cattolica – Italiana

Kabul, riaperto l’aeroporto. Biden: non potevamo più restare

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

E’ tornata la calma all’aeroporto Hamid Karzai di Kabul, e sono riprese le evacuazioni di personale diplomatico estero, dopo le scene di disperazione e caos di ieri, durante l’invasione di migliaia di afghani decisi a fuggire ad ogni costo dal Paese, quando anche la capitale è caduta in mano ai talebani. Centinaia di uomini hanno invaso la pista controllata dalle forze Usa, rincorrendo gli aerei statunitensi nonostante gli spari d’avvertimento dei militari. Alcuni si sono aggrappati ai velivoli in fase di decollo, tre sono precipitati e morti. Altri sono arrivati armati, e due sono stati uccisi dai soldati Usa. Per questo il Pentagono ha poi sospeso, nel pomeriggio di ieri, tutti i voli destinati a far uscire dal Paese il personale delle missioni ormai chiuse.

Biden: al Qaeda sconfitta dieci anni fa, missione compiuta

Nel suo discorso alla nazione, ieri sera in Italia, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha difeso la decisione di ritirare le truppe. La nostra missione, ha detto, “non avrebbe mai dovuto essere la costruzione di una nazione, ma combattere il terrorismo”. “Siamo andati in Afghanistan, quasi 20 anni fa, per prendere quelli che ci hanno attaccato l’11 settembre 2001 e assicurarci che al Qaeda non potesse usare il Paese come base per attaccarci di nuovo. L’abbiamo fatto, dieci anni fa”.

Criticata la fuga dei leader afghani e la resa dell’esercito 

Biden ha puntato il dito contro i leader afghani che sono fuggiti dal Paese e condannato la resa dell’esercito, che non ha combattuto all’arrivo dei talebani. “Abbiamo speso mille miliardi di dollari, equipaggiato 300 mila uomini dell’esercito afghano – ha proseguito il presidente americano – e abbiamo dato la possibilità agli afghani di decidere il loro futuro, ma non potevamo dare loro la volontà di combattere per il loro futuro”. Dopo 20 anni, ha sottolineato Biden, che per otto è stato il vice del presidente Obama, “ho imparato a mie spese che non c’era mai un buon momento per ritirare le forze statunitensi. Ecco perché siamo ancora lì”.

“Difenderemo sempre i diritti umani, attraverso la diplomazia”

Ma non si poteva restare ancora a Kabul, col rischio di un nuovo Vietnam, e non era possibile chiedere altri sacrifici ai militari americani, per una “guerra civile in un Paese straniero”. “Continueremo a sostenere il popolo afghano attraverso la diplomazia – ha concluso il presidente – come facciamo in tutto il mondo. I diritti umani hanno un posto d’onore nella nostra politica estera”. Intanto, anche se è stato riaperto in serata l’aeroporto di Kabul, controllato dagli Stati Uniti, il Dipartimento di Stato ha consigliato ai cittadini americani di restare al sicuro e non raggiungere ancora lo scalo.

La calma apparente di Kabul, nessuna donna nelle strade

Molti Paesi, come l’Italia, si sono affrettati già nei giorni scorsi, fino a ieri, ad evacuare i propri diplomatici, i collaboratori locali e i propri cittadini residenti nel Paese. Il presidente afghano Ashraf Ghani è fuggito all’estero, mentre il suo governo crollava. Le strade di Kabul sono ormai in mano agli estremisti. Fonti sul posto raccontano di strade apparentemente calme, con vie semideserte e nessuna presenza di ragazze e donne. Sono loro a rischiare di perdere ogni diritto, da quello di studiare a quello di disporre della propria vita, sotto la “legge islamica” fondamentalista che i talebani sostengono. A rischio della vita sono poi tutti e tutte coloro che sono associabili a forze occidentali o avverse ai talebani.

L’Onu: formare un governo che rappresenti anche le donne

L’ambasciatore afghano all’Onu, Ghulam Isaczai, alla riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza ha raccontato che gli estremisti “cercano casa per casa, registrando nomi e cercando persone sulla loro lista nera. Ci sono già notizie di uccisioni mirate e saccheggi. Gli abitanti di Kabul stanno vivendo nella paura assoluta”. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha invitato la comunità internazionale a unirsi per “rimuovere la minaccia terroristica” in Afghanistan dopo il ritorno al potere dei talebani. E il Consiglio di sicurezza, nella riunione d’emergenza, ha chiesto colloqui per formare un nuovo governo “unito, inclusivo e rappresentativo, inclusa la piena, eguale e significativa partecipazione delle donne”. Ha anche domandato la fine immediata dei combattimenti e degli abusi dei diritti umani.

I talebani: amnistia generale per tutti i funzionari del governo

Intanto i talebani hanno però annunciato, con una nota, un’amnistia generale per tutti i funzionari che hanno lavorato per il governo, chiedendo a tutti gli abitanti di Kabul “di tornate alla routine con piena fiducia”. Gli Stati Uniti confermano che la missione in Afghanistan terminerà quando verranno evacuati tutti gli americani che si trovano nel Paese, secondo programma entro il 31 agosto. Per le operazioni di evacuazione, gli Usa hanno dispiegato 6 mila soldati e altri mille sono in arrivo.

In arrivo 500 milioni di dollari dagli Usa per i rifugiati afghani

Il governo americano annuncia anche lo stanziamento di ulteriori 500 milioni di dollari in aiuti per rifugiati e migranti che devono fuggire dall’Afghanistan, che saranno messi a disposizione attraverso agenzie governative come l’Agenzia per lo sviluppo internazionale (Usaid). Gli Stati Uniti offriranno questi fondi anche a livello bilaterale ai Paesi che ospitano afghani, e a gruppi umanitari e organizzazioni internazionali.

Macron: dall’Europa una risposta unitaria per i nuovi migranti

l presidente francese Emmanuel Macron, ieri sera, ha annunciato di voler presentare un’iniziativa europea che “anticipi” e “protegga contro flussi migratori irregolari e notevoli” che nutrono “traffici di ogni tipo”. “Insieme alla Germania ed altri Paesi europei – ha detto in un intervento in tv – lanceremo un’iniziativa per costruire senza ritardi una risposta robusta, coordinata e unitaria”. Macron ha invitato i partner “alla solidarietà in questo sforzo, all’armonizzazione dei criteri di protezione”, auspicando “la cooperazione con i Paesi di transito”.

Exit mobile version
Vai alla barra degli strumenti