Chiesa Cattolica – Italiana

Iraq, il pellegrinaggio in Italia della Madonna sfregiata di Batnaya

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Potremmo chiamarla, convinti che non si offenderebbe, la “Madonna con la mascherina”. E’ la piccola statua della Vergine Maria Incoronata di Batnaya, cittadina della Piana di Ninive, nel nord Iraq, che prima dell’attacco dell’Isis del luglio 2014 contava 5mila abitanti, in gran parte cristiani. I pezzi di questa statuetta in vetroresina, alta poco più di un metro, quello che restava dell’immagine mariana dopo la devastazione delle milizie dell’autoproclamato Stato Islamico, sono arrivati a Giussano, in provincia di Monza e Brianza, tre settimane fa, grazie ad Aiuto alla Chiesa che soffre, la fondazione di diritto pontificio che assiste i cristiani perseguitati nel mondo.

Il pellegrinaggio proseguirà dal 1° settembre fino all’Avvento

Le sapienti mani dell’artigiano restauratore Franco Elli (con l’aiuto di Aurelio Villa e Fiorino Sironi) le hanno restituito dignità, ma volutamente non hanno cancellato i segni dello scempio: una mano staccata è ora ai piedi della Vergine, che non ha né bocca né naso, sostituiti da uno stucco bianco che fa tanto mascherina anti contagio. Sabato 12 e domenica 13 giugno, la Madonna ricostruita di Batnaya inizierà il suo pellegrinaggio in Italia dalle cinque chiese della comunità pastorale di San Paolo a Giussano. Un’ anteprima dell’ itinerario spirituale, organizzato da Acs, che la porterà nelle parrocchie italiane che lo chiederanno, dal 1 settembre all’inizio dell’Avvento di questo 2021.

Un primo piano della statua della Beata Vergine Maria arrivata da Batnaya

Accompagnata dalle testimonianze di sacerdoti iracheni

Ad ogni tappa, sacerdoti iracheni in Italia o collegati in videoconferenza dall’Iraq, daranno la loro testimonianza ai fedeli sui tragici eventi legati agli attacchi dei fondamentalisti islamici, la reazione della comunità cristiana locale e internazionale, la situazione attuale e le prospettive future. “L’iniziativa consoliderà il legame fra le comunità cattoliche italiana e irachena, fisserà nella nostra memoria questa orribile pagina storica affinché non ne dimentichiamo le tante lezioni, rappresenterà un messaggio di perdono e riconciliazione”, commenta Alessandro Monteduro, direttore di Acs Italia.

Sull’altare ad Erbil, col Papa, un’altra statua violata

Una statua simile a quella violata di Batnaya, la Vergine di Karemlesh, è stata esposta alla devozione dei fedeli durante la messa celebrata lo scorso 7 marzo da Papa Francesco nello stadio iracheno di Erbil, con le mani mozzate dai terroristi. Al terrore jihadista ha risposto, dal momento del ritiro dell’Isis, il Nineveh Reconstruction Committee, frutto dell’impegno delle Chiese locali e delle comunità cristiane internazionali. I benefattori di Acs hanno contribuito in modo rilevante all’opera di ricostruzione. Secondo gli ultimi dati disponibili, 9.176 famiglie sono tornate a casa, cioè oltre il 45% di quelle sfollate. Quasi il 57% delle abitazioni è stato ricostruito o ristrutturato.

Una statua della Beata Vergine Maria, distrutta dall’Isis, simile a quella di Batnaya

Don Corbari: ha condiviso il dolore del suo popolo

Il parroco della comunità pastorale San Paolo di Giussano, don Giuseppe Corbari, 51 anni, da poco più di uno nella città, proveniente da Desio, è un sostenitore da anni di Acs, e così spiega a VaticanNews come è stata organizzata “l’anteprima” del prossimo weekend e come la sua comunità si è presa cura della statua arrivata a pezzi dalla Piana di Ninive:

Ascolta l’intervista a don Giuseppe Corbari

Sabato 12 e domenica 13 giugno, la statua della Vergine di Batnaya, sarà presente nelle celebrazioni eucaristiche, andando nelle cinque chiese della nostra città di Giussano, in orari particolari. Inoltre domenica pomeriggio ci sarà anche la preghiera del Santo Rosario di tutta la comunità pastorale San Paolo di Giussano.

La statua è arrivata tre settimane fa a Giussano, ed era in condizioni disperate. Come avete cercato di renderla un minimo più decorosa?

La statua è arrivata molto distrutta, decapitata, amputata di una mano e abbastanza compromessa, nella parte del busto, molto fragile: toccandola si frantumavano alcuni pezzi. E’ stata consegnata a un restauratore, Franco Elli, che ha avuto l’indicazione di assemblarla, lasciando però intravedere con tutte tutti i segni della violenza e degli oltraggi subiti.

La statua della Beata Vergine Maria, distrutta dall’Isis, oggi a Giussano

Che significato ha la presenza di questa statua nella vostra comunità e che frutti potrà dare?

Questa statua ha sicuramente raccolto le grida, le preghiere e le suppliche dei cristiani perseguitati dell’Iraq. Ha visto gli scempi perpetrati a quelle comunità e dunque averla davanti agli occhi significa anzitutto essere in comunione con i cristiani perseguitati, pregare per loro e ringraziare della loro testimonianza. Io credo e spero che i frutti di questa di questo pellegrinaggio della Vergine Maria nella nostra comunità siano frutti di conversione, ma soprattutto ci insegni a non avere paura di manifestare e testimoniare la nostra fede. Soprattutto per noi, in quei luoghi dove la fede non è conosciuta o addirittura vilipesa.

Non nasce oggi l’attenzione della vostra comunità al dramma dei cristiani della Piana di Ninive…

Nell’ultima quaresima abbiamo raccolto offerte frutto delle rinunce personali degli adulti e dei bambini per sostenere l’asilo delle suore di Batnaya in Iraq e quei cristiani perseguitati. Da quella raccolta, da quella sensibilizzazione e anche grazie all’ufficio di Aiuto alla Chiesa che soffre di Milano, abbiamo potuto conoscere in modo più approfondito la realtà di quei territori e quindi è nata questa sensibilizzazione che spero porti sempre di più frutti.

Franco Elli, artigiano di Giussano, mentre completa il restauro della Vergine di Batnaya

Lei personalmente come sacerdote è legato ad Acs. Pensa che questo il sangue dei martiri possa essere evangelizzante anche per noi?

Da diversi anni nutro questa sensibilità che mi lega ad Aiuto alla Chiesa che soffre, collaborazione che poi si è trasformata anche in amicizia con i responsabili.  Credo veramente che a volte noi siamo troppo concentrati sul nostro piccolo territorio e ci lamentiamo troppo spesso, magari, delle forme religiose che non sempre soddisfano i nostri desideri e dimenticando invece che spesso la fede viene vissuta a rischio proprio della vita in quelle zone del mondo, dove il cristianesimo è ahimé ancora molto oltraggiato e perseguitato. Quindi sicuramente una particolare attenzione ai cristiani perseguitati aumenta la consapevolezza della fortuna, della grazia che noi abbiamo di vivere la fede in una situazione di libertà religiosa.

Monteduro (Acs): pregheremo anche per i persecutori

Quella di Batnaya è purtroppo solo una delle tante “statue mariane orrendamente mutilate – ricorda Alessandro Monteduro, direttore di Acs Italia – icone di Cristo distrutte, immagini sacre usate per il tiro al bersaglio, tombe profanate, chiese, santuari, monasteri, case e negozi messi a ferro e fuoco, oltre ovviamente ai fratelli uccisi o feriti. E’ la scia di morte e odio lasciata dai jihadisti nella Piana di Ninive, in Iraq”. La risposta però ora è la riconciliazione, spiega a VaticanNews, “chiediamo di pregare davanti alla Madonna di Batnaya anche per i persecutori”.

Ascolta l’intervista ad Alessandro Monteduro (Acs)

L’intendimento è quello di legare ancor più di quanto già non lo siano le comunità cattoliche in Italia e in Iraq, attraverso la memoria. Così come i tanti cristiani d’Iraq hanno voluto ricominciare, non ricostruendo o restaurando tutti quei simboli del Cristianesimo che sono stati danneggiati negli anni dell’occupazione da parte dei fondamentalisti del Daesh. Ricordo che quando il Santo Padre celebrò allo stadio di Erbil la messa conclusiva della sua visita apostolica in Iraq, al suo fianco i cattolici caldei dell’Iraq vollero posizionare un’altra statua della beata Vergine anch’essa profanata, con le mani mozzate. Dunque rinsaldare sempre più il legame tra le due comunità attraverso la memoria, ma anche invitare tutti i fedeli italiani a pregare per la conversione dei persecutori. La riconciliazione è ciò che caratterizza noi cristiani, e da questo punto di vista i nostri fratelli in Iraq sono dei meravigliosi esempi e rappresentano un meraviglioso insegnamento.

Papa Francesco in preghiera davanti alla Vergine di Karemlesh, all’inizio della Messa ad Erbil, il 7 marzo 2021

Cosa è successo a questa statua e alla comunità che la venerava e la custodiva?

E’ stata letteralmente distrutta, l’abbiamo definita appunto una profanazione. Ci si accaniti su di lei, come ci si è accaniti nel corso di quegli anni su ogni simbolo del Cristianesimo. Tutte le chiese nella Piana di Ninive, nel nord Iraq furono bruciate, devastate e trasformate in poligoni di tiro. Questa statua, assieme ad altre statue, assieme a tanti crocifissi e simboli della nostra fede, sono stati mortificati, profanati. La portiamo in Italia perché anche noi, comunità cattolica d’Occidente che grazie a Dio non ha ancora conosciuto questa ferocia, insieme ai nostri fratelli, dirette vittime, si possa fare memoria.

Tra i sacerdoti iracheni che daranno la loro testimonianza durante il pellegrinaggio ci sarà anche il parroco della comunità dalla quale proviene questa statua?

No, perché ancora non è stato credo nominato, ma ci saranno (anche in videoconferenza dall’Iraq, n.d.r.) tanti parroci delle cittadine vicine, di Teleskof, di Al Qosh e di Qaraqosh, che da sempre collaborano con Aiuto alla chiesa che soffre e che al pari di Batnaya hanno patito nel 2014-15 e 16 questa assurda ferocia, questo assurdo accanimento. Assieme ai loro fedeli furono costretti a lasciare tutto, pur di non rinunciare alla propria fede, raggiungendo la più sicura zona del Kurdistan iracheno.

Il volto sfregiato della Vergine di Batnaya, a restauro quasi completato

Una volta finito il pellegrinaggio, la statua tornerà a Batnaya?

Certo, noi confidiamo che il pellegrinaggio tuttavia sia il più lungo possibile, perché vorrà dire che tante parrocchie italiane avranno aderito a questa nostra “offerta” perché tutti assieme si possa pregare per la riconciliazione.

Qual è oggi la situazione della ricostruzione nella Piana di Ninive? Cosa serve ora? Stanno proseguendo gli aiuti?

Stanno proseguendo. Oggi, Aiuto alla Chiesa che soffre, dopo aver garantito la ricostruzione delle case, assieme ad altre organizzazioni di carità e a quelle nazioni e istituzioni sovranazionali che hanno deciso di impegnarsi in tal senso, non tutte per la verità, visto che poco più del 50% di quella comunità è rientrata presso le proprie abitazioni, finalmente restaurate non tutte ma una parte consistente, si sta dedicando alla terza fase della ricostruzione, quella dei luoghi della fede. Dunque le chiese, luoghi di culto, ma anche i monasteri, i conventi, i seminari, le case parrocchiali. Inizialmente abbiamo dato, ovviamente, priorità alle case e a quelle opere infrastrutturali necessarie, non solo i ponti, per fare un esempio perché questa non era una competenza della nostra organizzazione, ma gli ospedali, le scuole, gli asili. A Batnaya a gennaio ha fatto una meravigliosa racconta per ricostruire l’asilo che ospita i bambini del paese. E’ arrivato ora il momento di rialzare con ancor più evidenza, la fede e i nostri simboli.

Questo 50% degli abitanti rientrato nella piana di Ninive potrebbe aumentare o è difficile?

Sarà fondamentale, a questo punto, non soltanto l’ intervento materiale, ma anche creare occupazione, perché purtroppo è questo adesso, assieme ai rischi di sicurezza che permangono perché esistono le “cellule in sonno” di Daesh che però sono sempre lì e si teme possano ridestarsi. Si è aggiunta purtroppo anche l’insicurezza provocata da alcune milizie che inizialmente sono apparse come le forze liberatrici e poi purtroppo si sono rivelate essere forze d’oppressione. Però la questione grande è creare nuove attività, nuova occupazione, per far sì che con i nuclei familiari ritornino i giovani. E’ una sfida che non può riguardare tuttavia solo le organizzazioni di carità. A noi compete far sì che questo grido d’aiuto raggiunga l’intero pianeta, in modo particolare le comunità occidentali, e le istituzioni occidentali, però sono queste ultime che devono darci una mano perché si possa ricostruire quel tessuto sociale e produttivo che consenta ai cristiani di tornare tutti assieme a casa loro nella loro patria.

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